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Testimonianze tamil

Il campo di Mandapam, nel Tamil Nadu. swissinfo.ch

La Svizzera ospita una delle più importanti comunità tamil d'Europa: si tratta di persone fuggite dallo Sri Lanka per lasciarsi alle spalle una guerra civile che dura da oltre 25 anni. Reportage nel sud dell'India, meta agognata dei fuggiaschi.

È sulle spiagge del sud dell’India che sbarcano i tamil più fortunati, quando riescono a fuggire dal loro paese. In seguito all’intensificazione dei combattimenti tra l’esercito e il movimento indipendentista delle Tigri tamil, vi sarebbero infatti decine di migliaia di persone intenzionate a lasciare lo Sri Lanka.

Un piccolo gruppo di miracolati è riuscito a raggiungere l’India: Raja, suo marito e il loro bambino di appena due mesi sono appena arrivati. Per effettuare la traversata, hanno dovuto pagare 150 franchi a un passatore: una somma che molti tamil intenzionati a fuggire non sono in grado di racimolare. «A Mannar, dove ci siamo imbarcati, c’erano 150’000 persone alla ricerca di un modo per andarsene», racconta la donna.

30 chilometri di paura

Ci troviamo nello Stato del Tamil Nadu, all’estremità del subcontinente indiano, nel punto in cui la distanza tra l’India e lo Sri Lanka è minore: soltanto 30 chilometri, equivalenti però a tante ore di angoscia per quanti decidono di tentare il viaggio.

«È stato molto più difficile di quanto pensassi. Durante il tragitto in battello abbiamo dovuto fermarci continuamente per evitare le pattuglie. Inoltre, il passatore ci ha abbandonato al largo della costa, su un banco di sabbia. Avevamo l’acqua fino al collo, e abbiamo dovuto camminare per ore prima di raggiungere la terraferma. Non riuscivo più a portare il bébé: mio marito ha dovuto tenerlo sopra la sua testa».

Nel corso delle ultime settimane, il numero di tamil che sono riusciti a scappare in India è drasticamente diminuito. Stando alle testimonianze degli ultimi profughi, la marina dello Sri Lanka pattuglia infatti la costa per intercettare i battelli che trasportano i civili.

«Quando riescono a individuare dei fuggiaschi, i soldati salgono a bordo della barca e cominciano a picchiarli. Accusano tutti i tamil che tentano di andarsene di essere dei combattenti. Spesso non ci sono superstiti: né i passeggeri, né il proprietario del battello», racconta Arul Vasagan, un pescatore della zona.

Esilio di massa

Dopo la ripresa dei combattimenti due anni or sono, circa 21’000 tamil sono riusciti a raggiungere il campo profughi di Mandapam, nel Tamil Nadu. Qui la vita riacquisisce una certa normalità.

Davanti all’entrata del campo, una ventina di bancarelle offrono del thé al cardamomo, involtini di verdure e curry di pesce – una specialità dello Sri Lanka. In questa zona, tutte le persone provengono infatti da quel paese: le venditrici di frutta sedute per terra, i clienti e persino i membri dell’organizzazione non governativa Offer, che registra i nuovi arrivati.

«In India, i tamil provenienti dallo Sri Lanka sono i benvenuti poiché condividono con la popolazione locale la lingua – il tamil – e le religioni: induismo o cristianesimo, a seconda delle famiglie», spiega uno degli attivisti. «In Sri Lanka, invece, la nostra minoranza subisce le persecuzioni da parte della maggioranza cingalese e buddista».

I tamil che riescono a raggiungere l’India ricevono automaticamente lo statuto di rifugiati nonché un contributo di dieci franchi al mese. Complessivamente, in India vi sarebbero circa 300’000 rifugiati provenienti dallo Sri Lanka.

Vivere senza temere le bombe

«Qui mi sento bene, ho ritrovato un po’ di pace. Non sento più le bombe cadere, o gli spari delle mitragliatrici», dice Vasantha Nath, che aggiunge: «Posso nuovamente avere una vita normale».

La donna, 46ennne, è partita senza il marito: ferito da un pallottola alla coscia, l’uomo non sarebbe stato in grado di sopportare le fatiche del viaggio. Tre mesi dopo il suo arrivo in India, Vasantha Nath non ha ancora alcuna notizia del congiunto.

Testimonianze come quella di Vasantha sono l’unica possibilità per conoscere la reale situazione nello Sri Lanka: nessun giornalista può accedere alle zone in cui si svolgono i combattimenti. Stando alle autorità di Colombo, gli indipendentisti sarebbero accerchiati in un territorio di circa 20 chilometri quadrati. Le organizzazioni umanitarie parlano di 150’000 civili intrappolati tra due fuochi.

