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Delle banche estere in Svizzera fan fagotto

Lloyds ha venduto le attività internazionali di private banking nel 2003 alla svizzera Union Bancaire Privée Keystone

Il comparto delle banche estere in Svizzera è stato colpito da un'ondata di scioglimenti e fusioni negli ultimi anni. Grandi attori provenienti da Cina e Brasile stanno però riprendendo il testimone.

Dopo aver raggiunto un picco di 162 nel 2009, il numero delle banche di proprietà straniera insediate in Svizzera è diminuito negli ultimi anni. Alla fine dello scorso maggio se ne contavano 121. Istituti del calibro di Lloyds, ABN Amro, Santander e ING stanno facendo le valigie.

La tendenza alla smobilitazione è proseguita in luglio con l’israeliana Bank Leumi che ha ceduto le attività in Svizzera e in Lussemburgo a Julius Baer e il gruppo portoghese Espirito Santo, in grosse difficoltà finanziarie, che ha venduto la maggior parte della BPES – la sua banca privata in Svizzera – alla ginevrina CBH Compagnie Bancaire Helvétique. Quanto alla britannica Standard Chartered, è alla ricerca di un acquirente per le sue attività nella Confederazione.

Inoltre vi sono vari istituti esteri che rimangono ma che ristrutturano e snelliscono le loro attività in Svizzera. Per esempio la HSBC, che alla fine di giugno ha annunciato la vendita di un portafoglio di patrimoni di clienti gestiti dalla sua banca privata in Svizzera, per un totale di circa 10 miliardi di franchi.

L’Associazione delle banche estere in SvizzeraCollegamento esterno (AFBS) spera che parte del vuoto lasciato da quegli istituti europei e statunitensi che sono partiti sia colmata da arrivi da Brasile, Cina e Singapore. E i primi segnali in questo senso cominciano a manifestarsi.

Il gruppo brasiliano Safra, che nel 2011 ha acquistato la banca Sarasin dai suoi proprietari olandesi, ha stipulato un accordo lo scorso aprile per rilevare le attività di private banking in Svizzera del gigante americano Morgan Stanley. E in luglio il gruppo brasiliano BTG Pactual ha raggiunto un’intesa con l’italiana Generali per l’acquisizione della BSI, con sede a Lugano.

“Circolano anche voci secondo cui delle banche cinesi e di Singapore progettano di venire qui”, dice a swissinfo.ch Martin Maurer, segretario generale dell’AFBS. “Alcune banche nelle economie emergenti hanno ormai raggiunto le dimensioni che permettono loro di espandersi in nuovi mercati. La Svizzera è un luogo attraente per quelle che vogliono diversificare le loro attività nel private banking”.

Rimangono dubbi

Le speculazioni sull’arrivo di banche cinesi hanno ricevuto un ulteriore impulso in seguito al recente accordo monetario (swap) concordato tra la Banca nazionale svizzera (BNS) e la Banca centrale cinese, che costituisce una prima tappa in prospettiva della creazione di un mercato di scambi in renminbi (yuan) in Svizzera. Il passo successivo per consentire alla Svizzera di concretizzare le sue ambizioni di diventare un hub degli scambi in renminbi sarebbe l’insediamento di una banca cinese sul suolo elvetico.

Martin Schilling, direttore dei servizi finanziari di PricewaterhouseCoopers SvizzeraCollegamento esterno, crede però che ci saranno più riduzioni tra istituti di proprietà estera. Il ritmo di consolidamento delle banche estere in Svizzera è stato più rapido di quello osservato tra gli operatori indigeni, afferma.

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“Tutta la discussione era incentrata su una grande ondata di consolidamento nel settore bancario svizzero, ma ciò non è davvero stato il caso”, prosegue Schilling. “Il più grande ridimensionamento è di gran lunga venuto dalle banche estere, un raggruppamento che corrisponde alle previsioni. Ci potrebbero ancora essere altre transazioni [fusioni o acquisizioni, Ndr.] nelle prossime settimane, mesi e anni”.

Sia le banche estere sia quelle locali sono attualmente messe sotto pressione da tre fronti: le ricadute della crisi finanziaria e il conseguente malessere economico che ha smorzato i mercati e la propensione al rischio dei clienti; la crociata globale contro l’evasione fiscale che ha creato una ridda di problemi legali; il costo di attuazione di nuove norme affinché gli istituti di credito non rappresentino un rischio per l’economia.

