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Svizzera italiana in cerca di definizione

In viola le regioni italofone, in arancione quelle tedescofone, in verde quelle francofone e in fucsia quelle dove si parla romancio Fonte: Ufficio federale di statistica

Ticino? Ticino e Grigioni italiano? Ticino, Grigioni italiano e italofoni tutti in Svizzera? A Poschiavo, un seminario organizzato da Coscienza Svizzera e dalla Pro Grigioni italiano si è interrogato sull'essenza – e forse assenza – della Svizzera italiana.

La questione non è nuova e la risposta – se risposta c’è – è a geometria variabile, almeno per quanto riguarda le sue ricadute pratiche. Il criterio linguistico, quello suggerito in modo immediato dall’aggettivo “italiana”, è forse l’unico a mettere tutti d’accordo. Ma la lingua non basta a definire un’identità e non basta a fare fronte comune, nemmeno contro i nemici – quelli sì – ritenuti comuni, come la perdita d’importanza dell’italiano in Svizzera e la scarsa presenza di alti funzionari italofoni nell’amministrazione federale.

Per il Ticino e il Grigioni italiano – che corrispondono alla definizione tradizionale di Svizzera italiana basata su criteri geopolitici oltre che linguistici – si aggiunge anche il bisogno, proprio delle regioni periferiche, di partecipare allo sviluppo economico e culturale dei centri.

Isolata, debole, minacciata: la Svizzera italiana – e forse è il destino di tutte le minoranze – si sente così. Vorrebbe di più, soprattutto vorrebbe un’identità forte da contrapporre alla maggioranza. Ma fa fatica a trovarla. Non è un caso se il titolo del seminario che si è tenuto il 14 maggio a Poschiavo, Svizzera italiana? E oltre?, non affermava, ma poneva degli interrogativi.

Dalla riflessione all’azione

Per il presidente di Coscienza Svizzera, Remigio Ratti, interrogarsi sull’identità, è il primo passo verso il raggiungimento di una nuova consapevolezza. Un passo necessario a trovare risposte adeguate ad un mondo che cambia, un mondo dove globale e locale sono compresenti, dove il concetto di Stato nazionale si sta disgregando e l’identità è sempre meno legata all’idea di territorio.

«Porsi degli interrogativi spinge all’azione», ha spiegato Ratti a swissinfo.ch. «Anche qui, oggi, è successo qualcosa. Non sono d’accordo con chi dice che si tratta solo di parole e non di fatti. Tanto per cominciare, sono stati levati i punti interrogativi e questo è già un risultato tangibile».

A trasformare il titolo del seminario in un’affermazione, Svizzera italiana. E oltre!, è stato Renato Martinoni, professore di letteratura italiana all’Università di San Gallo. Per Martinoni, l’oltre – ovvero chi in Svizzera parla italiano ma non vive nei territori della Svizzera italiana – va coinvolto maggiormente: «Altrimenti la Svizzera italiana resterà chiusa e provinciale, si ammalerà di parrocchialismo antropocentrico e non sarà abbastanza evoluta culturalmente».

Liberare la lingua dai regionalismi

L’idea di fondo mette tutti d’accordo. Anche il presidente della Pgi, Sacha Zala, è dell’avviso che l’incontro di Poschiavo sia servito ad avvicinare le diverse anime della Svizzera italiana. Non si fa però illusioni: gli interessi in gioco sono tanti e a dettare legge sono soprattutto quelli economici e politici; l’impegno sul fronte linguistico viene dopo.

«La lingua, però, è l’unica cosa che abbiamo veramente in comune», spiega Zala a swissinfo.ch. «Quali altre esperienze condivido io con Ada Marra [deputata socialista che ha partecipato alla tavola rotonda di Poschiavo, ndr.], nata e cresciuta nel canton Vaud da genitori leccesi? E posso aspettarmi che il Ticino tenga in considerazione gli interessi del Grigioni italiano? No, il Ticino ha il diritto e il dovere di fare i suoi d’interessi».

In molti ritengono che definire la Svizzera italiana attraverso la lingua sia una scelta riduttiva, ma Zala è convinto che sia l’unico modo per individuare proposte e progetti concreti, condivisibili da tutti. Per farlo, però, è necessario rivedere, almeno in parte, alcune consuetudini ereditate dal passato, in particolare il principio di territorialità e l’autonomia cantonale in materia di politica linguistica.

