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Trump ha bisogno dell’aiuto svizzero per l’Iran

Il presidente della Confederazione elvetica Ueli Maurer si è recato a tutta velocità a Washington, direttamente dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, nell'ufficio ovale della Casa Bianca. Quali sono gli interessi? Analisi sistematica.

C’è sentore di febbrilità. Cogliendo tutti di sorpresa, il presidente e tesoriere della Confederazione, Ueli Maurer, è partito giovedì mattina presto alla volta di Washington, per incontrare il presidente americano Donald Trump. Anche il luogo dell’incontro, l’ufficio ovale della Casa Bianca, ossia lo studio di Trump, è insolito: nessun presidente svizzero vi ha mai messo piede prima d’ora.

Che fretta c’è, quali sono gli interessi?

In qualità di potenza protettrice, in Iran la Svizzera rappresenta gli interessi degli Stati Uniti che hanno tagliato tutti i ponti con Teheran nel 1980. Nelle ultime settimane, il presidente Trump ha gettato olio sul fuoco facendo salire la tensione con la Repubblica islamica. Con nuove sanzioni (estrazione mineraria, acciaio), richieste più severe (programma nucleare, ruolo dell’Iran in Siria, Yemen e Israele) e aperte minacce (portaerei e squadrone di bombardieri di fronte al Golfo Persico) voleva costringere l’Iran a sedersi al tavolo dei negoziati.

Parallelamente a questa raffica di azioni minacciose, giovedì scorso ha detto di essere “aperto a discussioni”. Poco dopo, la CNN ha riferito che la Casa Bianca ha contattato la Svizzera. Secondo il servizio televisivo, gli Stati Uniti hanno trasmesso a Berna un numero di telefono al quale gli iraniani potrebbero raggiungere Donald Trump.

Ma l’Iran non ha chiamato.

Ieri Donald Trump ha scritto su Twitter di essere sicuro che “l’Iran vorrà parlare presto”. All’incirca allo stesso momento, il presidente della Confederazione Ueli Maurer ha rivelato alla seduta settimanale del governo svizzero che l’indomani sarebbe volato a Washington.

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Trump auspicherà probabilmente che la Svizzera si avvicini più attivamente all’Iran. Finora, il ruolo della Svizzera è stato più che altro quello di una cassetta delle lettere o, al massimo, un relè. In questo ruolo, non è prevista la trasmissione di numeri telefonici, a meno che l’Iran non prenda da solo il numero telefonico di Trump.

Per la Svizzera, si pone quindi la domanda se deve passare da cassetta delle lettere a postina o addirittura a mediatrice. Rimane tuttavia discutibile se ciò sia compatibile con il suo mandato di potenza protettrice. E anche come mediatrice, la Svizzera avrebbe le mani legate fintanto che l’Iran ignora le sollecitazioni di colloqui degli Stati Uniti. La mediazione richiede più pazienza di quanta se ne possa vedere attualmente con Donald Trump sulla questione dell’Iran. Tuttavia, una mediazione nel conflitto attualmente più pericoloso e per il quale c’è più urgenza di una soluzione, sarebbe quasi un coronamento del ruolo della Svizzera come mediatrice.

Qui gli Stati Uniti e la Svizzera si trovano in una situazione simile. La Svizzera da aprile è la potenza protettrice degli Stati Uniti nello Stato sudamericano in piena crisi. Finora, tuttavia, il regime di Nicolas Maduro non ha minimamente voluto prenderne atto ufficialmente.

Di conseguenza, gli Stati Uniti non hanno ancora alcuna possibilità di avviare qualsiasi dialogo con il Venezuela attraverso un canale diplomatico. Anche qui le mani della Svizzera restano legate, almeno per una soluzione a breve termine.

Grazie a strette e sicure relazioni commerciali, la Svizzera è diventata un importante hub in Europa per questo Paese in rapida espansione. Le buone relazioni con la Svizzera servono alla Cina non solo come sigillo di qualità per la sua nuova economia, ma anche come porta d’accesso all’Europa.

Questa deve essere una spina nel fianco di Donald Trump, che negli ultimi giorni ha nuovamente intensificato la sua guerra commerciale con la Cina. Non sarebbe in contraddizione con il temperamento di Trump, se il presidente USA ponesse alla Svizzera la spiacevole domanda che le imporrebbe di scegliere tra i due Paesi: vuoi fare affari con noi oppure con il nostro nemico?

Riguardo al commercio, attualmente è in gioco – almeno dal punto di vista svizzero – un accordo di libero scambio tra i due Paesi. Dopo che i primi tentativi in tal senso, nel 2006, si erano arenati a causa della mancanza di riguardo per gli agricoltori svizzeri, nel 2018 la Svizzera ha rilanciato. Ci sono stati colloqui esplorativi a livello diplomatico e dichiarazioni di buona volontà a livello ministeriale.

Da parte svizzera, il dossier è diretto dalla segretaria di Stato Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch. Oggi è nella ristrettissima delegazione che accompagna il presidente Ueli Maurer a Washington. Anche se l’agricoltura elvetica rimane una grossa palla al piede, per la Svizzera sarebbe un importante passo avanti se il presidente degli Stati Uniti dovesse commissionare l’elaborazione di un accordo di libero scambio.

La Svizzera ha davanti a sé grandi opportunità, ma anche un grosso rischio: tutto dipende dalla comprensione di Donald J. Trump di un piccolo paese neutrale che ama prendersi cura delle sue faccende.

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Traduzione dal tedesco di Sonia Fenazzi

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