Vasantha Nath accusa l’esercito dello Sri Lanka: «Spesso degli uomini mascherati si sono presentati nei nostri villaggi, arrivando con un furgone bianco. Se la prendevano con ogni persona e poi trasportavano i giovani nella foresta, dove venivano uccisi».

La donna ricorda però anche le visite delle Tigri tamil: «A volte alcuni uomini sono entrati nelle nostre case, domandandoci di seguirli. Volevano che partecipassimo alla lotta al loro fianco. In un’occasione, hanno persino arruolato con la forza delle donne».

Futuro incerto

Gobala Selvaraj è arrivato a sua volta in India da qualche mese. I genitori di questo 26enne sono stati assassinati dai militari. «Agli occhi del governo, dal momento che ho l’età per combattere, ero evidentemente un ribelle. Ho dovuto fuggire, altrimenti mi avrebbero ammazzato».

Come lui, anche gli altri profughi cercano di ricostruirsi una vita e un futuro. La maggior parte dei tamil fuggiti dallo Sri Lanka sono pescatori, ma le autorità indiane non consentono loro di svolgere questo mestiere, temendo che si lancino nel contrabbando o tentino di aiutare i loro compatrioti a fuggire.
Molti esuli vivono dunque alla giornata, svolgendo lavori come spazzino, fattorino o imbianchino. Gobala Selvaraj effettua pulizie sui cantieri per sette-otto giorni al mese, ciò che gli consente di migliorare leggermente la sua condizione economica.

I rifugiati non hanno il diritto di lasciare il campo per più di una giornata, a meno di avere ottenuto un’autorizzazione speciale dal direttore. Per Gobala, si tratta di una restrizione che pesa moltissimo: «Non sono felice qui in India. Nel mio paese il governo ci perseguita, qui le autorità ci rinchiudono nei campi».

swissinfo, Clémentine Mercier, Mandapam
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)

Oltre mille persone hanno protestato sabato 11 aprile in Svizzera contro l’offensiva sferrata dall’esercito dello Sri Lanka per schiacciare la resistenza dei ribelli tamil.

Le dimostrazioni – svoltesi a Zurigo e Berna – si sono tenute nella calma, anche se nella capitale i manifestanti hanno bloccato per oltre un’ora il traffico stradale e i trasporti pubblici.

La manifestazione di Berna ha costituito l’atto conclusivo di una serie di proteste contro il governo srilankese, in corso in Svizzera già da settimane.

In Svizzera vivono più di 35’000 srilankesi, in maggioranza tamil.

L’esercito di liberazione delle Tigri Tamil,che da anni combatte per l’indipendenza in Sri Lanka, ha annunciato martedì la propria disponibilità a una tregua.

In un comunicato pubblicato sul sito ufficiale dell’organizzazione, si parla infatti di «cessate il fuoco incondizionato e permanente» sotto l’egida della comunità internazionale, per poter intavolare «negoziati di pace».

L’esercito dello Sri Lanka ha dal canto suo ripreso mercoledì l’offensiva contro i ribelli, dopo due giorni di tregua concessa in occasione del Capodanno buddista.

Indipendentisti. Il movimento di liberazione delle Tigri tamil (Liberation Tigers of Tamil Eelam, LTTE) è un gruppo armato che rivendica la creazione di uno Stato separato sull’isola dello Sri Lanka.

Lunga data. Nato negli anni Settanta, questo movimento ribelle si oppone alla maggioranza cingalese e buddista che dirige lo Sri Lanka. Da oltre 35 anni, il leader del gruppo è Velupillai Prabhakaran.

Aria e acqua. Le Tigri tamil sono uno dei pochi gruppi di guerriglia a possedere una marina e un’aviazione.

Terrorismo. Attivo nel nord-est dello Sri Lanka, il LTTE è ufficialmente considerato un gruppo terrorista da una trentina di Stati – tra cui gli Usa – e dall’Unione europea.

Cifre. Nel 2009, il LTTE ha finora effettuato tre attentati, uno dei quali utilizzando degli aerei pilotati da kamikaze. Le vittime sono state una quarantina. Dall’inizio della guerra civile, sono morte nello Sri Lanka circa 70’000 persone.

Tregua. Una fragile tregua era stata stipulata nel febbraio 2002 sotto l’egida della Norvegia. Berna ha sostenuto attivamente il processo di pace. Il cessate il fuoco è però già saltato alla fine del 2005, con l’elezione a presidente del nazionalista Mahinda Rajapakse, fautore della linea dura contro i separatisti.

Promessa. Mahinda Rajapaksa ha promesso durante la campagna elettorale di porre fine alla guerriglia. Nel corso degli ultimi due anni, l’esercito ha intensificato gli attacchi contro le Tigri tamil, annunciando a più riprese la fine imminente delle ostilità.

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