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Quando il Ticino era l’Eldorado italiano

Negli anni '70 e '80 del secolo scorso sul Ticino si riversarono tonnellate di soldi. La piazza finanziaria, ancora poco preparata, subì questa "invasione" di capitali che provocò una crescita incontrollata del settore bancario ticinese. Con le conseguenze del caso: truffe, malversazioni, fallimenti, processi.

“A un certo momento non si contavano più i soldi, si pesavano. Il Ticino era un vero Eldorado che raccoglieva i tanti soldi che gli italiani trasportavano in Svizzera con grandi borsoni”. Così Francesco Lepori autore del libro “Il Ticino dei colletti sporchi, i processi bancari dagli anni settanta a oggiCollegamento esterno” di recente pubblicazione. 

“I soldi non si contavano, si pesavano”

Da un lato un paese – l’Italia appunto – che diventa sempre più ricco ma politicamente instabile, dall’altro le banche svizzere che non chiedono la provenienza dei soldi.

“Dopo quasi 20 anni di cronache giudiziarie – ci dice Francesco Lepori – ho sentito l’esigenza di andare oltre la notizia. Mettere ordine nel materiale raccolto sui singoli casi per tracciare un quadro d’insieme. L’obiettivo – aggiunge – era mostrare le costanti sia nel movente delle tante malversazioni quanto nelle tecniche utilizzate per queste truffe”.

Il suo libro inizia proprio con i crac bancari degli anni settanta. Come detto, l’enorme e continuo arrivo di capitali provocò una crescita incontrollata del settore finanziario ticinese, trasformando l’Eldorado in un vero Far West: tutto era possibile, truffare, essere truffati, sbagliare investimenti, cercare di tappare i buchi creando ulteriori buchi…

Tutti comportamenti che hanno creato voragini milionarie. Da citare soprattutto il caso Texon dove operazioni spregiudicate portarono il Credito Svizzero al limite del fallimento: il buco fu di un miliardo di franchi.

Truffe di altri tempi e narcodollari

Ci sono poi anche storie di truffe milionarie dal sapore antico: il faccendiere italiano che in un anno è riuscito a farsi prestare senza nessuna garanzia 120 milioni di franchi che ha utilizzato per fare la bella vita. Da una villa a Portofino all’attico a Milano. Dalle auto da corsa a una compagnia aerea. Tutti beni acquistati con i soldi prestati dal Banco di Roma di Lugano. E come beffa finale, al momento delle richieste di garanzia, il faccendiere si è presentato in banca con 1500 chilogrammi di oro… oro comprato con i soldi prestati dalla banca!

Ma la storia giudiziaria ticinese è stata toccata fortemente anche dai narcodollari con la famosa “Pizza Connection”: dal cartello di Medellin di Pablo Escobar, alla mafia siciliana, giungendo ai milioni riciclati nelle banche ticinesi. O anche la “Lebanon Connection” che, anche se marginalmente, coinvolse la prima donna eletta nel governo federale, Elisabeth Kopp, costringendola alle dimissioni.

Progressi legislativi

Tutte queste vicende hanno però avuto anche un risvolto positivo. “Ho voluto vedere – sottolinea Lepori – cos’è cambiato negli anni in ambito legislativo e nei controlli interni delle banche”.

E così dal caso  Texon, ad esempio, nacque la celebre Convenzione di diligenza delle banche siglata nel 1977. Non solo. Nascono da casi ticinesi anche le leggi contro il riciclaggio ma soprattutto il potenziamento dei settori cosiddetti della “Compliance” o del “Risk Management”.

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