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La carriera internazionale de “La visita della vecchia signora” di Dürrenmatt

La visita della vecchia signora in Africa
Talvolta la vecchia signora visita una piccola città del Sahel, come nel film "Iene" di Djibril Diop Mambéty. Alamy Stock Photo

La trama è universale: una donna torna al suo villaggio e si vendica, sfruttando il potere del denaro. L'opera teatrale di Friedrich Dürrenmatt "La visita della vecchia signora" ha reso lo scrittore svizzero famoso in tutto il mondo.

La trama dell’opera di Friedrich Dürrenmatt “La visita della vecchia signora” si può riassumere in poche frasi: Claire Zachanassian, vedova di un miliardario, torna nel villaggio natale di Güllen – una parola che in svizzero-tedesco è sinonimo di “colaticcio”. Agli abitanti fa un’offerta allettante e immorale: un’ingente somma di denaro in cambio della morte di Alfred Ill, che in gioventù l’ha messa incinta e ingannata, condannandola alla miseria.

Nei giorni successivi all’arrivo della vecchia signora, ogni resistenza all’offerta si sgretola – il bottino è troppo allettante. Alla fine, gli abitanti del villaggio uccidono Ill in presenza della mandante. Il dramma si svolge tra l’offerta e l’omicidio: l’obbedienza ai propri bisogni, la perdita di contegno, la spietatezza. 

“Signor Dürrenmatt, lei ci ha dato un calcio in faccia con la sua commedia. È così che ci ha spaccato la faccia. Grazie, signor Dürrenmatt, per averci colpiti in faccia. La prego, continui a spaccarci la faccia, signor Dürrenmatt”. Questa è stata la reazione – secondo le memorie di Dürrenmatt – di un appassionato di teatro alla prima rappresentazione de “La visita della vecchia signora” in Germania.

Lì, la commedia è stata letta come uno specchio della società tedesca del dopoguerra. Uno dei temi principali del dramma era, come dice giustamente il biografo di Dürrenmatt Peter Rüedi, “lo scaturire del benessere da un senso di colpa represso collettivamente”.

In Germania la gente era estremamente ricettiva per questo tipo di discorso. Poco più di un decennio dopo il 1945, il paese era alle prese con il miracolo economico e tutti i crimini della guerra sembravano dimenticati. Nella prima versione cinematografica in lingua tedesca degli anni Cinquanta, gli abitanti di Güllen ballano intorno alle insegne al neon come attorno a un vitello d’oro dopo aver ricevuto l’assegno per l’omicidio di Ill.

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La vecchia signora ha raggiunto Broadway nel 1958 e Hollywood nel 1964 – dove dal dramma è stato tratto un film con Ingrid Bergmann nel ruolo di Zachanassian e Anthony Quinn nel ruolo di Ill (che nel film si chiama Serge Miller).

In un certo senso, la trama è così tornata alle origini: la prima versione di Dürrenmatt, confluita in un racconto intitolato “Moonfindesternis”, era ambientata negli Stati Uniti: un ricco rimpatriato paga un villaggio per eliminare il suo vecchio rivale. Ironia della sorte, la Güllen di Hollywood è ambientata in un luogo imaginario dei Balcani, ma le riprese sono state effettuate a Cinecittà e in altre location italiane.

Ingrid Bergman
Ingrid Bergmann è la vecchia signora nel film “The visit” (“La vendetta della signora” nella versione italiana). Imago/zuma Press
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Nel dramma hollywoodiano, la trama si conclude con un lieto fine ambiguo: Ill è graziato da Zachanassian all’ultimo secondo, ma è condannato a vivere tra coloro che erano disposti a ucciderlo. Dürrenmatt non era molto contento del film. Del resto, lo era raramente degli adattamenti cinematografici delle sue opere.

Quello che non si sa è come abbia recepito l’inclusione della sua opera teatrale in una serie televisiva della televisione nazionale libanese. La serie “Allo Hayeti” – “Hello my life” parlava di una coppia. Gli alti e bassi del loro rapporto si intrecciano in parte con la letteratura.

Nel quinto episodio, un’attrice legge Dürrenmatt, i due attori principali si calano nei ruoli di Ill e Zachanassian, e “la visita della vecchia signora” diventa teatro di relazioni.

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Poco dopo la prima della “Visita”, Dürrenmatt conobbe il successo anche nei paesi socialisti. La traduzione de “La visita della vecchia signora” venne pubblicata in russo già nel 1958.

