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Svizzera-Italia: libera circolazione a senso unico

Il Mendrisiotto, a due passi dall'Italia, conosce bene i problemi legati al lavoro TI-Press

Sul mercato italiano gli imprenditori ticinesi si scontrano con pastoie burocratiche inverosimili, mentre in Ticino aziende e lavoratori italiani si muovono senza intoppi. Berna è pertanto invitata far rispettare la clausola della reciprocità.

Gli imprenditori ticinesi ne hanno infatti abbastanza di questa libera circolazione a senso unico. È di pochi giorni fa la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso: un’agenzia di sicurezza – che aveva ottenuto un mandato in margine ai campionati mondiali di ciclismo a Varese (in Lombardia) – ha visto il proprio contratto andare in fumo dopo l’intervento della polizia della provincia.

Perché mai? Secondo la versione italiana la Svizzera non fa parte dell’Unione europea (UE) e dunque deve essere trattata come uno stato extracomunitario.

Immediata la reazione della Swiss Global Security (SGS), con sede a Riazzino (Locarnese): un avvocato italiano avrà il compito di tentare di recuperare una parte del denaro. Stimato attorno ai 130 mila franchi, l’appalto è stato attribuito a una ditta lombarda.

Un primo caso concreto

La disavventura della SGS ha sollevato un putiferio negli ambienti economici del Ticino. Sono ormai anni che denunciano il mancato di rispetto della clausola di reciprocità contenuta negli Accordi bilaterali tra Svizzera e UE.

Il tema è comunque noto anche alle organizzazoni economiche lombarde; recentemente hanno avviato il progetto P.L.A.T (Progetto Lavoro Artigiano Trasnfrontaliero) – presentato nei giorni scorsi anche a Zurigo – allo scopo di tendere una mano alle aziende svizzere che vogliono lavorare in Italia. Si tratta di una guida che informa su regole e procedure da rispettare quando e se si vuole entrare nel mercato italiano.

L’episodio che ha coinvolto la ditta ticinese SGS, illustra comunque – e per la prima volta sulla base di un esempio concreto – le ricorrenti e persistenti difficoltà riscontrate dai titolari delle Piccole Medie Imprese (PMI) e dei lavoratori indipendenti, quando tentano di esercitare le proprie attività nella vicina Penisola.

Edo Bobbià, deputato nel parlamento ticinese per i liberali radicali e direttore della Società degli impresari costruttori (SSIC), è passato subito all’offensiva inoltrando un’interpellanza: chiede al governo cantonale di prendere posizione sul caso della SGS e su quella che viene vissuta come un’ingiustizia e una discriminazione.

“Non mi parli di libera circolazione delle persone. Il movimento è unilaterale: gli italiani giungono tranquillamente in Ticino, mentre a noi – tuona Bobbià – ci viene sbattuta la porta in faccia”.

Imprenditori scoraggiati

“La situazione è totalmente bloccata. I nostri imprenditori sono talmente scoraggiati – deplora Bobbià – che non tentano neppure più di inserirsi in un mercato che si annunciava ricco di opportunità”. Non di questa opinione il segretario della Regio Insubrica Roberto Forte. Ai microfoni della Radio svizzera di lingua italiana, ha dichiarato che “le discussioni tra Berna e Roma non portano a niente. Le soluzioni passano dal dialogo fra Ticino, Como e Varese”.

“Sciocchezze” commenta inviperito Edo Bobbià. “Semmai è proprio la Regio Insubrica a non aver mai trovato la benché minima soluzione in dieci anni di intoppi. La Segreteria di Stato per l’economia (SECO) e l’ambasciata svizzera a Roma, hanno completamente sottovalutato gli effetti delle misure di accompagnamento”.

Ma i principali interessati respingono le accuse. Tony Moré (SECO), capo della Divisione delle relazioni economiche con l’Europa e l’Asia, sottolinea che “la SECO interviene in ogni singolo caso concreto che le viene sottoposto”. E assicura che “questi passi permettono generalmente di sbloccare la situazione”.

