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Il dilemma dei centri per richiedenti l’asilo

Un richiedente l'asilo di origini libiche partecipa alla preparazione della cena nel centro di accoglienza di Wünnenwil. Keystone

Il costante aumento delle richieste d'asilo in Svizzera e la scarsità di alloggi ha spinto le autorità a rivedere la propria politica migratoria. Se molti comuni sono reticenti all'idea di accogliere i migranti, altri hanno colto l'occasione per combattere i pregiudizi e favorire l'integrazione.

«A volte le persone si fanno un’opinione senza disporre di tutte le informazioni di contesto. Quando è sorta l’idea di ospitare i richiedenti l’asilo, nel febbraio 2012, abbiamo pensato: queste persone sono qui, cogliamo la sfida e cerchiamo di fare del nostro meglio», spiega Doris Bucheli, presidente del consiglio comunale di Wünnewil, comune del canton Friburgo dove, dopo un anno di attività, il centro per richiedenti l’asilo sta per essere chiuso.

Nella comunità, la gente era confrontata con le paure di sempre: potenziale aumento della criminalità, incertezza, destabilizzazione. Secondo Doris Bucheli, inizialmente le discussioni sono state animate e «se la popolazione avesse potuto votare, probabilmente non se ne sarebbe fatto nulla».

L’esperienza è durata poco più di un anno e secondo le diverse parti coinvolte può essere definita «un successo». Non solo non sono stati registrati incidenti particolarmente gravi, ma ci sono anche stati scambi positivi tra la popolazione e i migranti. In totale, una cinquantina di richiedenti l’asilo sono stati alloggiati all’interno di un bunker di una caserma dei pompieri.

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«Piccoli sprazzi di felicità»

«Mi ricordo ancora il sostegno ricevuto dalla popolazione a Wünnewil», dice Tenzin, un richiedente l’asilo tibetano che ha vissuto nel centro per diversi mesi. «Una donna ci aveva portato a visitare una fabbrica di cioccolato, a sue spese. La gente è stata davvero gentile, buona e premurosa». Ora Tenzin si trova in un altro centro e sente «la mancanza di questi piccoli sprazzi di felicità».

Domiciliato nella cittadina friburghese, Ross Bennie ricorda di aver portato alcuni richiedenti l’asilo a fare un giro con la sua automobile sportiva. Passava per caso  davanti al centro quando si è accorto che un gruppo di giovani fissava incantato la sua vettura.

Secondo Doris Bucheli questo tipo di scambi è stato possibile grazie a una sensibilizzazione tempestiva della comunità, attraverso sessioni di informazione e un gruppo di lavoro incaricato di fungere da collegamento tra il centro e gli abitanti. Oltre a trasmettere le preoccupazioni della popolazione, questo gruppo ha organizzato una giornata di porte aperte e diverse attività ricreative nel centro.

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Per non tradire la fiducia della popolazione

«Poco a poco, nell’arco di questi 13 mesi, la gente ha realizzato che in realtà stava funzionando tutto piuttosto bene», commenta Doris Bucheli. «È chiaro che non tutto è rose e fiori e ci sono stati anche alcuni problemi occasionali, come un’irruzione in un negozio di alimentari. Ma la popolazione sembra aver compreso che queste persone che vedono vagabondare per la città, non fanno del male a nessuno».

Se il progetto lanciato a Wünnewil è funzionato così bene, perché allora non prolungarlo evitando così costi supplementari e magari tensioni in altri comuni? «Era chiaro fin dal principio che il centro sarebbe stato attivo solo per un anno. Il consiglio comunale non poteva perdere la faccia prolungandone ulteriormente l’apertura. Anche se le voci critiche sono poche, è troppo rischioso andare avanti», risponde il direttore del centro di Wünnewil Michel Jungo, che lavora per la società ORS, che si occupa della gestione di un’ottantina di centri.

Dal canto suo, Doris Bucheli spiega che anche se il comune ha incassato 8’000 franchi al mese per affittare il bunker al cantone, l’incentivo finanziario non è mai stato un fattore determinante.

Alla ricerca di un posto

Michel Jungo ammette che il bunker sotterraneo non era proprio il luogo ideale dove alloggiare i richiedenti l’asilo, specialmente d’inverno quando è più difficile stare all’aperto. Questo tipo di rifugio sembra però essere l’unica soluzione a disposizione dei cantoni costretti a trovare soluzioni di emergenza di fronte all’aumento del numero di profughi. Così, per lo meno, è stato per la cittadina friburghese.

Per accelerare le procedure, le autorità federali intendono tuttavia evitare di trasferire un certo numero di richiedenti l’asilo nei centri cantonali, in particolare coloro che rientrano nella procedura di Dublino e difficilmente saranno ammessi come rifugiati in Svizzera.

La Confederazione sta dunque valutando la possibilità di aprire nuovi centri nelle vecchie caserme dell’esercito, che spesso si trovano in alta montagna. Sul passo del Lucomagno, al confine tra canton Grigioni e Ticino, sarà aperto un centro temporaneo in grado di ospitare un centinaio di richiedenti l’asilo.

Abituarsi all’idea

«Dobbiamo lasciare che il progetto sedimenti. Speriamo però che questa sia un’opportunità per combattere i pregiudizi e creare nuovi legami», spiega Peter Binz. Il sindaco di Medel, il villaggio più vicino al passo del Lucomagno sul versante grigionese, spiega che la comunità si è dimostrata aperta al progetto, «per senso civico», ma molti dettagli devono ancora essere definiti.

Dall’altra parte del passo, nel canton Ticino, il comune di Blenio è però meno entusiasta all’idea che un centro per richiedenti l’asilo sorga nelle vicinanze. Malgrado il villaggio si trovi soltanto a una ventina di chilometri dalla caserma, la comunità teme un effetto negativo sul turismo locale, una delle principali risorse per la regione. Il comune di Blenio ha così inviato una lettera di protesta alle autorità federali. «Malgrado la caserma sia a pochi metri dal confine ticinese, nessuno ci ha interpellati», spiega il segretario comunale Loris Beretta. «Siamo inoltre convinti che alloggiare i richiedenti su un passo alpino a 1926 metri di altitudine, in una situazione climatica difficile, non sia per nulla opportuno».

Le rimostranze ticinesi non hanno però avuto l’effetto sperato: il centro sarà aperto comunque. Le autorità hanno tuttavia deciso di istituire un gruppo di lavoro con diversi comuni interessati, in modo da ridurre le possibili tensioni tra richiedenti l’asilo e popolazione. Una strategia simile a quella già sperimentata nel canton Friburgo.

Stando al portavoce dell’Ufficio federale della migrazione, Michael Glauser, la Confederazione sta già pianificando la costruzione di nuovi grandi centri per richiedenti l’asilo, malgrado le «misure d’emergenza» entrate in vigore in autunno potrebbero essere respinte in votazione popolare in giugno.

I nuovi centri potranno ospitare diverse centinaia di richiedenti l’asilo, assieme all’équipe di interpreti ed esperti legali, in modo da accelerare le procedure.

Il primo centro di questo tipo, con una capienza di 500 persone, è stato proposto a Zurigo.

Altre misure previste dalla nuova legge:

– Centri speciali per richiedenti l’asilo renitenti

– Restrizioni al ricongiungimento famigliare

– Limitazioni allo statuto di rifugiato

– Soppressione delle domande d’asilo presentate nelle ambasciate

(Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter)

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