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Un barlume di speranza per i paraplegici

Keystone

Il neurobiologo svizzero Martin Schwab è all'avanguardia nelle ricerche sul cervello per permettere ai paraplegici di tornare a camminare.

Come dice Schwab a swissinfo, la scienza è passata da una situazione nella quale non c’erano speranze a quella dei test clinici, ormai non più molto lontani.

Il presidente del Centro neuroscientifico di Zurigo studia il sistema molecolare responsabile della riduzione della capacità di rigenerazione del sistema nervoso centrale di adulti che hanno subito un incidente alla spina dorsale o un trauma cerebrale.

Le sue ricerche hanno portato alla scoperta di una proteina inibitoria conosciuta come Nogo. Amministrando degli anticorpi alla proteina, la ricrescita del midollo spinale diventa possibile, come hanno dimostrato test effettuati su dei topi.

swissinfo: Come giudica lo stato delle scienze neurologiche in Svizzera?

Martin Schwab: Il settore è sempre stato tradizionalmente forte in Svizzera, e lo è in modo particolare in questo momento. Siamo tra i leader mondiali. Confronti internazionali ci hanno posizionato al secondo o al terzo posto in termini di produttività e, ancor più importante, le citazioni dei nostri lavori sono molto numerose.

swissinfo: Qual è l’importanza di questo tipo di ricerche?

M.S.: Il cervello viene spesso descritto come l’ultima frontiera di un continente ancora inesplorato. Crediamo di aver scoperto circa il 10% dei suoi segreti. Si tratta ovviamente di questioni molto complesse. La sfida scientifica è molto grande.

Un’altra motivazione è medica. La neurologia ha descritto numerose malattie per le quali non esistono trattamenti specifici. La psichiatria soffre del medesimo problema. Non capiamo veramente le malattie psichiatriche. Di conseguenza, i trattamenti che applichiamo sono empirici invece di essere basati su una comprensione totale dei problemi.

Dei disturbi come il morbo di Parkinson, l’Alzheimer, la sclerosi multipla, la schizofrenia o la depressione maniacale sono molto comuni e crudeli perché distruggono l’individuo e la sua personalità. La domanda di nuove terapie e di comprensione di queste malattie è molto elevata.

swissinfo: Le sue ricerche si concentrano sulla riparazione del midollo spinale. Sente la pressione di dover ottenere dei risultati, soprattutto da parte dei pazienti?

M.S.: Certo. Ciò ci incoraggia ad avanzare meglio che possiamo, ma la pressione non deve influire sui nostri risultati. Dobbiamo seguire il sentiero dell’investigazione scientifica e non possiamo essere influenzati dal fatto che preferiremmo disporre di una terapia oggi e non domani.

Dobbiamo essere certi che la qualità del nostro lavoro sia molto elevata e proviamo a pubblicare i nostri risultati sulle migliori riviste mediche o scientifiche. La conseguenza è che siamo forse più lenti rispetto alle speranze di un paziente paralizzato che spera in una nuova terapia, ma le nostre possibilità di successo sono più grandi.

swissinfo: È difficile spiegare ai pazienti perché la ricerca è un processo lento?

M.S.: Non veramente. I pazienti sanno che le lesioni al midollo spinali sono gravi nel senso che vanno a colpire un sistema delicato ed estremamente complesso. Le speranze di guarigione completa sono poche. Fino a poco tempo fa equivalevano a zero. La gente sa che dopo una lesione del genere è molto difficile tornare a camminare.

Oggi sappiamo però che il dogma che non si possa fare niente è falso. Grazie alla sperimentazione abbiamo dimostrato che dei miglioramenti sono possibili. I pazienti sono soddisfatti e sperano di beneficiarne. Ma molti di loro sanno che non potranno mai abbandonare la sedia a rotelle. Quel che è importante è che le loro prospettive sono migliorate di molto.

swissinfo: Alcuni dicono che le sue ricerche potranno valerle un premio Nobel. Cosa ne pensa?

M.S.: Non faccio il mio lavoro pensando al Nobel. Se riuscissimo a trasferire agli umani le conoscenze che acquisiamo lavorando su teorie e modelli animali e constatassimo dei parziali miglioramenti delle condizioni dei pazienti, sarebbe un grande passo per la neurologia e la scienza in generale.

Intervista a cura di swissinfo, Scott Capper
(traduzione: swissinfo, Marzio Pescia)

Nel 1988, Martin Schwab identifica una sostanza nel sistema nervoso centrale che impedisce al cervello e al midollo spinale di rigenerarsi automaticamente dopo un infortunio.

Chiamato Nogo a causa dei suoi effetti inibitori, il gene produce una proteina che blocca la ricrescita di nervi danneggiati.

La squadra di Schwab ha sviluppato un anticorpo che neutralizza la proteina e permette la rigenerazione dei nervi.

Gli esperimenti effettuati su topi paralitici hanno dato dei risultati promettenti: dopo essere stati trattati con la proteina, i topi riacquistavano la capacità di muoversi.

Le ricerche di Martin Schwab sono finanziate dal Fondo nazionale svizzero per la scienza e dalla Fondazione Christopher Reeve sulla paralisi.
Nel 1996, Schwab è stato il primo scienziato ad ottenere una medaglia dalla Fondazione Christopher Reeve.

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