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Tempi più duri per corrotti e corruttori?

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di Alberto Vannucci, Lavoce.info

Nei suoi primi due anni il governo Renzi ha rafforzato i poteri dell’Autorità anticorruzione e ne ha affidata la guida al magistrato Raffaele Cantone. Ha poi inasprito le pene per corrotti e corruttori, anche dal punto di vista economico. Varie, però, le occasioni mancate e le lacune che rimangono da colmare su questo tema.

La lotta alla corruzione è stato uno dei cavalli di battaglia del governo Renzi fin dalle sue prime fasi. Si è trattato peraltro di una risposta pressoché obbligata e a tratti emergenziale alla lunga teoria di inchieste giudiziarie e scandali (tra cui Mose, Expo, Mafia capitale) che negli ultimi due anni hanno investito il sistema politico-amministrativo italiano, senza risparmiare esponenti della coalizione di governo, ma che sono stati affrontati con un piglio “rottamatore”, tentando di proiettare nella sfera pubblica la stessa immagine di cesura rispetto al passato utilizzata anche negli altri ambiti di intervento. I provvedimenti anticorruzione fin qui approvati si possono ricondurre a tre filoni distinti. Sotto il profilo della prevenzione e della vigilanza nel settore dei contratti pubblici è stato progressivamente rafforzato il ruolo dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac). Si è intervenuti anche sul versante repressivo, riformando alcuni articoli del codice relativi a reati contro la pubblica amministrazione. Sono state infine approvate misure che incidono in aree contigue, potenzialmente utili a rafforzare gli strumenti disponibili per far emergere o sanzionare tali reati.
L’Autorità guidata da Cantone
La prima carta giocata dal governo Renzi è stata la nomina nel marzo 2014 a Presidente dell’Anac del magistrato Raffaele Cantone, figura che gode di una considerevole credibilità pubblica in virtù dei suoi successi nella lotta alla criminalità mafiosa. Una mossa che ha preceduto il progressivo rafforzamento dell’Autorità, dal giugno 2014. I nuovi poteri dell’Autorità le attribuiscono un ruolo attivo di vigilanza e regolazione nel settore sensibile degli appalti, cui si accompagna la facoltà di proporre al prefetto commissariamento di imprese aggiudicatarie di contratti pubblici in situazioni sintomatiche di possibili illeciti. Sono riconoscibili nel provvedimento le “impronte digitali” dello scandalo di Expo 2015, che ha indotto in quella sede l’attribuzione al presidente di poteri straordinari di sorveglianza e garanzia nell’organizzazione del grande evento, secondo un modello replicato in successive vicende di corruzione. Ne emerge dunque un accentramento di responsabilità nel coordinamento delle politiche di prevenzione della corruzione e di vigilanza sugli appalti in capo all’Autorità, come previsto anche dal nuovo codice degli appalti, cui si accompagna la marcata personalizzazione di tale issue, con un ruolo di grande visibilità sulla scena pubblica giocato dalla figura del Presidente Cantone.

La legge anticorruzione

Sul fronte della repressione penale è andata a incidere la legge anticorruzione promossa dal governo Renzi e approvata nel maggio 2015. A caratterizzarla sono soprattutto l’innalzamento delle pene detentive previste per tutti i reati di corruzione, con l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente ricevute, l’introduzione di meccanismi premiali per chi collabora con la giustizia, l’obbligo di pagamento del prezzo o profitto del reato per essere ammessi al patteggiamento. La maggiore severità delle pene formalmente previste si accompagna a un contenuto innalzamento dei tempi di prescrizione, per legge agganciati alla pena massima prevista. Il meccanismo di calcolo dei tempi di prescrizione, ritenuto dagli osservatori internazionali e dagli esperti principale lacuna dell’ordinamento e fonte delle alte aspettative di impunità, non è stato tuttavia riformato, in quanto oggetto di un distinto disegno di legge ad oggi bloccato in Parlamento, vittima di veti incrociati. Ugualmente stralciate in provvedimenti ad hoc – ad alto rischio di fallimento nell’iter parlamentare – o ignorate altre possibili misure che erano state raccomandate dagli organismi internazionali: sulla tutela in caso di segnalazione degli illeciti, i conflitti di interesse, l’introduzione degli agenti sotto copertura, la non punibilità dei collaboratori di giustizia, la semplificazione delle molteplici fattispecie per reati di corruzione, la revisione dei reati di traffico di influenze e corruzione privata, introdotti nel 2012 e rivelatisi sostanzialmente inefficaci.

Falso in bilancio: reato sentinella

La medesima legge anticorruzione è intervenuta anche in un’area contigua, inasprendo le pene per il reato sentinella di falso in bilancio (così chiamato in quanto nelle indagini ad esso relativo ci si può imbattere in fondi neri impiegati per il versamento di tangenti) che in passato era stato pressoché depenalizzato. Sentenze contraddittorie della Corte di cassazione hanno tuttavia evidenziato il rischio che l’ambiguità derivante dalla mancata esplicita menzione delle “valutazioni” come oggetto di falsità materiale possa assicurare l’impunità a un insieme di condotte persino più esteso rispetto al passato. L’introduzione nel dicembre 2014 del reato di autoriciclaggio ha colmato una lacuna dell’ordinamento italiano, segnalata in più occasioni anche a livello internazionale. D’atro canto, segnali di una maggiore tolleranza nei confronti di alcune forme di illecito potenzialmente propedeutici anche alla corruzione – come l’innalzamento a 3000 euro della soglia per i pagamenti in contanti o la riduzione delle sanzioni previste per gli evasori fiscali, previsti dalla legge di stabilità 2016 – mostrano l’ambiguità dello sforzo riformatore in questo ambito, a conferma della difficile missione assegnata all’Autorità anticorruzione.

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