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Tolto il divieto alla diagnosi preimpianto

Un'impiegata della Frauenklinik di Berna mostra una pipetta contenente una cellula uovo fertilizzata Keystone

I senatori del Consiglio degli Stati si sono allineati ai deputati del Nazionale, consentendo il ricorso alla diagnosi preimpianto sugli embrioni in vitro.

Il nuovo disegno di legge, che permetterà di procedere ad analisi embrionali in caso si sospetti la trasmissione di malattie ereditarie, sarà elaborato dal Consiglio federale.

La Svizzera dovrebbe permettere, in futuro, test sugli embrioni nati da fecondazione in vitro quando c’è rischio di malattia. In altri termini, le donne che rischiano di trasmettere una malattia grave ai figli potranno ricorrere alla diagnosi preimpianto (DPI), una procedura attualmente vietata dalla Legge federale concernente la procreazione con assistenza medica (in vigore dal 2001).

La decisione di togliere il divieto è stata presa martedì dal Consiglio degli Stati (Camera alta), che con 24 voti contro 18 si è allineato all’altro ramo del Parlamento (Consiglio nazionale o Camera del popolo), accettando così la mozione depositata dal deputato radicale Felix Gutzwiller.

“È positivo il fatto che ci sia stata una forte opposizione. Se avessimo ottenuto una vasta maggioranza, avremmo corso poi il rischio di avanzare troppo velocemente perdendo così di vista i limiti da rispettare”, ha osservato ai microfoni di swissinfo Luc Recordon, deputato dei verdi al parlamento.

In materia di DPI, la Svizzera si pone dunque allo stesso livello della maggior parte dei Paesi europei (esclusi la Germania, l’Austria e l’Irlanda). I genitori domiciliati in Svizzera che rischiano di trasmettere una malattia ereditaria ai figli – come ad esempio la mucoviscidosi – non dovranno più recarsi all’estero, come invece succedeva finora.

Pratica permessa, ma con limitazioni

La DPI è un’analisi che permette di riconoscere, ad uno stadio molto precoce dell’embrione, le eventuali disposizioni genetiche a tutta una serie di malattie gravi: in caso si sospetti la presenza di geni «cattivi», gli embrioni concepiti in provetta possono essere sottoposti a esami prima di essere trasferiti nell’utero.

Secondo gli esperti della Commissione nazionale di etica per la medicina umana (CNE), il divieto posto dalla legge comporta un controsenso.

Infatti, in base alla legislazione, le coppie che presentano gravi rischi di trasmettere malattie genetiche ai figli non possono effettuare accertamenti su un embrione prima del trasferimento nell’utero. Possono invece interrompere una gravidanza nel caso in cui l’esame prenatale del feto dovesse mettere in evidenza gravi patologie.

In vista dell’elaborazione di una nuova regolamentazione da parte del Consiglio federale (metà 2006), la CNE auspica che rimanga assolutamente vietata qualsiasi pratica volta a selezionare l’embrione in base a caratteristiche non legate ad una malattia, come ad esempio il sesso e alcuni tratti fisici.

Dovrebbe pure essere proibita la selezione in base a caratteristiche immunologiche che permetterebbero di utilizzare le cellule del nascituro per curare un altro figlio malato.

Questione di etica e fede

La decisione odierna sopraggiunge dopo un lungo dibattito emotivo. Per una volta non si è assistito al classico scontro politico tra la destra e la sinistra, ma piuttosto ad una divergenza di vedute dovuta più a questioni etiche, morali o legate alla fede religiosa.

Durante le deliberazioni al Consiglio nazionale (giugno), l’abolizione del divieto era stata sostenuta dai radicali, da una minoranza di socialisti e verdi e da una maggioranza di democentristi.

Chiara invece l’opposizione dei democratici, i quali considerano la DPI una nuova forma di eugenetica inaccettabile.

Il Consiglio federale, ha affermato dal canto suo il ministro della sanità Pascal Couchepin, intende permettere la diagnosi preimpianto solo in casi ben definiti. A suo avviso, «diverse decisioni politiche, come il sì popolare alla soluzione dei termini, giustificano tale decisione».

swissinfo e agenzie

La Convenzione europea sui diritti dell’uomo e della biomedicina di Oviedo (1997) stipula che “l’utilizzo di tecniche di assistenza medica alla procreazione non è ammesso per scegliere il sesso del nascituro, salvo in casi in cui si rischiano malattie ereditarie gravi legate al sesso”.
Paesi che autorizzano la DPI con una legge specifica: Danimarca, Spagna, Francia, Norvegia.
Paesi che proibiscono la DPI con una legge specifica: Svezia, Germania, Austria, Irlanda e Svizzera.
Paesi che autorizzano la DPI senza leggi specifiche: Belgio, Italia, Finlandia, Grecia, Olanda, Gran Bretagna.

La diagnosi preimpianto (DPI) consiste nel prelievo di una o due cellule da un embrione concepito in vitro e nella loro analisi al fine di ricercare eventuali malformazioni cromosomiche.

Autorizzata sotto certe condizioni in numerosi Paesi, la DPI è proibita in Svizzera dal gennaio 2001, data in cui è entrata in vigore la Legge sulla procreazione assistita.

La diagnosi prenatale è invece praticata su cellule prelevate durante la gravidanza (in generale tra il terzo e quarto mese) nel liquido amniotico o sul cordone ombelicale. Questa tecnica è praticata esclusivamente in caso di un forte rischio di dare alla luce un neonato affetto da un’anomalia congenita.

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