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Rio+20: grandi aspettative, piccoli risultati

Keystone

Venti anni dopo il primo vertice della Terra, che aveva imposto l’ambiente nell’agenda politica, la conferenza Rio+20 delle Nazioni unite si è conclusa con risultati considerati piuttosto magri. La rinuncia a nuovi impegni suscita le critiche della stampa e delle ong.

“Il vertice Rio+20 si è concluso con una dichiarazione d’intenti. Non è male, ma troppo poco”, così il Tages-Anzeiger e il Bund riassumono il sentimento che regna presso molti osservatori dopo la chiusura della grande conferenza dell’ONU sull’ambiente.

“La comunità internazionale voleva compiere un passo avanti nella concretizzazione di Agenda 21 – concordata nel 1992 al primo vertice di Rio – che costituisce un programma d’azione forte e ancora valido per sviluppare un mondo giusto dal profilo sociale ed economico, senza scaricare i problemi ambientali sulle prossime generazioni”, ricordano i due giornali.

“Sono però uscite dichiarazioni d’intenti che, perlomeno, non sono peggiori di quelle formulate 20 anni fa. Tenendo conto delle dispute in corso da mesi su ogni paragrafo, questo testo potrebbe addirittura apparire come un successo. Rispetto alle ambizioni del vertice, il risultato è tuttavia troppo modesto”.

Regole da applicare

Per il Tages-Anzeiger e il Bund, queste mega conferenze non sono però inutili, se si considera ad esempio, 20 anni dopo, ciò che ha lasciato il primo vertice di Rio. “I principi di Rio92 per uno sviluppo sostenibile sono entrati nella legislazione di molti Stati europei, tra cui la Svizzera. Ora le regole già esistono, si tratta soprattutto di metterle in pratica”.

“Il più grande successo di questi vertici si ritrova inoltre nei partenariati che vengono allacciati tra gli Stati e tra le aziende. Vedremo in futuro se queste cooperazioni daranno i loro frutti. La ricca Svizzera dispone delle premesse migliori per svolgere un ruolo di pioniere in quest’ambito, come ha già mostrato anche nel corso del vertice di Rio”.

Germogli positivi

Ancora meno positivo il bilancio tratto dalla Neue Zürcher Zeitung, secondo la quale “Rio+20 delude le aspettative”. Nel 1992 “erano state adottate decisioni importanti, che hanno valore ancora oggi. Molti speravano che la comunità internazionale potesse costruire qualcosa su questa base e concordare nuovi passi. Ma sono stati delusi”.

Rio+20 “non è stato un passo indietro”, rileva il quotidiano zurighese. “Ma la conferenza non ha dato  un contributo per condurre il mondo sul sentiero dello sviluppo sostenibile, che andrebbe imboccato il più presto possibile. Non sono stati infatti assunti nuovi impegni per lottare contro la fame e la povertà, ridurre le emissioni di gas ad effetto serra o impedire la distruzione della biodiversità”.

“Nel documento finale vi sono comunque dei germogli positivi, che potrebbero sbocciare nei prossimi anni. Tra questi, gli obbiettivi per uno sviluppo sostenibile. Affinché vengano concretizzati, gli Stati dovranno però compiere nei prossimi anni sforzi molto più grandi di quelli che hanno mostrato in questi giorni a Rio”, aggiunge la Neue Zürcher Zeitung.

Troppa prudenza

Per Le Temps, a Rio “è stata soprattutto la prudenza ad imporsi fino alla fine”. Il vertice “ha prodotto una dichiarazione estremamente prudente, piena di principi vaghi. Ma questo bilancio molle non deve trarre in inganno: i negoziati sono stati molto duri. È stato perfino contestato il concetto di uno sviluppo sostenibile basato sui tre pilastri della crescita economica, del progresso sociale e della difesa dell’ambiente”.

