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Verso la riabilitazione dei “bambini schiavi”

Thomas Kern / "Eine wen iig - dr'Dällebach Kari" / Catpics

La Confederazione si appresta a rendere omaggio alle decine di migliaia di persone collocate di forza quando erano bambini presso famiglie di contadini o internati fino al 1981. Le organizzazioni delle vittime non si accontentano: chiedono risarcimenti. Una battaglia difficile.

“Sono nato senza padre e mia madre mi ha affidato alla mia nonna. Quando la nonna è morta, sono stato collocato dalle suore e in seguito da un contadino. Dovevo mungere le mucche prima di andare a scuola e mi trattava duramente. Io non ero nessuno”, racconta Paul Stutzmann.

Questo friburghese di 72 anni ha fatto parte dei circa centomila bambini dati in affidamento nel 19° e 20° secolo in Svizzera, che hanno costituito una forza lavoro a basso costo. Parte di quei ragazzini sono stati picchiati, malnutriti e hanno perfino subito abusi sessuali. D’altro canto, delle “ragazze madri” e degli “emarginati” sono stati incarcerati senza processo o internati in ospedali psichiatrici fino agli anni ’80. In certi casi le autorità hanno ordinato la castrazione e la sterilizzazione forzata dei genitori e l’adozione coatta di bambini.

L’educazione extrafamiliare in Svizzera non è ancora stata oggetto di uno studio scientifico, ma le autorità riconoscono che fino al 1981, dei minorenni e dei giovani adulti sono stati vittime di misure coercitive a scopo assistenziale e sono così stati affidati ad istituti o a famiglie di contadini.

1944: il settimanale “Die Nation” pubblica un reportage, del giornalista Peter Surava e del fotografo Paul Senn, sull’internato per ragazzi del Sonnenberg (cantone di Lucerna). L’istituto viene chiuso e il suo direttore condannato per maltrattamenti.

1974: il giornalista e politico Arthur Honegger pubblica “Die Fertigmacher” (Gli aguzzini), romanzo in parte autobiografico sui collocamenti coatti, di cui vengono vendute più di 100mila copie.

1981: sette anni dopo la ratifica della Convenzione europea sui diritti umani, la legislazione svizzera è completata da disposizioni in materia di privazione della libertà a scopo d’assistenza.

1991: Marco Leuenberger storico bernese il cui padre era stato dato in affido, pubblica il primo e a tutt’oggi unico importante studio sui bambini dati in affido nel cantone di Berna.

1999: una mozione parlamentare chiede di istituire una commissione d’inchiesta indipendente per far luce sulle sorti degli orfani e dei bambini strappati ai genitori e collocati in istituti o in famiglie di contadini. D’altra parte, un’iniziativa parlamentare chiede il risarcimento per le vittime della sterilizzazione forzata. Questi atti parlamentari finora non sono stati concretizzati.

2009-2013: è allestita la mostra itinerante “Infanzie rubate-Verdingkinder reden”, costituita da circa 300 racconti e fotografie d’epoca, che fa tappa in una decina di città svizzere. L’esposizione è visitata da oltre 85mila persone.

Finora, i cantoni di Berna, Lucerna, Friburgo e Turgovia hanno presentato scuse ufficiali alle vittime.

Nel 2010 nel carcere femminile di Hindelbank (Berna), a seguito di una interpellanza parlamentare, l’allora ministra della giustizia Eveline Widmer-Schlumpf presenta le scuse per l’internamento su decisione amministrativa di persone innocenti.

2011: sono depositati atti parlamentari per la riabilitazione di persone internate su decisione amministrativa e per un esame di coscienza storica e le scuse dalla Confederazione ai bambini dati in affidamento forzato.

Nei primi anni del 2000, nei media hanno cominciato ad emergere testimonianze. Ciò ha portato a degli interventi parlamentari. Per anni, chiese, cantoni, comuni e Confederazione hanno fatto lo scaricabarile sulle responsabilità e talvolta hanno minimizzato gli abusi. Nel 2010, le acque hanno iniziato a smuoversi: in seguito a intensi sforzi di lobby, ex internati su decisione amministrativa del carcere bernese di Hindelbank hanno ottenuto scuse federali e cantonali.

E ora tutte le “vittime di misure coercitive a scopo assistenziale” sono invitate ad una “cerimonia di commemorazione” l’11 aprile a Berna, alla presenza della ministra della giustizia Simonetta Sommaruga, di rappresentanti delle istituzioni, delle Chiese, dei cantoni, dei comuni, dell’Unione svizzera dei contadini e di varie organizzazioni. Non si sa ancora quale sarà il tenore del messaggio della ministra della giustizia, ma di certo sarà una giornata storica che riunirà per la prima volta tutte le parti. Ci sarà anche l’ex senatore Hansruedi Stadler, incaricato da Simontetta Sommaruga di coordinare le richieste delle vittime.

