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Condividere un post diffamatorio sui social media è punibile

La piattaforma di Facebook aperta su un computer
Un link di troppo può costare caro agli utenti di social media © Keystone / Gaetan Bally

La condivisione su un social media di contenuti lesivi dell'onore non esime da eventuali responsabilità penali.

È quanto ha sancito il Tribunale federale secondo il quale l’internauta, nei suoi commenti che rimandano a post pubblicati precedentemente da altri sulle reti sociali elettroniche, non può invocare il “privilegio dei media” che addossa la responsabilità unicamente all’autore del contenuto diffamante originario.

Nel caso concreto esaminato dall’alta corte si tratta di un ricorrente che nel 2015 aveva allegato a un suo intervento su Facebook un link nel quale un animalista veniva definito come un “antisemita ripetutamente condannato” alla testa di un’associazione “neonazista”.

Il servizio del TG:

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Quattro anni dopo il Tribunale cantonale di Berna lo aveva condannato, su istanza di alcuni suoi “amici” virtuali, a una pena pecuniaria (30 aliquote giornaliere di 70 franchi), sospesa con la condizionale, per diffamazione.  

Nella sentenza odierna il Tribunale federale ha parzialmente accolto il suo ricorso riguardo alla sua accusa di antisemitismo rivolta alla presunta vittima ma al contempo non gli ha riconosciuto il diritto di avvalersi delle norme sui media per sottrarsi alla sua responsabilità.

I giudici federali infatti, pur ritenendo Facebook una piattaforma online assimilabile ai media, hanno sottolineato che dal profilo strettamente giuridico il regime di responsabilità privilegiata enunciato all’articolo 28 del codice penale svizzero riguarda solo le persone che lavorano all’interno della catena di produzione e distribuzione dei mezzi di informazione.

Art 28 cp (Punibilità dei mass media): Se un reato è commesso mediante pubblicazione in un mezzo di comunicazione sociale e consumato per effetto della pubblicazione, solo l’autore dell’opera è punito (…)

Ma in questa fattispecie concreta l’imputato non faceva parte di quella precisa organizzazione che merita una tutela particolare ma aveva condiviso un articolo già pubblicato di cui l’autore non aveva più il controllo.

In merito invece alla sua affermazione di “antisemita ripetutamente condannato” il Tribunale federale ha accolto la sua opposizione dopo aver sentito il soggetto interessato.

Mon Repos si era già espresso recentemente sulla possibile punibilità di chi condivide o mette un “like” a un post offensivo di terzi, anche se – aveva aggiunto – occorre sempre una valutazione caso per caso.

tvsvizzera/ats/spal con RSI (TG del 15.12.2020)

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