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La galera di un espatriato svizzero ai tempi del coronavirus

agente penitenziario davanti a una cella
Decretato a fine marzo, ufficialmente per contenere la pandemia, lo stato di emergenza in Thailandia è stato prorogato fino alla fine di agosto. Un suo mancato rispetto può condurre in prigione. Keystone / Narong Sangnak

Alcuni svizzeri residenti all'estero sono stati condannati con multe salate e persino con pene detentive per non aver rispettato le misure di confinamento nel loro Paese d'accoglienza. La disavventura di un vallesano che vive in Thailandia.

“Mi chiamo Florian Urfer e vivo con mia moglie thailandese sull’isola di Koh Chang da dieci anni. Sono registrato presso l’ambasciata svizzera a Bangkok in quanto espatriato”, scriveva nel mese di marzo questo quarantenne vallesano, rivolgendosi ai servizi consolari elvetici. “Dobbiamo far fronte a un serio problema con la giustizia thailandese. Rischiamo due mesi di prigione, mia moglie ed io, per non aver rispettato il coprifuoco”.

In che modo la coppia Urfer si è ritrovata in questa situazione in un Paese di 70 milioni di abitanti che ha registrato soltanto 128 casi positivi di coronavirus, di cui 58 fatali?

“Rischiamo due mesi di prigione, mia moglie ed io, per non aver rispettato il coprifuoco”.

Florian Urfer, svizzero in Thailandia

“Ci hanno fermati davanti a casa nostra alle 22:20, mentre eravamo seduti sulla soglia della porta a mangiare una zuppa thailandese dopo una giornata di lavoro. La polizia turistica è passata dalle nostre parti. Siamo stati incarcerati per una notte e abbiamo dovuto pagare una cauzione di 80’000 baht (circa 2’660 franchi, ovvero un salario medio annuale) per essere liberati a titolo provvisorio”, racconta l’ex giocatore della squadra nazionale di pallavolo. “Il 12 maggio ci dobbiamo presentare alla Corte di giustizia della provincia di Trat per espiare una pena di due mesi di prigione, ma la sentenza è stata sospesa in seguito al nostro ricorso”.

Dopo aver creato l’associazione svizzera Sportbuddies e un campus sportivo a Koh Chang messo gratuitamente a disposizione della popolazione locale, Florian Urfer è in attesa di una decisione da parte della giustizia. Lo stesso vale per sua moglie thailandese, che possiede un negozio di oggetti manifatturati su quest’isola dalle acque limpide e presa d’assalto dai turisti.

Florian Urfer con la moglie
Florian Urfer e sua moglie rischiano due mesi di prigione per non aver rispettato il coprifuoco decretato dal governo thailandese. DR

Nell’attesa, i loro passaporti svizzeri sono stati confiscati dai giudici della provincia situata a tre ore di auto da Bangkok. Di recente, la coppia ha scoperto che la decisione potrebbe richiedere da sei a otto mesi. “Personalmente, la prigione non mi fa paura, ma mia moglie non la sopporterà”, teme Florian, che parla anche il thailandese.

Consolato svizzero desolato

“Sono desolato per le difficoltà incontrate con le autorità locali”, gli ha risposto Pierre Chabloz, console generale a Bangkok, suggerendo a Florian Urfer di contattare uno studio di avvocati raccomandati dall’ambasciata, “senza garanzia di successo”.

“Dovete conformarvi rigorosamente alle istruzioni delle autorità. Ogni violazione è severamente punita”.

Ambasciata di Svizzera in Thailandia

Per limitare la propagazione del coronavirus, il governo thailandese ha dichiarato lo stato d’emergenza il 26 marzo e un coprifuoco nazionale dal 3 aprile, ogni notte dalle 22 alle 4 del mattino. A livello locale, numerose province hanno deciso delle restrizioni di passaggio attraverso le frontiere, l’obbligo di portare una mascherina all’esterno e la chiusura di molti negozi e hotel.

“Dovete conformarvi rigorosamente alle istruzioni delle autorità. Ogni violazione è severamente punita. Siamo tutti degli invitati in Thailandia. Vi raccomandiamo di seguire sempre le istruzioni. Informatevi sulle istruzioni del governo e dei media locali concernenti le misure che cambiano regolarmente”, avverte l’ambasciata svizzeraCollegamento esterno.

La Svizzera non interferisce

Oltre 40’000 persone sono state arrestate in Thailandia per aver violato le regole di confinamento. Quanti svizzeri?

Il Dipartimento federale degli affari esteri non dispone di statistiche, ma è a conoscenza di “un certo numero di casi”. La Svizzera, precisa, “non può interferire in un procedimento giudiziario in corso in uno Stato terzo. La protezione consolare subentra soltanto nel momento in cui la persona interessata ha fatto tutto ciò che si poteva ragionevolmente attendersi per uscire da una situazione di difficoltà organizzandosi e procurandosi i mezzi finanziari necessari. Nessuno può rivendicare un diritto alle prestazioni di aiuto della Confederazione”.

Traduzione dal francese: Luigi Jorio

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