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Quando l’esercito elvetico sparava sulla popolazione

soldati con fucili puntati.
Delle reclute dell'esercito svizzero chiamate come rinforzi della polizia, a Ginevra il 9 novembre 1932, spararono su dei manifestanti antifascisti, uccidendone 13 e ferendone 65. Keystone / Str

Il 9 novembre 1932, delle reclute aprono il fuoco sui dimostranti antifascisti a Ginevra, uccidendo 13 persone e ferendone 65. Per i militi non vi sono conseguenze. Sette attivisti di sinistra sono invece condannati a pene detentive. Il parlamento oggi rifiuta di riabilitarli. Una decisione controversa.

“Un solo, mirare in basso, fuoco!” Il tenente Raymond Burnat ha appena ordinato alla truppa di sparare sui dimostranti. È il 9 novembre 1932, nel quartiere di Plainpalais a Ginevra. Quando la folla si disperde, corpi inermi giacciono a terra. La sparatoria è durata solo dodici secondi, ma ha fatto 13 morti e 65 feriti, la maggior parte dei quali erano semplici passanti.

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Questo bagno di sangue ha luogo in una controdimostrazione della sinistra ginevrina. Gli attivisti del Partito socialista locale, guidati da Léon NicoleCollegamento esterno, si mobilitano per protestare contro un provocatorio raduno fascista presieduto dall’estremista di destra Georges OltramareCollegamento esterno. Temendo per l’ordine pubblico, il governo cantonale ha fatto appello all’esercito. L’impiego di giovani reclute e ufficiali inesperti, il susseguirsi di ordini maldestri e di tattiche militari inadeguate di fronte a una folla antimilitarista ha portato alla tragedia, riassume il Dizionario storico della SvizzeraCollegamento esterno.

Negli anni ’30, forti tensioni avvelenano il clima politico di Ginevra, in un contesto di crescente totalitarismo in Europa, di crisi economica e disoccupazione. Al termine del processo dinanzi alle assise federali, nel maggio 1933, i sette attivisti di sinistra che hanno indetto la controdimostrazione – alla quale hanno aderito tra le 4’000 e le 5’000 persone – sono riconosciuti colpevoli di sommossa e condannati a pene detentive che vanno da quattro a sei mesi di carcere. Sul fronte militare, nessuno è chiamato a rispondere dei propri atti dinanzi alla giustizia.

Attenzione alla separazione dei poteri!

Questa sanguinosa pagina di storia svizzera è giunta ora all’ordine del giorno dei dibattiti del parlamento svizzero, poiché il Cantone di Ginevra ha chiesto riabilitazione dei manifestanti allora condannati. Una richiesta che si è scontrata con un rifiuto. Con 113 voti contro 54, il Consiglio nazionale (Camera del popolo) oggi ha respinto la domanda di annullare le sentenze del 1933, confermando così la decisione del Consiglio degli Stati (Camera dei Cantoni) del giugno dell’anno scorso.

La maggioranza di destra si è opposta all’iniziativa cantonale ginevrinaCollegamento esterno, appellandosi alla separazione dei poteri. “Il legislatore dovrebbe annullare le sentenze delle autorità giudiziarie con la massima moderazione”, ha detto il senatore del Partito liberale-radicale (destra liberale) Thomas Hefti. A suo avviso, il verdetto è stato pronunciato nel rispetto delle norme dello Stato di diritto e gli imputati hanno avuto diritto alla difesa.

Lo storico Jean Batou, autore di un libroCollegamento esterno sulla sparatoria di Ginevra, si rammarica della decisione del parlamento elvetico. Il ricercatore ricorda che quei manifestanti si sono mobilitati per difendere i diritti democratici di fronte a un raduno dell’estrema destra, tenutosi pochi mesi prima che Hitler prendesse il potere in Germania. “Dovremmo ringraziare ed erigere statue a quelle persone che hanno protestato contro l’ascesa del fascismo. Non si tratta di condannare i giudici dell’epoca, ma di riconoscere che, alla luce della storia, quelle sentenze non erano legittimi”, afferma.

“Una tragica Genferei”

Jean Batou sottolinea inoltre il carattere sproporzionato dell’intervento dell’esercito e della punizione inflitta ai manifestanti. Egli sottolinea che il processo ha chiaramente stabilito che, contrariamente a quanto immaginato dalla destra ginevrina, i militanti socialisti non avevano alcuna intenzione di promuovere una rivoluzione, ma semplicemente disobbedivano agli ordini della polizia.

“Quei risultati avrebbero dovuto portare la corte ad esaminare le ragioni per cui l’esercito è stato mobilitato e perché la truppa ha aperto il fuoco. Tuttavia, questo aspetto è stato escluso dal processo, poiché il tribunale lo considerava di competenza della giustizia militare”, commenta lo storico.

“Persino la stampa portoghese – sotto la dittatura di Salazar – era scioccata”.
Jean Batou, storico

Il caso ha scandalizzato tanta gente non solo in Svizzera, ma anche all’estero. “Ginevra è stata ridicolizzata dalla stampa internazionale”, osserva Jean Batou. Egli cita un commento della stampa britannica: “Una dozzina di bobbies [i poliziotti disarmati in Gran Bretagna, NdR.] sarebbero bastati per controllare quella manifestazione”. “Persino la stampa portoghese – sotto la dittatura di Salazar – era scioccata. In fondo, si tratta di una tragica Genferei [una vicenda politica ginevrina]”, conclude lo storico.

L’indignazione generale per finire è andata a vantaggio della sinistra: una volta uscito di prigione, il leader Léon Nicole ha assunto la guida del Partito socialista ginevrino ed è stato eletto presidente del governo cantonale. Ginevra ha quindi avuto il primo governo a maggioranza di sinistra in Svizzera.

In seguito al tragico evento ginevrino, inoltre, si aprirà un dibattito sul ruolo dell’esercito nel mantenimento dell’ordine pubblico. Un ruolo che teoricamente potrebbe essere chiamato a svolgere ancora oggi.


(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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