Troppa vergogna o troppa sofferenza

Il numero di quei bambini di allora oggi ancora in vita è stimato a 10mila, ma l’associazione conta solo una quarantina di membri. “Molti si vergognano troppo per farsi avanti e soprattutto soffrono troppo per riaprire la ferita”, rileva.

Non esiste uno studio nazionale in materia, perché gli archivi sono sparsi in cantoni, comuni e istituzioni, e certi sono stati distrutti. Pertanto, le testimonianze orali sono praticamente le uniche fonti affidabili. Walter Zwahlen ha però costituito una biblioteca di 620 libri di testimonianze in diversi paesi occidentali. “Altrove era lo stesso, spiega. Ci sono pochi documenti, come in Svizzera. Ma le testimonianze concordano, dalla Germania alla Polonia, passando attraverso la Cechia, la Slovacchia o la Norvegia”.

Anni di pressione

“Non si può più dire che non è esistito. Molte famiglie hanno parenti che erano stati dati in affidamento”, osserva Pierre Avvanzino, ex professore alla Scuola universitaria professionale di lavoro sociale di Losanna, autore di ricerche in questo campo.

“Nel 1987, i bambini della gente del viaggio strappati ai genitori sono stati riabilitati e hanno ricevuto degli indennizzi. È stato facile perché l’operazione “Figli della strada” (1926-1973) era stata ordinata dalla Confederazione. Gli archivi erano centralizzati, perciò era impossibile per il governo sfuggire a scuse e risarcimenti”, osserva lo storico.

Per i bambini dati in affidamento e gli internati su decisione amministrativa, ci sono voluti anni di pressioni, con scioperi della fame e ricorsi alla Corte europea dei diritti umani, come anche una mostra itinerante in Svizzera, lanciata nel 2009, prima che alcuni cantoni (Berna, Lucerna, Friburgo e Turgovia) presentassero delle scuse.

Tramite atti parlamentari sono stati chiesti riparazione e un programma di ricerca nazionale. Ma per la maggioranza del parlamento, non si tratta di un risarcimento materiale.

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Il miliardo della discordia

Il quotidiano popolare zurighese Blick ha calcolato, con il capo economista di una grande banca, che “il lavoro gratuito dei bambini ha fruttato all’agricoltura tra i 20 ei 65 miliardi di franchi. Ai circa 10mila di quei bambini ancora in vita dovrebbero dunque essere versati 1,2 miliardi di franchi”.

Per Walter Zwahlen, questa cifra è “realistica”. “Con una media di nove anni di lavoro, che corrispondeva a 16mila franchi negli anni ’40 e a 120mila oggi”. L’Unione svizzera dei contadini (USC) riconosce “questo capitolo oscuro della Svizzera”, ma rifiuta scuse e indennizzi. “È difficile, se non impossibile, dopo tanti anni, fissare un importo. E un risarcimento a forfait non terrebbe conto delle condizioni dei bambini, che erano diverse da caso a caso”, dice il presidente dell’USC Jacques Bourgeois.

Secondo un sondaggio pubblicato dal Blick l’8 novembre 2011, il 45% degli svizzeri ritiene che quei bambini siano stati sfruttati, il 27% è a favore di un risarcimento, ma crede che un miliardo sia troppo. Walter Zwahlen spera che il tempo cambi le cose. “La Svezia e il Canada hanno versato indennizzi. La Chiesa cattolica irlandese ha pagato un miliardo di euro (e anche il governo ha promesso un risarcimento). Lo stesso vale per la Chiesa cattolica in Belgio, mentre quella nei Paesi Bassi vi sta riflettendo. L’Austria ha pagato qualcosa e la Germania dovrebbe farlo quest’anno. La Svizzera dovrà seguire”.

Pierre Avvanzino è scettico: “Abbiamo bisogno di forti pressioni politiche e non le intravvedo: per il momento, rimane una questione di alcune persone. Questo fatto storico è ancora troppo contestato e, a mio parere, quei ragazzi non significano nulla per i politici. Ma se si vuole fare qualcosa, occorre agire in fretta, perché queste persone scompaiono”.

Paul Stutzmann ci sarà l’11 aprile a Berna? “Non credo di averne il coraggio. E poi ho avuto una bella vita. Per me questo è il passato, è finito”, risponde, benché con voce esitante.

“Le vittime di misure coercitive a scopo assistenziale” sono invitate ad una cerimonia commemorativa che si svolge l’11 aprile 2013 a Berna.

Oltre alla ministra della giustizia Simonetta Sommaruga, saranno rappresentati l’Associazione professionale per l’educazione sociale e la pedagogia specializzata, la Conferenza dei Cantoni in materia di protezione dei minori e degli adulti, l’Associazione dei comuni svizzeri, la Federazione delle Chiese protestante, l’Unione svizzera dei contadini, l’Associazione delle istituzioni sociali svizzere, la Conferenza dei direttori cantonali degli affari sociali, l’Unione delle città svizzere, la Chiesa cattolica cristiana della Svizzera, la Conferenza dei vescovi svizzeri.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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