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Grandi banche svizzere finora resistenti al coronavirus

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Nonostante le ricadute economiche della pandemia, nel primo semestre del 2020 il Credit Suisse ha conseguito l'utile netto più elevato degli ultimi 10 anni. © Keystone / Ennio Leanza

Colpite pesantemente dalla crisi finanziaria del 2008, UBS e Credit Suisse non sono state quasi toccate, almeno finora, dalle ricadute della pandemia di coronavirus. I due colossi bancari hanno registrato risultati molto solidi nella prima metà di quest’anno.

Nel marzo scorso, quando la pandemia stava innescando la più grande recessione globale dagli anni ’70, vari esperti avevano delineato scenari alquanto catastrofici per il settore finanziario: ingenti perdite sui crediti, carenza di denaro liquido, effetto domino e, per finire, collasso di molte banche.

Le principali banche centrali – a cominciare dalla Fed americana, dalla Banca centrale europea e dalla Banca nazionale svizzera – hanno però reagito rapidamente, iniettando un enorme volume di liquidità nel settore bancario e, indirettamente, nell’economia. Questi massicci interventi rischiano di avere un “effetto boomerang” a lungo termine, ma, per il momento, hanno permesso di calmare le acque e di evitare una drammatica crisi di fiducia a livello finanziario.

Ad approfittarne sono state anche le due grandi banche svizzere, che si erano invece ritrovate al centro della tempesta nel corso della crisi finanziaria internazionale di 12 anni fa. L’UBS aveva chiuso i conti del 2008 con una perdita record di oltre 19 miliardi di franchi e si era salvata solo grazie all’aiuto del governo e della Banca nazionale svizzera. Il Credit Suisse se l’era cavata un po’ meglio, registrando una perdita di 8 miliardi.

Utili oltre le aspettative

I risultati del primo semestre di quest’anno appaiono invece molto rassicuranti – e anche un po’ sorprendenti. Le due grandi banche elvetiche hanno conseguito un robusto utile netto: i 2,6 miliardi di franchi raggiunti dall’UBS si iscrivono nella media degli ultimi anni per la maggiore banca svizzera, mentre i 2,5 miliardi del Credit Suisse costituiscono addirittura il miglior risultato messo a segno dalla numero due nell’ultimo decennio.

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Nonostante questi dati, neppure i due colossi bancari sono risultati completamente immuni al coronavirus. L’utile netto di UBS è sceso da 1,5 miliardi di franchi nel primo trimestre a 1,1 miliardi nel secondo. Anche l’utile di Credit Suisse ha subito una leggera flessione, passando da 1,3 a 1,2 miliardi. 

Cauto ottimismo

Tenendo conto delle incertezze sull’impatto economico della pandemia, UBS e Credit Suisse hanno già effettuato massicci accantonamenti per far fronte a perdite su crediti. Tra l’altro, entrambe le banche partecipano al programma di fideiussioni solidali istituito dal Consiglio federale per sostenere le piccole e medie imprese colpite dalle ricadute della pandemia. La Confederazione garantisce al 100% i prestiti fino a 500’000 franchi e in misura dell’85% quelli tra 0,5 e 20 milioni di franchi.

L’UBS appare più ottimista per quanto riguarda l’andamento dei conti nella seconda metà dell’anno. La principale banca elvetica ritiene che le rettifiche di valore per crediti inesigibili saranno inferiori nel secondo semestre, rispetto al primo (circa 500 milioni di franchi). La direzione prevede di poter versare in autunno la seconda fetta dei dividendi, suddivisi quest’anno in due parti in seguito alle pressioni dell’Autorità di sorveglianza dei mercati finanziari (Finma).

Sul futuro dell’UBS pesano però ancora importanti vertenze giudiziarie negli Stati uniti e, soprattutto, in Francia, dove la banca svizzera era stata condannata l’anno scorso ad una multa record di 3,5 miliardi di euro sotto l’accusa di evasione fiscale, oltre che a risarcimenti per 800 milioni allo Stato francese. Il processo di appello, previsto in giugno, si terrà probabilmente all’inizio dell’anno prossimo. L’UBS ha già previsto accantonamenti pari a 2 miliardi di dollari per le vertenze giudiziarie.

Nonostante l’utile record del primo semestre, il Credit Suisse ha invece annunciato un nuovo programma di ristrutturazioni, che prevede una riduzione delle spese per 400 milioni di franchi, la chiusura di una ventina di filiali in Svizzera e tagli “molto limitati” degli effettivi. La banca ha inoltre registrato accantonamenti per perdite su crediti per 864 milioni di franchi nel primo semestre, 12 volte di più della media dell’ultimo decennio. Anche la direzione del Credit Suisse intende versare la seconda fetta di dividendi in autunno.

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