Il contenzioso è peraltro già stato al centro di discussioni a livello politico. “L’anno scorso la ministra dell’economia Doris Leuthard – ricorda Moré – ha già ampiamente illustrato le difficoltà degli imprenditori ticinesi al suo omologo italiano Pier Luigi Bersani [non più in carica in seguito al cambiamento di governo in Italia, ndr]”.

Ma quali bilaterali?

L’ambasciata Svizzera a Roma conferma. “In tre anni e mezzo – spiega l’ambasciatore Bruno Spinner – ci sono stati trasmessi una cinquantina di dossier. Non tutti erano direttamente legati alle aziende ticinesi, ma quando disponiamo di una documentazione completa e concreta, nel 95% dei casi il nostro intervento si rivela fruttuoso”.

“Per noi è molto più facile agire caso per caso – aggiunge il diplomatico – piuttosto che fare capo all’amministrazione italiana e, in modo particolare, a livello ministeriale. Qui ci dicono che ‘questa questione si discute a Bruxelles, poiché si tratta di interpretare l’accordo di libera circolazione delle persone'”.

Se il metodo della SECO e dei servizi diplomatici sembra dunque foriero di risultati, non risponde però alle difficoltà dei ticinesi. “Bisogna arrendersi all’evidenza – insiste Edo Bobbià – poiché dalla prefettura locale al tribunale, passando dalle autorità della Regione e della provincia, nessuno in Italia conosce gli accordi bilaterali e le misure di accompagnamento. Così non va più, occorre fare qualcosa”.

Labirinto amministrativo e politico

L’ambasciatore svizzero a Roma ammette: i meandri dell’amministrazione italiana e i frequenti cambiamento di governo e di maggioranze, complicano la vita. “Poco dopo l’incontro tra Doris Leuthard e Pier Luigi Bersani [Partito democratico/centro sinistra), ndr] – ricorda Spinner – quest’ultimo non era già più ministro”.

Intanto Arnoldo Coduri, responsabile della Divisione economia del Dipartimento economia e finanze del Canton Ticino, ha trasmesso il dossier della SGS ai servizi economici dell’ambasciata svizzera a Roma, conformemente alla procedura voluta dalla consigliera federale Doris Leuthard poco meno di un anno fa.

L’alto funzionario ticinese non manca di sottolineare che “è inutile lamentarsi in assenza di casi concreti. Solo i fascicoli documentati ci permettono di agire”. Coduri rimane infine convinto del potenziale e delle opportunità che si presentano alle aziende elvetiche in Italia e, in modo particolare, nel bacino lombardo.

swissinfo, Nicole Della Pietra, Bellinzona e Varese
(traduzione e adattamento dal francese Françoise Gehring)

L’esclusione da un appalto in Italia della ditta ticinese SGS – che non è stata ammessa ai recenti mondiali di ciclismo di Varese – “è frutto di una vertenza giuridica e non della mancata applicazione degli accordi bilaterali o di una procedura scorretta in un bando di concorso”.

Questa è la risposta che il Consiglio federale (governo) ha fornito in forma scritta al deputato ticinese Meinrado Robbiani (PPD).

Il Dipartimento federale dell’economia (DFE) era stato avvisato dall’ambasciata svizzera a Roma, a sua volta sollecitata (il 23 settembre scorso) dal Dipartimento dell’economia del Cantone del Ticino.

Secondo gli elementi in possesso della SECO, l’esclusione è legata a un litigio giuridico tra le parti coinvolte, con riferimento agli obblighi legali richiesti per essere autorizzati a compiere prestazioni di sorveglianza in Italia, obblighi che l’impresa ticinese non avrebbero soddisfatto.

In cifre assolute l’Italia è il secondo partner commerciale della Svizzera, subito dopo la Germania.

Nel periodo gennaio-luglio 2008, l’Italia ha registrato un aumento dell’8,3% nelle importazioni con la Svizzera, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; tradotto in cifre significa 13’250,5 milioni di franchi.

Nello stesso periodo, le esportazioni verso l’Italia sono aumentate del 6,7 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, pari a 11’288,7 milioni di franchi.

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