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Mirabeau: Auguste Rodin, bellezza e pensiero

L'opera "Le Baiser" di Auguste Rodin KEYSTONE/EDDY RISCH sda-ats

(Keystone-ATS) “Ha immesso nel marmo e nella pietra il duplice fremito della carne e del pensiero”.

Così il giornalista, scrittore e drammaturgo Octave Mirbeau (1848-1917) parlava dello scultore Auguste Rodin, riconoscendone il valore anche quando molti detrattori cercavano di sminuirne l’arte perché non in linea con i canoni estetici della sua epoca.

A 100 anni dalla morte dell’artista, avvenuta il 17 novembre 1917, esce con Castelvecchi una raccolta di scritti a firma di Mirbeau, intitolata semplicemente “Rodin” (traduzione di Massimo De Pascale, a cura di Paolo Martore), in cui l’intellettuale spiega i motivi della grandezza dell’amico scultore. Lo stile è limpido, il tono è appassionato: non è un caso che lo stesso Rodin riconoscesse in Mirbeau il più fedele tra i suoi estimatori.

Per il critico, lo scultore conosce tutti i segreti della propria arte: “Dalla linea al modellato risale al movimento, dal movimento alla volontà e a tutti i fenomeni passionali e psichici che ne derivano”. Lo definisce “non solo il più grande scultore del suo tempo, ma anche uno dei pensatori più consapevoli delle sofferenze dell’animo umano e dei misteri della vita”, capace di plasmare al meglio ogni materiale, dal marmo, alla cera, al bronzo, e di creare nelle sue opere il pensiero.

Ma accanto agli elogi, Mirbeau racconta anche altro. La lettura si fa infatti via via più interessante quando il critico si sofferma con indignazione a narrare le circostanze in cui alcuni lavori di Rodin non vennero apprezzati dai contemporanei. Ciò avvenne per esempio nel caso della prima versione del monumento a Victor Hugo, che non fu accettato, o per la statua di Balzac, rifiutata dalla Società dei Letterati che aveva commissionato l’opera. Il critico narra aneddoti della carriera di Rodin, fa nomi, svela retroscena, come in merito alla grande Esposizione del 1900, e lancia accuse di ipocrisia senza risparmiare parole dure a tutti coloro che furono incapaci di riconoscere la geniale arte del Maestro.

“C’è una cosa che queste brave persone ignorano – scrive in uno dei suoi articoli – ed è che si può infastidire il genio, ma non abbatterlo. Arriva sempre un momento in cui trionfa su tutte le ostilità e scaturisce, luminoso, dalle tenebre”.

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