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Si vota in quattordici stati americani

Una coppia con due bambini si reca al seggio per votare.
Ad Alexandria in Virginia si vota anche nella caserma dei pompieri. Keystone / Shawn Thew

Giornata decisiva negli Stati Uniti in vista della designazione dello sfidante di Donald Trump per la corsa alla presidenza. Votano anche i democratici all'estero.

Il cosiddetto Super Tuesday delle primarie democratiche è una giornata decisiva per capire chi a novembre sfiderà il repubblicano Donald Trump per la presidenza degli Stati Uniti. Si vota in contemporanea in 14 Stati (più il territorio delle Samoa Americane) che assegnano oltre 1’300 dei 1’990 delegati necessari per strappare la nomination alla convention estiva. 

Per la prima volta il super martedì coinvolge anche la California che con i suoi 40 milioni di abitanti è lo Stato più popoloso del Paese e assegna 415 delegati. Ma i democratici votano pure in Texas (228 delegati), Carolina del Nord (110), Virginia (99), Massachusetts (91), Minnesota (75), Colorado (67), Tennessee (64), Alabama (52), Oklahoma (37), Arkansas (31), Utah (29), Maine (24), Vermont (16) e  Samoa Americane (6).

Biden ci crede

Il senatore Bernie Sanders tenta di afferrare il ricco bottino di delegati della progressista California per provare ad involarsi verso la nomination democratica. Ma l’ex vicepresidente Joe Biden gli contende il Texas e prova a frenarne la fuga dopo aver scommesso tutto sugli stati del sud e sul voto dei neri in Alabama, Arkansas, Tennessee.

Così la notte del Super tuesday, la tornata elettorale più importante prima delle elezioni presidenziali statunitensi di novembre, sembra regalare uno scenario ancora incerto, in cui la partita per scegliere il candidato che dovrà sfidare Donald Trump potrebbe poi non essere così scontata.

Del resto quello tra il senatore “socialista” e l’ex numero due di Barack Obama non è solo un duello elettorale, ma rappresenta la lotta in corso tra le due anime dei democratici americani, come lo fu nel 2016 nello scontro Sanders-Hillary Clinton. In palio oggi più che mai c’è un primato che può segnare il partito per molti anni a venire.

In palio un terzo dei delegati

Lo sanno bene i milioni di elettori chiamati alle urne in ben quattordici stati, da un capo all’altro del Paese, in cui la posta in gioco è di 1357 delegati sui 1991 necessari per conquistare la nomination nella convention democratica di Milwaukee a metà luglio. Saranno i risultati finali a dire se le previsioni last minute erano azzeccate: come quelle del mago dei sondaggi Nat Silver secondo cui Sanders e Biden dovrebbero vincere sette stati ciascuno.

Stretto dunque lo spazio in cui, a colpi di milioni di dollari sborsati di tasca propria, si muove Michael Bloomberg, la vera incognita di questo supermartedì che per l’ex sindaco di New York ha segnato il debutto alle urne. Un D-Day che rischia però di trasformarsi in un flop se dovesse subire il prepotente ritorno di Biden e non vincere nemmeno uno stato, come indicano i sondaggi della vigilia.

Il nostro corrispondente è in California. Ecco il suo contributo.

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