Dürrenmatt è stato un autore apprezzato nei periodi di disgelo. Allontanato dai palcoscenici russi negli anni Sessanta, solo nella fase di perestroika degli anni Ottanta è stato riscoperto, anche grazie a una riedizione de “La visita della vecchia signora”. Il dramma può essere letto come una critica al capitalismo, ma anche come una critica al comunismo.

Igor Petrov, giornalista alla redazione russa di swissinfo.ch, ricorda la versione cinematografica del regista Mikhail KozakovCollegamento esterno del 1989: “Il dramma mi fece grande impressione all’epoca, perché al suo centro c’è in definitiva la questione dei fondamenti morali della società. Posso anche capire cosa ha attratto il regista verso questo materiale: voleva capire la doppia morale che alla fine ha condotto alla morte dell’utopia sovietica.

Mi ha colpito anche il piano diabolico di Claire di uccidere Alfred non da sola, ma con l’aiuto della società. Alfred sembrava essere l’unico nella città malvagia a possedere una capacità di auto-riflessione critica. E lui, tra tutti, è quello che viene condannato a morte.

Ma sono rimasto scosso soprattutto per la questione dell’origine della morale, che Durrenmatt ha posto con una radicalità senza precedenti. L’affermazione che qualsiasi società, qualsiasi massa, qualsiasi folla, anche quando marcia sotto gli slogan più progressisti, è capace di tradirti senza battere ciglio”.

L’adattamento più fedele ma sorprendente de “La visita della vecchia signora” è stato realizzato nel 1992 dal regista senegalese Djibril Diop Mambéty, morto a soli 53 anni e che ci ha lasciato una filmografia limitata, ma di una qualità tale da iscriverlo nel firmamento del cinema africano. Mambéty ha spostato l’azione del suo film a Colobane, una cittadina del Sahel colpita dalla povertà.

Una donna, Linguère Ramatou, diventata estremamente ricca, ritorna dopo trent’anni di assenza, portando con sé, almeno in apparenza, un barlume di speranza. In realtà offre alla comunità la sconcertante somma di 100 miliardi di franchi CFA ad una condizione: la morte di Dramaan Drameh, il pizzicagnolo locale. Vuole vendicarsi: trent’anni prima, l’uomo aveva abbandonato Linguère Ramatou dopo averla messa incinta.

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Il regista senegalese rimase molto fedele al testo originale, lavorando a stretto contatto con Friedrich Dürrenmatt. Dürrenmatt, morto nel 1990, non ha mai visto il risultato. Quando “Iene” fu presentato al Festival di Cannes del 1992, Mambéty lasciò un posto accanto a sé in memoria dell’autore svizzero.

Pur con tutta la sua fedeltà all’originale, la trama è radicata anche nel Sahara. Con il suo lavoro, il regista senegalese ha voluto difendere il popolo umile contro i potenti ed esprimere la sua disillusione nei confronti dei nuovi Stati africani emersi dalla decolonizzazione.

In “Iene”, Djibril Diop Mambéty trasforma la storia di Friedrich Dürrenmatt in una denuncia delle tentazioni del colonialismo e della sottomissione dell’Africa al capitalismo globalizzato. Quando la dirigenza locale decide di sacrificare il pizzicagnolo, si sottomette anche ai prodotti dei paesi industrializzati.

Le iene che il regista evoca e che balenano di tanto in tanto nel film possono così assumere diversi volti: l’élite africana, una popolazione che troppo facilmente cede alle sirene del consumo, un sistema internazionale che sfrutta l’Africa…. In ultima analisi, tocca allo spettatore determinare chi sono realmente queste iene.

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Tra l’altro: anche se il testo di Dürrenmatt in Svizzera fa ormai parte delle letture scolastiche, dopo la sua prima nel 1956 allo Schauspielhaus di Zurigo non ebbe un’accoglienza solo positiva.  La fondazione per la promozione culturale Pro Helvetia respinse una richiesta di sostegno, affermando che non si trattava di un’opera “caratteristica e rappresentativa dello spirito svizzero”.

È stata forse proprio questa la fortuna del dramma, che va ancora in scena in tutto il globo, dal National Theatre di Londra ai piccoli teatri della Mongolia. A volte Güllen è anche a Ulan Bator.

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PS: La prima edizione italiana della “Visita della vecchia signora”, tradotta da Aloisio Rendi e pubblicata da Feltrinelli, risale al 1959. Il dramma di Dürrenmatt fu messo in scena per la prima volta in Italia al Piccolo Teatro di Milano nel 1960, per la regia di Giorgio Strehler. Sulla base della traduzione di Rendi è stato realizzato nel 1973 anche uno sceneggiato televisivo, per la regia di Mario Landi.

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