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Svizzeritudini 7/15 – Asilante

La Svizzera condensata in 15 parole

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Asilante

Dai puristi della lingua italiana il termine asilante, forma mutuata dal tedesco Asylant che indica le persone straniere che hanno chiesto o ottenuto asilo politico o umanitario, continua a essere un’aberrazione veicolata dai media della Svizzera italiana. In realtà testimonianze di questo uso disinvolto della parola hanno iniziato ad apparire dall’inizio degli anni ’90 anche su autorevoli testate italiane,Collegamento esterno anche se inizialmente il termine veniva inserito tra due virgolette che ne attestavano l’origine spuria.

In questo senso gli italofoni della Confederazione, così come per le bucalettere che sta pian piano affermandosi anche la di là della “ramina”, hanno fatto da apripista nella Penisola dove, dapprima nello Zingarelli nel 2003 e 5 anni dopo sul Devoto-Oli, gli “asilanti” hanno ottenuto formale riconoscimento nel lessico italiano. E, in un certo senso, viene risolta alla radice la questione del diverso uso ai due lati della frontiera, che si riscontra anche nei documenti ufficiali, della perifrasi originaria adottata per descrivere lo status di questa categoria speciale di immigranti, vale a dire “richiedente l’asilo” a nord di Como e “richiedente asilo” senza l’articolo nella patria di Dante.

Dal profilo giuridico poi asilante (o richiedente) mantiene una certa genericità, nel senso che non distingue lo straniero che ha ottenuto il riconoscimento del suo diritto dalle autorità del paese ospitante (rifugiato) dal semplice immigrato, in condizioni particolari (guerra, calamità naturali o discriminazione politica), che ha avviato la relativa procedura amministrativa senza aver ancora ricevuto risposta. Ma al di là dei rilievi lessicali il frequente uso e l’evoluzione di questo termine tradisce un’antica tradizione di ospitalità della Svizzera nei confronti dei profughi. Non a caso la sede centrale dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati si trova proprio a Ginevra.

Fin dal XVI e XVII secolo infatti i cantoni svizzeri hanno accolto rifugiati, dapprima soprattutto protestanti in fuga dalla Francia, in particolare a Ginevra dove confluirono gli Ugonotti molti scampati alla Notte di San Bartolomeo (agosto 1572). Ai rifugiati religiosi seguirono dopo la Rivoluzione francese e i moti del 1848 i perseguitati politici di mezza Europa che crearono più di un imbarazzo diplomatico a Berna, con minacce di intervento armato da parte della Monarchia francese e di Metternich. La Svizzera, gelosa della propria sovranità, mantenne però fede alla sua politica umanitaria e a cavallo del XX secolo trovarono rifugio nella Confederazione anarchici, socialisti e comunisti, tra i quali figure di spicco come Bakunin, Lenin e Trotsky.

Un’unica incrinatura alla sua tradizione la si ebbe nel bel mezzo della Seconda guerra mondiale quando, su pesanti pressioni della Germania nazista, venne coniata l’espressione della “barca di salvataggio piena”, con cui si spiegò la chiusura delle frontiere ai profughi per motivi razziali. Successivamente sono stati accolti nella Confederazione numerosi perseguitati ungheresi (1956), cecoslovacchi (1968), cileni (1973), vietnamiti (1975), polacchi (1981) e dagli anni ’80 il numero di rifugiati provenienti dalle varie aree di crisi è sensibilmente aumentato. Negli ultimi decenni la politica dell’asilo elvetica, sulla scia anche di alcune votazioni popolari, si è meglio integrata con le normative in vigore nello Spazio Schengen.

Link:

La definizione di rifugiato e del diritto d’asiloCollegamento esterno

Il sito dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiatiCollegamento esterno

La legge federale sull’asilo Collegamento esterno

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