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Tra campanacci e vuvuzelas

Michael Hauser assieme alla sua famiglia Igor Sertori

Michael Hauser, presidente dello Swiss Social Club di Città del Capo, racconta come la piccola enclave svizzera si sta preparando per il grande evento calcistico, affinché le voci “Hopp Schwiiz” possano alzarsi forti tra un pezzo di pane immerso nella fondue, un bicchiere di vino bianco e il suono delle vuvuzelas.

Si sente aria di grande evento in città. La Coppa del Mondo di calcio si gioca per la prima volta sul suolo africano.

Da settimane, quasi mesi, ad ogni semaforo trovi i “soliti venditori” ambulanti con altra merce: bandiere di tutte le nazioni partecipanti alla fase finale del Mondiale, accessori di ogni tipo per ogni sorta di tifoso, palloni e le immancabili vuvuzelas.

Presidente, imprenditore, papà, marito e tifoso

Parcheggio ai piedi della Table Mountain per incontrare un tifoso particolare della nazionale svizzera. È Michael Hauser, nato a Città del Capo, cresciuto a Zurigo e ritornato nella “nazione Arcobaleno” 20 anni fa.

Oggi Michael è responsabile di un’agenzia immobiliare di successo a Città del Capo, dove vive con la moglie Andrea, svizzera pure lei, e i due figli.

Michael non ha dubbi: nonostante gran parte della vita spesa in Sudafrica, la doppia cittadinanza e il desiderio di rimanervi, il suo tifo calcistico sarà rivolto in primo luogo alla nazionale elvetica.

I figli di Michael frequentano la scuola tedesca di Città del Capo, a casa parlano il dialetto svizzero tedesco e una volta all’anno visitano la terra che ha visto nascere i loro genitori e verso la quale provano un forte senso di appartenenza.

A due passi dallo stadio del Mondiale

La nuova sede dello Swiss Social Club sorge su di un terreno di proprietà della città, a poche centinaia di metri dal Green Point Stadium di Città del Capo.

La vecchia sede invece, «si trovava poco più in là – racconta il presidente indicando la direzione che porta all’immenso stadio cittadino – e a causa dei lavori di ampliamento della struttura sportiva abbiamo dovuto spostarci».

Il Mondiale e le sue macchie

Da più parti si legge che la Fifa e il comitato organizzativo dei Mondiali, sostenuti dai diversi municipi cittadini, hanno fatto piazza pulita dei senza tetto che vivevano attorno agli stadi e delle strutture fatiscenti erette nei pressi delle moderne arene.

Un’azione sistematica, a detta di associazioni umanitarie, per mostrare al mondo la faccia bella e pulita del Sudafrica, “nascondendo”, lontano dagli occhi dell’opinione pubblica, i volti sporchi e miserrimi della stessa nazione.

«Nel nostro caso non è andata così», ci spiega Hauser. «Il municipio cittadino ci ha messo a disposizione un proprio lembo di terra e una costruzione. A nostre spese stiamo effettuando i lavori di ammodernamento della struttura. Vogliamo che essa corrisponda alle esigenze del club e dei suoi membri».

La casa dello Swiss Social Club

Un’ampia sala centrale, un piccolo bar, servizi con docce, una stanza per le attività dei bambini, una per le conferenze, un ampio giardino con pergolato e il mini-appartamento a disposizione del custode del club.

Mentre mi guardo intorno, Michael racconta con entusiasmo l’evolversi dei lavori. Lo Swiss Social Club è nato dalla fusione di circoli sportivi e culturali fondati da emigranti svizzeri residenti al Capo.

Oggigiorno, i 300 membri si trovano a giocare a carte, organizzano gite in bicicletta, giocano a calcio, tennis e golf . Inoltre non mancano le serate danzanti al ritmo della “Huusmusig” (musica di casa) e il tiro con le armi da fuoco.

Giovani svizzeri partecipativi

Mi chiedo, e giro la domanda al mio interlocutore, se le tradizionali attività svizzere sappiano ancora catturare l’interesse dei più giovani e di coloro che, cresciuti in Sudafrica, non hanno un nesso diretto con il passato e il presente della madre patria.

