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Svizzera rischia di figurare fra i manipolatori dei cambi

Gli Stati Uniti guardano con attenzione agli interventi monetari della Banca nazionale. KEYSTONE/ANTHONY ANEX sda-ats

(Keystone-ATS) La Svizzera potrebbe presto figurare nell’elenco americano degli stati che manipolano i corsi di cambio: lo afferma l’agenzia Reuters, che si rifà a fonti informate anonime americane.

Secondo gli addetti ai lavori la Confederazione dovrebbe soddisfare i criteri per essere classificata da Washington come un manipolatore: appare quindi probabile che il paese compaia in un rapporto sul tema che dovrebbe essere pubblicato nelle prossime settimane dal Dipartimento del tesoro.

Contattata dalla Reuters, la Banca nazionale svizzera (BNS) non ha voluto esprimersi sul tema e anche il Dipartimento americano del tesoro non ha commentato le indiscrezioni. L’inserimento della repubblica dei 26 cantoni nell’elenco – diffuso a ritmo trimestrale – non ha un effetto diretto, ma serve come base al governo americano per orientale la sua politica commerciale internazionale e può costituire un avvertimento riguardo a possibili sanzioni e dazi doganali.

Come noto quest’anno la BNS è intervenuta massicciamente sul mercato valutario per evitare un apprezzamento della valuta svizzera, giudicato economicamente dannoso. “Un ulteriore rafforzamento del franco, la cui quotazione è già elevata, si sarebbe infatti tradotto in ulteriori difficoltà per la nostra economia”, aveva detto il presidente della direzione Thomas Jordan in giugno. Il movimento al rialzo della moneta elvetica è una diretta conseguenza della crisi del coronavirus, che ha spinto gli investitori a fuggire dai mercati finanziari cercando beni rifugio.

Nei soli primi sei mesi dell’anno la BNS è intervenuta con 90 miliardi di franchi: un ammontare di soldi che è molto di più del 2% del prodotto interno lordo (in Svizzera: circa 700 miliardi), soglia oltre la quale gli Stati Uniti parlano di manipolazioni dei cambi. Con un’eccedenza delle importazioni bilaterali di oltre 20 miliardi di dollari e un surplus delle partite correnti di oltre il 2% la Svizzera soddisfa anche gli altri due criteri che stanno alla base dell’orientamento Usa.

La Confederazione si è finora difesa sostenendo che gli interventi della banca centrale sul mercato dei cambi sono motivati esclusivamente dalla politica monetaria e che di conseguenza il paese non mira a ottenere vantaggi commerciali. L’obiettivo – si argomenta a Berna – è invece quello di evitare le conseguenze negative, per la stabilità dei prezzi e per l’economia, causate da un franco sopravvalutato.

Occorre anche ricordare che da quasi sei anni la BNS tiene il suo tasso d’interesse di riferimento in territorio ampiamente negativo (-0,75%). L’istituto parla inoltre peraltro tuttora di “valutazione persistentemente elevata del franco”.

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