«I tempi sono cambiati, la gente si muove. Quasi la metà degli italofoni in Svizzera non vive nel territorio italofono. Il concetto di territorialità fa sì che i nostri ghiacciai abbiano diritti linguistici e la nostra gente che si sposta – per studio o per lavoro – verso le altre regioni linguistiche della Svizzera no». Concretamente, Zala vorrebbe che la Confederazione si prendesse l’impegno di finanziare delle scuole bilingui nei grandi centri come Berna e Zurigo. «In questo modo sarebbe possibile permettere alla minoranza italofona di trasmettere la sua lingua anche alle generazioni nate fuori del territorio tradizionale e compensare così la decrescita demografica che per il Grigioni italiano – Mesolcina esclusa – entro il 2030 si situerà tra il 10 e il 25 per cento».

Scuole bilingui della Confederazione: mai!

La proposta del presidente della Pgi è in linea con le raccomandazioni fatte alla Confederazione dal Consiglio d’Europa, depositario della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali e della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, iniziative alle quali la Svizzera ha aderito ufficialmente. La richiesta di scuole bilingui è stata anche oggetto di un’interpellanza parlamentare della deputata popolare democratica Kathy Riklin. Nella sua risposta, il Consiglio federale, scrive che l’educazione è di competenza cantonale e che non sussistono le basi legali per un finanziamento delle scuole bilingui da parte della Confederazione.

A Poschiavo, Mauro Dell’Ambrogio, segretario di Stato per l’educazione e la ricerca, ha a sua volta gelato gli entusiasmi: «Se ci saranno scuole bilingui sarà per volontà locale e mai per volontà della Confederazione, tanto questo, giusto o sbagliato che sia, è contrario alla struttura attuale».

L’idea è osteggiata anche da Claudio Lardi, membro del governo grigionese: «Mi preoccupa la proposta di dare diritti alla diaspora. Se l’italiano diventa lingua scolastica a Zurigo, allora anche gli zurighesi avranno il diritto di reclamare scuole in tedesco a Poschiavo o in Ticino». E lo zurighese David Vogelsanger, console svizzero a Milano, aggiunge: «Faccio parte di una minoranza di svizzeri tedeschi che sanno l’italiano e ho molta simpatia per l’idea di una Svizzera di lingua italiana. Ma non approvo gli attacchi al principio di territorialità. È l’unico strumento che permette alle minoranze di non dover contare sulla buona volontà della maggioranza».

Per Sacha Zala, si tratta di argomenti fallaci. «L’italiano è considerato lingua minoritaria dalla Convenzione del Consiglio d’Europa e solo le lingue minoritarie hanno diritto a strumenti di protezione come le scuole bilingui. Il discorso non vale per il tedesco. E insistere sull’autonomia dei cantoni, invece di pretendere una politica linguistica nazionale degna di questo nome, significa aprire le porte a situazioni paradossali, come quella che vede la Confederazione sostenere i corsi di lingua per i figli degli immigrati, ma non quelli per i figli dei suoi cittadini che si spostano da una regione all’altra del paese».

Doris Lucini, Poschiavo, swissinfo.ch

La Pro Grigioni Italiano (Pgi) è stata fondata nel 1918. L’obiettivo principale è promuovere l’italiano nel cantone dei Grigioni e in tutta la Svizzera.

Sostiene le attività culturali nel Grigioni italiano e difende gli interessi della minoranza italofona in Svizzera.

È sostenuta finanziariamente dalla Confederazione e dal Cantone dei Grigioni, ma conta anche sul lavoro di molti volontari. Ha all’incirca 2000 soci.

La sede centrale è a Coira. Quattro centri regionali si occupano delle attività nel Grigioni italiano e a Coira; nel resto della Svizzera sono attive altre sei sezioni della Pgi.

L’espressione risale al Settecento, quando si affermò nella Svizzera tedesca per designare gli otto baliaggi a sud del San Gottardo.

Con l’Atto di mediazione del 1803, ai baliaggi viene riconosciuto lo statuto di Cantone del Ticino.

Sempre nel 1803, anche le Tre Leghe, fino ad allora Stato indipendente, sono integrate nella Confederazione con il nome di Cantone dei Grigioni. I Grigioni portano in dote alla Svizzera italiana le valli di Poschiavo, Bregaglia, Mesolcina e Calanca.

Oggi Svizzera italiana designa anche, indipendentemente dal territorio, la terza componente linguistica svizzera.

Molto spesso, però, soprattutto a nord delle Alpi, chi dice Svizzera italiana dice Ticino e non è consapevole dell’esistenza di una realtà più complessa.

L’associazione si definisce “un gruppo di riflessione apartitico che mira a tener viva il senso civico svizzero e la sensibilità verso le sfide di una Svizzera in cammino”.

In particolare, vuole contribuire “alla difesa e al promovimento delle diverse identità, lingue e culture presenti nel Paese”.

Coscienza svizzera organizza dibattiti, conferenze, seminari, giornate di studio e pubblica quaderni e studi di approfondimento.

Ha sede a Bellinzona e conta circa 600 soci.

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