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Topolino e gli chalet fluorescenti

Markus Raetz, "Mickey Mouse Anamorphose", 1974. Markus Raetz

A metà degli anni Sessanta una nuova corrente artistica sbarcò sul continente europeo. Si chiamava Pop Art e affascinò una generazione d'artisti, anche in Svizzera.

A loro è dedicata una mostra nel Kunstmuseum di Thun. Intitolata «Swiss Pop», l’esposizione permette di riandare a una stagione in cui s’infransero le barriere fra cultura alta e cultura bassa, tra arte e pubblicità.

Nel 1967, a Londra, i Beatles stavano registrando uno dei loro album più famosi, Sergent Pepper Lonely Heart’s Club Band, geniale connubio tra melodie pop e atmosfere psichedeliche.

Nello stesso anno Samuel Buri, un artista svizzero stabilitosi a Parigi, interessato alla sperimentazione di nuove possibilità pittoriche, dipingeva tele dai colori aggressivi e fluorescenti e dai soggetti a prima vista banali.

Due di queste tele sono esposte al Kunstmuseum di Thun. All’interno di una trama grafica lisergica, realizzata con l’ausilio di mascherine e reticoli, appare la sagoma stilizzata di uno dei luoghi comuni per eccellenza del paesaggio elvetico: uno chalet di montagna.

Il Cervino e le uova

Gli oggetti della vita quotidiana o le icone del cinema, della televisione, della pubblicità trasformate in opere d’arte. Questo era il gesto proprio della Pop Art e di questo gesto si avvalsero anche molti artisti elvetici negli anni Sessanta, per celebrare o per smascherare – su questo le opinioni si dividono – l’immaginario della società dei consumi. Spesso con ironia, talvolta con grazia.

È il caso dei gustosi collage di Max Matter, «Matterhorn Projekt», che partendo da una serie di cartoline raffiguranti un altro luogo comune elvetico, il Cervino, propongono utopici e futuristici megaprogetti edilizi sulle pendici della celebre montagna.

O del «Tappeto di uova» di Herbert Distel, una scultura composta da 25 grandi uova di plastica bianca, che da un lato richiama un’altra celebre scultura pop, l’hamburger gigante di Claes Oldenburg, dall’altra mantiene un buon gusto tutto elvetico, nella sua regolarità e armonia geometrica.

Tu vuoi fa’ l’americano…

Nel caso di Buri, Matter o Distel, il linguaggio della Pop Art si esprimeva attraverso immagini tratte dalla vita quotidiana svizzera. In altri casi, gli artisti elvetici cercavano l’ispirazione negli stessi territori della cultura globale (che nella sua accezione popolare non poteva che essere americana o britannica) percorsi dai loro predecessori anglo-sassoni.

Markus Raetz giocava per esempio con il viso di Topolino («Mickey Mouse Anamorphose»). Bendicht Fivian realizzava con una raffinata tecnica di reti di nylon sovrapposte ritratti vibranti di Raquel Welch o degli astronauti delle missioni Apollo. Peter Stämpfli dipingeva in grande formato una rosa copiata dall’etichetta del whisky Four Roses.

La Pop Art era del resto una delle correnti artistiche che nel dopoguerra più contribuirono a consolidare la supremazia culturale degli Stati Uniti in Occidente e a fare di New York la nuova capitale culturale del mondo, soppiantando Parigi.

Terreno di sperimentazione

Per una generazione di artisti svizzeri, soprattutto al di fuori del circuito zurighese ancora saldamente nelle mani dell’arte concreta di Max Bill e compagni, la Pop Art rappresentò tuttavia la possibilità di sperimentare nuovi linguaggi, di percorrere nuove vie.

Se nella mostra allestita a Thun si incontrano opere che non vanno oltre lo stadio di esercizi di stile pop e si trovano nomi di artisti ormai dimenticati o poco conosciuti, è possibile vedere anche lavori giovanili di artisti noti, che più tardi hanno imboccato un percorso del tutto originale.

È il caso di Franz Gertsch, che in «Swiss Pop» è presente con alcuni dipinti bidimensionali e coloratissimi, di Dieter Roth o dello stesso Markus Raetz.

E se in generale la Pop Art svizzera, al pari di quella statunitense, si presenta con un volto apolitico o tuttalpiù ironico, almeno un’opera di Hugo Schumacher, che raffigura una donna di colore legata e imbavagliata con una bandiera svizzera, dimostra che anche gli artisti pop respirarono talvolta l’aria del ’68.

swissinfo, Andrea Tognina

La mostra «Swiss Pop» si potrà visitare fino al 27 agosto 2006.
Il Kunstmuseum di Thun è aperto dal martedì alla domenica dalle 10 alle 17, il mercoledì dalle 10 alle 21.

La Pop Art è un movimento artistico nato nella seconda metà degli anni Cinquanta in Inghilterra e negli Stati Uniti. Il nome del movimento deriva da «arte popolare» e fu coniato dal critico inglese Lawrence Alloway nel 1958, per descrivere il lavoro di artisti che con ironia affrontavano il consumismo del dopoguerra, contrapponendosi all’espressionismo astratto e all’arte concreta allora in voga.

Nella Pop Art la produzione di massa è elevata al rango di oggetto di cultura. La separazione tra arte alta (o colta) e arte bassa (o popolare) è abolita. Mass media e pubblicità diventano fra i soggetti preferiti della produzione artistica, che spesso pare celebraree ambiguamente la società dei consumi. Fra gli esponenti più noti della Pop Art si possono ricordare Robert Rauschenberg, Roy Liechtenstein e Andy Warhol.

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