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Bacini idrici per sfruttare l’acqua dei ghiacciai che scompaiono

Il ghiacciaio del Rodano KEYSTONE/JEAN-CHRISTOPHE BOTT sda-ats

(Keystone-ATS) Vittime del cambiamento climatico, i ghiacciai potrebbero consentire di produrre dell’energia rinnovabile se i bacini idrici immagazzinassero l’acqua da essi attinta. Permetterebbero di aumentare del 13% la produzione di energia idroelettrica, stando a uno studio.

Proteggere i futuri paesaggi lasciati in eredità dalla sparizione dei ghiacciai? O sfruttare l’acqua proveniente dal loro scioglimento? Un team di glaciologi del Politecnico federale di Zurigo (ETHZ) e dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL) contribuisce al dibattito su questo dilemma quantificando il potenziale legato a bacini idrici posti virtualmente alla fine degli attuali ghiacciai, scrivono oggi in una nota le due istituzioni.

Siti dai fattori nocivi limitati

Gli esperti si sono basati sull’inventario mondiale dei ghiacciai. Hanno concentrato la loro ricerca sui ghiacciai destinati a scomparire entro la fine del secolo a causa del riscaldamento climatico. Per far questo, hanno scelto i siti che consentono di insediarvi un bacino idrico senza nuocere in modo considerevole alla bellezza del paesaggio.

Per le 185’000 zone così individuate sul pianeta, i ricercatori hanno stimato il potenziale idroelettrico in 1350 terawattore, ovvero un terzo della produzione attuale nel mondo. Concentrando i loro obiettivi sui siti più adatti, hanno ottenuto un potenziale di 533 terawattore, ossia un guadagno del 13% in termini di produzione di energia idroelettrica.

10% di fabbisogno di corrente in Svizzera

I bacini idrici permetterebbero anche di compensare parzialmente il ruolo dei ghiacciai nello stoccaggio dell’acqua. Alimenterebbero in parte il fabbisogno di acqua in pianura durante l’estate.

In Svizzera, il potenziale di tali bacini in materia di produzione di energia idroelettrica equivale al 10% dei fabbisogni attuali in elettricità, ha precisato all’agenzia Keystone-ATS il direttore dello studio Daniel Farinotti. Nel Tagikistan, sarebbero pari all’80%, in Cile al 40% e in Pakistan al 35%.

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