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A processo i vertici del Consiglio islamico

Edificio stile neoclassico con scritta Tribunale pensale federale e bandiera svizzera esposta.
L'assoluzione del 2018 è stata revocata. Keystone / Karl Mathis

Si è aperto martedì a Bellinzona il nuovo processo a carico di Nicolas Blancho e Qaasim Illi, vertici del Consiglio centrale islamico della Svizzera (CCIS) accusati di propaganda islamista. Il Tribunale penale federale (TPF), che li aveva assolti nel 2018, deve rivedere la sua sentenza dopo la revoca del Tribunale federale (TF), massima istanza giudiziaria svizzera.

Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC, procura federale) li accusa di aver compiuto propaganda proibita per Al Qaida e organizzazioni affini di matrice islamista estremista, e sulla base del verdetto finale contro un terzo imputato -Naim Cherni- ritiene comprovato che due video pubblicati dal CCIS siano effettivamente di propaganda illegale.

Si tratta, nella fattispecie, di un’intervista e un incontro col capo dell’organizzazione Jaysh-al-Fath, a cui è affiliata al-Nusra, succursale siriana di Al Qaida. Entrambi erano stati filmati nell’autunno 2015 in Siria da Cherni; uno era stato diffuso sul canale Youtube del CCIS, l’altro mostrato in un hotel di Winterthur.

La Legge federale del 2014 che vieta i gruppi ‘Al Qaida’ e ‘Stato islamico’ e le organizzazioni associate sancisce che chi “organizza azioni propagandistiche a loro sostegno o a sostegno dei loro obiettivi, recluta adepti o promuove in altro modo le loro attività, è punito con una pena detentiva sino a cinque anni”

L’accusa ha chiesto martedì pene detentive con la condizionale: 24 mesi per il membro di direzione del CCIS Illi e 20 mesi per il presidente Blancho. La sentenza è attesa per il 27 ottobre.

“Eccessivo formalismo”

Il TPF di Bellinzona aveva assolto i due nel giugno del 2018, adducendo che nell’atto d’accusa le imputazioni a loro carico non erano state debitamente esposte o provate.

Il Tribunale federale ha invece seguito l’argomentazione della procura secondo cui i fatti erano stati meticolosamente elaborati in una parte dell’atto d’accusa che si riferiva a Cherni.

Due uomini con barbe lunghe e copricapo, uno con tunica, camminano davanti a edificio con scritta Tribunale Penale federale
I due imputati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Keystone / Francesca Agosta

Tale parte avrebbe potuto essere copia-incollata nelle imputazioni a Blancho e Illi, pertanto -ha stabilito il TF- da parte della corte penale federale di Bellinzona vi è stato “eccessivo formalismo” e nell’insieme i reati contestati a Blancho e Illi erano facilmente distinguibili.

“Attività dissuasiva”

Nel primo processo, il difensore di Nicolas Blancho aveva sostenuto che i due video girati da Cherni -responsabile della produzione culturale del CCIS- erano stati diffusi con l’intento di impedire che dei giovani si affiliassero all’autoproclamato Stato islamico (ISIS).

Martedì, di nuovo di fronte al TPF, gli avvocati degli imputati hanno chiesto il proscioglimento poiché l’atto d’accusa non menzionerebbe azioni concrete penalmente rilevanti. Secondo il legale di Blancho, se il suo cliente fosse condannato lo sarebbe solo per le sue opinioni.

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I due imputati, che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, non hanno chiarito la loro situazione finanziaria personale. Non è chiaro ad esempio come Illi possa mantenere dieci figli con il solo impiego al 20% presso il CCIS.

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tvsvizzera.it/ATS/ri con RSI (TG del 06.10.2020)

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