Difficoltà

Le banche estere in Svizzera sembrano essere particolarmente colpite da queste condizioni avverse. Alcune hanno semplicemente pagato il prezzo dell’utilizzazione del segreto bancario per fornire un forziere in Svizzera a fondi non dichiarati di frodatori fiscali all’estero.

La filiale di Zurigo della Leumi è una della quindicina di banche che sono state messe sotto inchiesta penale dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti con l’accusa di favoreggiamento di evasori fiscali.

Altre banche sono state costrette a vendere in condizioni di mercato sfavorevoli vedendosi così soffiati via i profitti. Il Banco Espirito Santo sembra stretto tra l’incudine e il martello: da un lato è confrontato con risultati semestrali nelle cifre rosse e dall’altro con l’arresto in Portogallo del suo ex capo, Ricardo Espírito Santo Silva Salgado, nell’ambito di un’inchiesta per riciclaggio ed evasione fiscale.

Ma, secondo Martin Schilling, la ragione principale per cui così tante banche in mani estere stanno eliminando o ridimensionando le attività in Svizzera è che queste ultime rappresentano solo una piccola parte di nicchia dei loro affari globali.

“Con l’accumulo di pressioni normative ed economiche, alcuni gruppi bancari internazionali hanno deciso di disfarsi di quelle parti del loro portafoglio che non considerano come attività di core business”, spiega a swissinfo.ch.

Mutamento del paesaggio

La crisi finanziaria mondiale ha costretto tutte le banche a risparmiare e a riesaminare le proprie strategie. Di fronte al crollo dei profitti (e spesso anche a perdite consistenti) e alle richieste delle autorità di regolazione di controllare meglio i rischi tramite maggiori riserve di capitale, molte multinazionali sono state obbligate a tagliare ampie fette delle loro attività che non erano abbastanza redditizie da giustificare la loro esistenza.

In questo contesto difficile, cui si sono aggiunti i potenziali rischi di inchieste per evasione fiscale, alcuni dirigenti hanno considerato i loro piccoli uffici di private banking in Svizzera come un lusso che non potevano più permettersi.

Martin Maurer è tuttavia convinto che il settore delle banche estere in Svizzera finirà per stabilizzarsi e che in futuro rifiorirà.

“Guardando il trend di consolidamento nel corso degli ultimi due anni si potrebbe arrivare alla conclusione che tra cinque anni non ci saranno più banche straniere in Svizzera. Ma questo non sarà semplicemente il caso”, afferma.

“Ci sarà sicuramente un minor numero di banche straniere che in passato, ma saranno più grandi e provenienti da diverse aree geografiche”, pronostica.

Banche arabe fedeli a Ginevra

La manciata di banche in mani arabe operative in Svizzera non dà segni di abbandono della Confederazione.

Sulle dieci filiali di gruppi bancari arabi operative in Svizzera nel 2008 quando è iniziata la grossa crisi finanziaria, solo la Faisal Private Bank di Ginevra ha chiuso – nel 2012 –, in seguito a una sfortunata incursione nei mercati immobiliari statunitense ed est europeo.

Al contrario, la Falcon Private Bank di Ginevra, di proprietà dell’emirato di Abu Dhabi, si è espansa rilevando attività da Hyposwiss Bank e acquistando le attività europee di Clariden Leu dal Credit Suisse.

Le banche arabe in Svizzera – che si concentrano essenzialmente sulla gestione patrimoniale – non sono state coinvolte in problemi di evasione fiscale che hanno toccato direttamente o indirettamente altri istituti, spiega a swissinfo.ch il consulente Nasri Mulhamé.

“I clienti arabi non sono qui per evitare di pagare tasse, poiché nei loro paesi solitamente le aliquote fiscali sono molto basse”, precisa l’ex CEO della Arab Bank (Switzerland) Ltd, con sede a Ginevra. “Vengono qui  principalmente per trarre vantaggio dalla stabilità politica della Svizzera. Se si è alla ricerca di un rifugio sicuro per le vostre attività durante i periodi di incertezza, allora la Svizzera rimane la destinazione numero uno”.

Inoltre, Ginevra è tradizionalmente una delle mete preferite degli arabi ricchi per vari motivi, in particolare per i suoi elevati standard di vita e la sua crescente importanza come centro del commercio di materie prime.

Il trend è iniziato negli anni ’70, quando in Medio Oriente si è fortemente sviluppato il commercio del petrolio, ma la regione non disponeva di un sistema bancario molto avanzato.

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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