Michael è sicuro: non sembra ci sia disaffezione. «Per i bambini organizziamo eventi particolari come San Nicolao, la cerca delle uova a Pasqua e dei fine settimana in campagna, dove i bambini possono correre liberi, arrampicarsi sulle piante e giocare con i loro coetanei discorrendo in inglese e in dialetto svizzero tedesco. I giovani ci sono. Fanno sport, tirano con la carabina e giocano anche alle carte. Si sentono svizzeri e sudafricani. Fa parte della loro identità».

Sbirciando tra le pagine di storia del club, salta all’occhio la drastica diminuzione dei membri da vent’anni a questa parte. All’inizio degli anni ’70 gli svizzeri che frequentavano il club erano circa 600, oggi sono la metà.

«La comunità svizzera è una delle più attive e unite», afferma Michael. «La politica d’immigrazione del governo sudafricano ha reso più difficile l’insediamento dei nuovi emigranti».

Con un tasso di disoccupazione superiore al 30% non c’è da stupirsi a riguardo. Inoltre, il “potere nero” ha tentato in questi anni di riequilibrare la distribuzione dei posti di lavoro tra le diverse fasce razziali. Legge che si potrebbe riassumere con uno slogan semplicistico: precedenza ai neri.

Se il club oggi conta meno membri, a detta del presidente, è quindi dovuto soprattutto alla minore presenza di cittadini elvetici sul territorio, e non alla disaffezione degli stessi.

Le molte facce dello sport

Allo Swiss Social Club si respira molta aria di sport, come in tutto il Sudafrica del resto. Sport come veicolo di inclusione sociale, elemento capace di raggruppare sotto la stessa bandiera bianchi, neri e meticci.

Il presidente del club, da vent’anni al Capo, è un attento osservatore del clima sociale. «Pure durante il regime segregazionista dell’Apartheid, Città del Capo, in special modo le sue chiese, ha tenuto una linea moderata. Anche prima del 1994, nella mia chiesa, sedevano vicini bianchi, neri e meticci».

Hopp Schwiiz

Michael, spera vivamente che l’edificio del club sia terminato entro l’inizio del Mondiale. Ci sarà un maxi-schermo, un bar autogestito e dei divani sui quali adagiarsi tifando per la nazionale rossocrociata.

Comunque Michael è da troppi anni al Capo per mettersi fretta. Forse non tutto sarà pronto per l’11 giugno, giorno della cerimonia di apertura del Mondiale. I dettagli possono però attendere.

Ciò che importa è che la casa dello Swiss Social Club possa ospitare i tifosi con la maglia rossa e la croce bianca, i loro campanacci e certo, anche le vuvuzelas.

Igor Sertori, swissinfo.ch, Città del Capo

Michael Hauser nasce nel 1963 a Cape Town. Nel 1967 rientra con la famiglia in Svizzera.

A Zurigo ottiene il diploma di commercio, dopodiché inizia a lavorare per una piccola banca.

Nel 1985 decide di trasferirsi nella Svizzera romanda per migliorare le sue conoscenze di francese. A Ginevra lavora per la banca UBS e consegue il diploma “Alliance Française”.

Nel 1987, in compagnia di Andrea, sua futura moglie, Michael torna in Sudafrica.

Dopo alcuni mesi trascorsi a girare per il paese, si stabiliscono a Città del Capo , dove Michael trova presto lavoro presso la “Venture Capital Investements”.

Michael si rende conto rapidamente delle grandi risorse presenti nel settore immobiliare. 20 anni fa un piccolo appartamento a Città del Capo costava quanto un’automobile di media cilindrata.

Si iscrive a dei corsi e con il diploma in tasca chiede lavoro all’agenzia immobiliare Seff. Al termine della prima settimana di lavoro Michael vende la sua prima proprietà.

A Michael viene chiesto di curare le esibizioni in fiere del settore a Zurigo, Londra e nelle maggiori città del Sudafrica.

Nel 2004 crea la divisione tedesca dell’agenzia immobiliare Seff a Città del Capo, che tutt’ora dirige.

Da 13 anni è il presidente dello Swiss Social Club di Città del Capo.

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