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Superare Chernobyl con un computer

I giovani di Sukachi, alle prese con le "nuove" tecnologie swissinfo.ch

Con un piccolo ma prezioso contributo, la Svizzera aiuta da qualche anno gli evacuati dalla regione di Chernobyl, in Ucraina, a ricostruirsi una nuova vita.

Dopo la nube radioattiva, la sofferta evacuazione e il difficile reinserimento, gli sfollati devono ora affrontare i problemi legati al loro stato psicofisico.

«Eccoci sulla piazza centrale: di fronte c’è la sede del partito comunista, a destra l’hotel e a sinistra il ristorante», indica Yuriy Tatarchuk.

Ascolto le spiegazioni dell’interprete di «Chernobylinterinform» (l’agenzia informativa della regione di Chernobyl), tentando di immaginare il volto originario della città. Una città morta da 20 anni.

La foresta rossa

Siamo a Pripyat, ad un paio di chilometri dalla tristemente nota centrale atomica di Chernobyl. Fino al 27 aprile 1986, ovvero fino al giorno dopo l’esplosione del reattore numero 4, qui vivevano 47’000 persone.

Poi, i pini della foresta circostante si sono colorati di anomale tinte rossastre (il vento ha spinto la nube radioattiva proprio in direzione della città) e gli abitanti sono stati costretti all’evacuazione.

Nonostante le promesse di un rapido ritorno da parte delle autorità, la gente è partita e mai più ritornata: lo spazio occupato all’epoca dai lavoratori dell’impianto e dalle loro famiglie è ora invaso da alberi, sterpaglie e da un vuoto di desolazione.

Era post-atomica

Pripyat è soltanto una delle decine di località che sono state evacuate dal perimetro di esclusione (circa 2’800 km2) attorno alla centrale.

Tra gli oltre 130’000 sfollati, qualcuno è approdato a Sukachi, piccola cittadina a poco più di una trentina di chilometri a sud di Chernobyl. «Qui sono state costruite 180 nuove abitazioni», dice Eugene Yesirkenov dell’Ufficio svizzero di cooperazione in Ucraina.

Il problema di Sukachi e di altri villaggi della regione non sono tuttavia gli alloggi. In quella che a Chernobyl si può definire l’era post-atomica, la popolazione fatica a convivere con le conseguenze dell’incidente: colpita a livello psicologico (e fisico), la comunità locale si è come immobilizzata, compromettendo le prospettive per il futuro. E il disastroso quadro economico non facilita certo le cose.

«Non mi piace vivere qui. La terra è dura e non è fertile», ci confida Hanna Matkivskaya, un’abitante del luogo.

Centri per giovani

Una ventata di dinamismo sta tentando di portarla il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, al quale partecipa dal 2003 anche la Direzione svizzera dello sviluppo e della cooperazione (DSC).

«L’obiettivo è di smuovere la comunità sostenendo le attività culturali. Nei nuovi centri giovanili ad esempio, abbiamo installato computer con allacciamento a internet, televisioni e apparecchi radio», spiega Ludmyla Nestrylay, responsabile nazionale dei progetti elvetici in Ucraina.

L’interesse dei più giovani per quelle che a queste latitudini sono le «nuove» tecnologie, risulta evidente al centro di Sukachi. Nella piccola sala dei computer, i due schermi si intravedono a fatica, nascosti dalle teste dei ragazzini, più interessati al videogioco che alla presenza dei giornalisti.

«Oltre alle attività di svago, offriamo ai giovani la possibilità di beneficiare di un sostegno psicologico», sottolinea Petro Ivonovich Konovalenko, il sindaco del villaggio,

Staccarsi dal passato

Dal 2000, la DSC sostiene inoltre il lavoro svolto in Ucraina da Green Cross Svizzera, un’organizzazione attiva per migliorare la qualità di vita delle persone colpite da inquinamento chimico o radioattivo.

Nella decina di centri sanitari («First Aid Points») sparsi nella regione attorno a Chernobyl, speciali programmi aiutano la popolazione colpita a prendere coscienza della propria situazione e a reagire, distaccandosi così dalla condizione passiva della vittima.

Un passo certo non facile, anche perché l’incidente della centrale atomica si è portato via anche l’attività principale della zona, l’agricoltura.

Benchè cosciente delle scarse prospettive per i lavoratori locali, la Confederazione non è tuttavia presente con uno dei suoi progetti a sostegno dell’economia: «È vero, la situazione qui è difficile, ma non bisogna scordare che siamo attivi in molte altre zone, che necessitano di altrettanto aiuto», commenta Martina Magert del Segretariato di Stato dell’economia.

Piccoli gesti dal grande significato

500’000 franchi per i progetti di Green Cross Svizzera e 450’000 per i centri giovanili: sul piano finanziario, il contributo della Svizzera a sostegno delle vittime colpite dal più grave disastro nucleare della storia appare limitato.

Ma come fa notare Ludmyla Nestrylay, «con il suo piccolo contributo, la Svizzera ha dato una spinta importante per estendere questo tipo di progetti anche in altre regioni».

swissinfo, Luigi Jorio, Sukachi, Ucraina

La nube radioattiva che si è sprigionata dalla centrale atomica di Chernobyl (aprile 1986) ha contaminato 5 milioni di persone in un’area di 200’000 km2.
Oltre 130’000 residenti nel raggio di 30 km dall’impianto sono stati evacuati.
Alcune centinaia di persone sono però ritornate illegalmente nella zona di esclusione.

Accanto all’intervento di tipo umanitario, la Confederazione finanzia una piattaforma informativa su internet dedicata all’incidente nucleare di Chernobyl.

Chernobyl.info riporta nel dettaglio le cause, gli effetti immediati su ambiente e salute e le conseguenze a lungo termine del disastro.

Sono inoltre elencati tutti i progetti intrapresi e le organizzazioni attive nella regione.

Sul sito sono pure disponibili informazioni sulle commemorazioni per il 20esimo anniversario dell’incidente.

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