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“Meglio non credere che essere un falso credente”

Dopo la storica visita di ieri all'Università di Al-Azhar, massimo centro dell'Islam sunnita, e dopo il suo forte appello ai leader religiosi a "smascherare i violenti" che con l'estremismo compiono una "falsificazione idolatrica di Dio", oggi in questa seconda e ultima giornata al Cairo papa Francesco si è dedicato all'abbraccio e incoraggiamento alla piccola ma vivace comunità copto-cattolica. Il Pontefice è rientrato a Roma verso le 20.

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La comunità copta conta circa 270 mila fedeli in tutto l’Egitto (ma le statistiche vi comprendono anche gli evangelici), cioè lo 0,31% della popolazione, comunità attivissima però in campo sanitario, sociale e soprattutto educativo, con 170 scuole frequentate naturalmente in gran numero da musulmani e copto ortodossi. 

Nella messa davanti a circa 25 mila persone festanti, nel blindatissimo Air Defense Stadium – lo Stadio dell’Aeronautica – Papa Francesco, secondo Pontefice in questo Paese dopo Giovanni Paolo II nel 2000, ha pronunciato un’omelia che può essere considerata una sintesi estrema della sua visione dell’essere cristiani.

Cosa significa essere cristiani

“Per Dio è meglio non credere che essere un falso credente, un ipocrita!”, ha esclamato il Papa. “Non serve riempire i luoghi di culto se i nostri cuori sono svuotati del timore di Dio e della sua presenza, non serve pregare se la nostra preghiera rivolta a Dio non si trasforma in amore rivolto al fratello, non serve tanta religiosità se non è animata da tanta fede e da tanta carità; non serve curare l’apparenza perché Dio guarda l’anima e il cuore e detesta l’ipocrisia”.

Per il Papa, che indirettamente si è qui rivolto anche ai fedeli delle altre religioni, “Dio gradisce solo la fede professata con la vita, perché l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità! Qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a Lui!”. “La vera fede – ha scandito – è quella che ci rende più caritatevoli, più misericordiosi, più onesti e più umani; è quella che anima i cuori per portarli ad amare tutti gratuitamente, senza distinzione e senza preferenze; è quella che ci porta a vedere nell’altro non un nemico da sconfiggere, ma un fratello da amare, da servire e da aiutare”. 

E ancora, “è quella che ci porta a diffondere, a difendere e a vivere la cultura dell’incontro, del dialogo, del rispetto e della fratellanza; ci porta al coraggio di perdonare chi ci offende, di dare una mano a chi è caduto; a vestire chi è nudo, a sfamare l’affamato, a visitare il carcerato, ad aiutare l’orfano, a dar da bere all’assetato, a soccorrere l’anziano e il bisognoso”. La vera fede “è quella che ci porta a proteggere i diritti degli altri, con la stessa forza e con lo stesso entusiasmo con cui difendiamo i nostri”. “Non abbiate paura di amare tutti, amici e nemici – ha esortato -, perché nell’amore vissuto sta la forza e il tesoro del credente!”.

Ultimo incontro prima della partenza

Nel pomeriggio, ultimo appuntamento prima della partenza per l’Italia – all’aeroporto cairota il congedo dal presidente della Repubblica Abdel Fattah Al-Sisi -, l’incontro con il clero, i religiosi e le religiose, i seminaristi, nel seminario patriarcale Al-Maadi. Il Papa li ha richiamati a non cedere “alle tentazioni che incontrano ogni giorno”, come quelle “di lasciarsi trascinare e non guidare”, di “lamentarsi continuamente”, del “pettegolezzo e dell’invidia”, del “paragonarsi con gli altri”, dell'”individualismo”, del “camminare senza bussola e senza meta”, e anche a quella del “faraonismo”, cioè “dell’indurire il cuore e del chiuderlo al Signore e ai fratelli”: “è la tentazione di sentirsi al di sopra degli altri e quindi di sottometterli a sé per vanagloria, di farsi servire invece di servire”. 

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