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“È un processo alla Svizzera”, denunciano gli avvocati di UBS

due persone con la toga nera stanno discutendo
Gli avvocati di UBS Jean Yves Dupeux (a sinistra) e del fisco francese Xavier Normand Bodard durante una pausa dell'udienza. Francois Mori/AP

Al Tribunale di Parigi, gli avvocati difensori della banca elvetica hanno chiesto il proscioglimento. E hanno rimproverato all'accusa di portare avanti un processo "globale" contro le banche e la Svizzera. La sentenza verrà pronunciata il 20 febbraio 2019.

“È triste”, ha confidato giovedì un avvocato durante una pausa dell’udienza. Un processo a senso unico dove l’accusa, “pigra” secondo quest’avvocato, non è mai sembrata volersi degnare di dimostrare che il gruppo UBS ha cercato di procurarsi clienti illegalmente su suolo francese e ha effettuato del riciclaggio aggravato di proventi da frode fiscale.

Giovedì, la difesa di UBS e il suo esercito di avvocati non hanno avuto difficoltà a smontare le argomentazioni della Procura nazionale finanziaria, che aveva chiesto una multa record di 3,7 miliardi di euro, la quale si aggiungerebbe agli 1,6 miliardi di euro di risarcimento e interessi reclamati dallo Stato francese.

“In 46 anni di attività non ho mai assistito a un’udienza di questo genere”, ha riassunto Jean Veil, già legale del Crédit Lyonnais contro l’uomo d’affari Bernard Tapie e della banca Société Générale contro il suo ex trader Jérôme Kerviel. Un processo UBS che ha visto i procuratori “trascurare di convocare dei testimoni poiché temevano la fragilità delle loro testimonianze”.

“Procedimento sbilenco”

“Dopo cinque anni di indagini e cinque settimane di processo, la procura ha potuto svelare soltanto tre nomi di clienti di UBS”, accusati di evasione fiscale, ha affermato attonito l’avvocato, che ha aggiunto: “Qui si sta facendo un processo alla Svizzera, ma siccome non si può perseguire uno Stato si è optato per questo procedimento sbilenco”. Il gruppo UBS, la sua filiale in Francia e i sei imputati devono essere prosciolti, hanno concluso la dozzina di avvocati difensori che si sono susseguiti questa settimana.

L’istruttoria condotta dai giudici Serge Tournaire e Guillaume Daïeff aveva messo in luce tutta una rete di incaricati di affari svizzeri, entrati quasi clandestinamente in Francia, che si aggiravano nei pressi della filiale di UBS allo scopo di vendere illecitamente dei servizi finanziari a domicilio (‘démarchage’). Un “sistema” descritto da numerosi impiegati durante le indagini, che l’accusa ha però faticato a dimostrare.

L’accusa e la difesa si sono scannate sulla nozione stessa di ‘démarchage’ illecito. Per gli uni, il contatto tra il bancario e il suo “obiettivo” è sufficiente. Non c’è bisogno che questo porti alla firma di un contratto. Per gli altri, il concetto implica invece l’intenzione di stipulare un contratto. Nessun cliente si è però presentato in tribunale per testimoniare di essere stato adescato in Francia da incaricati di affari svizzeri.

“Per caratterizzare il reato bisogna precisare l’identità degli autori e delle vittime del démarchage”, ha puntualizzato Julia Stasse, avvocata di Dieter Kiefer, l’ex responsabile della divisione Europa occidentale del gruppo UBS.

Numero choc

In merito all’accusa di riciclaggio aggravato da frode fiscale, la Procura nazionale finanziaria dispone di un numero di peso: quei famosi 3’983 contribuenti francesi regolarizzati tra il 2010 e il 2015 che avevano conti UBS non dichiarati al fisco francese. Gli imputati hanno ribadito che in base al diritto svizzero e al segreto bancario che vigeva ancora in quegli anni 2000, non erano tenuti a preoccuparsi della situazione fiscale dei loro clienti francesi. Oggi, però, la Francia li ritiene responsabili, così come la giustizia americana e tedesca in precedenza.

Avremmo voluto saperne di più su questi 3’983 clienti regolarizzati. Si tratta di ex clienti che hanno messo i loro soldi al sicuro negli anni di Mitterand? Oppure di “evasori” più recenti? Le autorità fiscali lo sanno, poiché la procedura di regolarizzazione impone a chi ha evaso il fisco di fornire la data di apertura dei conti. Custodisce però le informazioni in un cassetto.

Un quadro più dettagliato avrebbe permesso di misurare l’ampiezza dell’evasione fiscale durante il periodo in questione (2006-2011). Anche se, come puntualizza l’avvocato del fisco francese Xavier Normand-Bodard, il reato di riciclaggio concerne anche l’evasione già commessa.

Jean Veil ritiene che la pena richiesta sia “stravagante”: 5,3 miliardi di euro in totale. “Non è gonfiando le cifre che si può impressionare un tribunale come il vostro”, ha detto fissando la presidente negli occhi. I giudici pronunceranno la sentenza il 20 febbraio 2019.

L’ex whistleblower vince la sua causa

Stéphanie Gibaud, che rivendica il suo ruolo di whistleblower nella vicenda di frode fiscale che ha travolto il gigante bancario svizzero UBS, ha ottenuto giovedì il riconoscimento dello statuto di “collaboratrice occasionale del servizio pubblico”.

Il tribunale amministrativo di Parigi ha condannato lo Stato a versarle 3’000 euro “come risarcimento per il danno morale subito in seguito alla sua collaborazione occasionale con il servizio pubblico tra i mesi di giugno 2011 e giugno 2012”.

Da anni, l’ex direttrice marketing di UBS Francia chiedeva che le fosse riconosciuto il danno subito a causa di una collaborazione che ha stravolto la sua vita. “Se avessi deciso di distruggere dei documenti della banca come mi ordinarono nel 2008, non avrei mai collaborato con la giustizia e avrei proseguito la mia carriera”, aveva spiegato alla stampa. Chiedeva un risarcimento di 3,5 milioni di euro (Fonte: AFP).

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