“Visti i risultati, molti capi di Stato e di governo, che avevano previsto di partecipare al vertice, hanno per finire rinunciato a recarsi a Rio. Tra di loro anche la presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf”, rileva il giornale romando. “Si tratta ora di vedere, se il piccolo lancio impresso da Rio+20 produrrà degli effetti o se scomparirà sotto l peso delle preoccupazioni correnti”.

Mancanza di ambizioni

Il bilancio è piuttosto deludente anche per le organizzazioni ambientaliste e non governative, che si sono recate a Rio per difendere il futuro del pianeta. “Il mondo politico non ha mostrato delle ambizioni per dare un seguito ai negoziati. È una cosa spaventosa. Il pianeta ha bisogno molto di più che non di parole e di compromessi”, afferma Felix Gnehm, specialista di sviluppo del WWF e membro della delegazione svizzera a Rio.

“Lo scopo del vertice era di concretizzare lo sviluppo sostenibile e, su questo punto, è stato un insuccesso totale. La dichiarazione finale non assume nessun nuovo impegno. Non riconosce i limiti del pianeta. E non propone un cambiamento di paradigma per andare oltre il principio della crescita del Prodotto interno lordo”, sostiene Isolda Agazzi, responsabile della politica di sviluppo presso la Comunità di lavoro che riunisce 6 delle più grandi ong svizzere.

Direzione giusta

Molto meno negativo, seppure non entusiasta, il giudizio espresso dal Dipartimento federale dell’ambiente (DATEC), secondo il quale, “il documento approvato a Rio deve essere considerato positivo, se si tiene conto della crisi finanziaria che sta colpendo l’Europa e del nuovo ordine mondiale che si sta delineando con i paesi in transizione che mirano a garantire alle loro popolazioni uno standard di vita equivalente a quello dei paesi industrializzati”.

“Le nostre ambizioni erano più alte, ma abbiamo comunque delle risoluzioni che vanno nella buona direzione”, ha dichiarato da parte sua la ministra Doris Leuthard, responsabile del DATEC. A suo avviso, tra i punti positivi vi è da includere la dichiarazione in favore di “un’economia verde”. Si tratta ora di sfruttare questo segnale politico “per avanzare verso la trasformazione dell’economia svizzera in un’economia verde”, ha sottolineato la consigliera federale.

Una posizione difesa anche da Franz Perrez, responsabile degli affari internazionali presso l’Ufficio federale dell’ambiente: “Il vertice non può essere valutato soltanto in base ai risultati delle trattative. Si tratta anche di un forum importante di interazione con la società civile. E, in tale ambito, si è visto come molti dirigenti aziendali hanno espresso la loro volontà di applicare una politica di sviluppo sostenibile nelle loro imprese”.

1972: Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano, Stoccolma

 

1992: Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo, Rio de Janeiro

1997: Conferenza Rio+5, New York

1997: Conferenza COP3, Kyoto   

2002: Vertice mondiale dell’ONU sullo sviluppo sostenibile, Johannesburg

2012: Conferenza sullo sviluppo sostenibile Rio+20, Rio de Janeiro

Nel 1972, il rapporto del Club di Roma segna il punto di partenza per una presa di coscienza collettiva sull’importanza di uno sviluppo ecologicamente sostenibile.

Quindici anni più tardi, la Commissione ONU per l’ambiente e lo sviluppo pubblica il rapporto Brundtland, dal nome della sua presidente, la norvegese Gro Harlem Brundtland.

Intitolato «Our common future» (Il futuro di tutti noi), il testo mette in evidenza il legame esistente tra i problemi globali dell’ambiente, la grande povertà del sud e i modelli di produzione e di consumo non sostenibili del nord.

Lo sviluppo sostenibile è definito come uno «sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri».

Il concetto di sviluppo sostenibile si è affermato dal  primo vertice della Terra, tenuto nel 1992 a Rio de Janeiro.

I 172 paesi partecipanti si sono impegnati a lottare per la protezione dell’ambiente e hanno firmato tre accordi non vincolanti a livello internazionale: la Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo, l’Agenda 21 e la Dichiarazione dei principi per la gestione sostenibile delle foreste.

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