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Suona il corno delle Alpi. Svizzero? No, italiano

Pietro Germano, a destra, e il suo maestro Urs Patscheider a Lucerna swissinfo.ch

È lo strumento svizzero per eccellenza, lo suona anche qualche austriaco, ma gli italiani sono mosche bianche. Eppure alla Festa federale di jodel c'era anche uno di loro, Pietro Germano.

A Lucerna, per la Festa federale di jodel, è arrivata gente da tutto il mondo: Auckland, Sydney, Calgary, New Glaris… Ma nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di svizzeri all’estero che non hanno abbandonato la tradizione della musica popolare alpina.

Di stranieri a questa festa che si tiene ogni tre anni ce ne sono veramente pochi. Può esibirsi solo chi è membro dell’Associazione svizzera di jodel e per diventarlo è necessario avere il passaporto elvetico.

In nome della musica che affratella, non mancano però i permessi speciali. Non sembrano esserci problemi, poi, per chi si esibisce in gruppi misti, dove la nazionalità svizzera è rappresentata.

È il caso di Pietro Germano, docente di economia aziendale trentino, che a fine giugno ha partecipato «con orgoglio» alla sua seconda Jodlerfest.

Dalla solitudine della provincia di Trento alla festa

Per Germano, la Festa federale di jodel rappresenta l’occasione di condividere la sua passione con altre persone. «In provincia di Trento, sono l’unico suonatore di corno delle Alpi. Questo rende le cose un po’ più difficili, perché mi devo esercitare da solo».

La passione – «è stata una cosa che mi ha travolto, ma non so come sia nata» – ripaga l’esperto di economia aziendale della solitudine in cui suona scale e pezzi sempre più difficili. «Per fortuna ho il mio maestro, Urs Patscheider. Ci vediamo due o tre volte l’anno oppure lo chiamo e gli chiedo dei consigli per telefono».

Urs Patscheider, lunga barba e volto antico da contadino svizzero, abita a Kriens, nel canton Lucerna. Germano l’ha trovato grazie al consolato svizzero di Milano. «Volevo assolutamente imparare a suonare il corno delle Alpi. Così ho detto a mia moglie, che è svizzera, di chiedere al consolato se ci fossero dei corsi e loro, gentilmente mi hanno fatto avere tre o quattro nomi di maestri». Dopo aver scritto a ciascuno di loro e aver letto la loro risposta, Germano non ha avuto dubbi: «Ho capito subito che avrei scelto lui. Ho visto la foto e ho detto: questo sarà il mio maestro. È andata benissimo, tant’è vero che adesso suono con lui».

Esportare il corno

Pietro Germano è convinto che il corno delle Alpi abbia un futuro anche al di fuori dei confini svizzeri. «Spero di riuscire a trasmettere questa mia passione ad altre persone. Magari un giorno il corno delle Alpi prenderà piede anche in Trentino. Quando mi sentono suonare dicono tutti: che bello strumento, che bel suono, sembra fatto apposta per la montagna».

La montagna potrebbe essere il punto d’incontro tra la tradizione svizzera e quella trentina. «Da noi sono molto diffusi i cori di montagna», commenta Germano. «Il corno delle Alpi potrebbe inserirsi bene nella nostra tradizione musicale».

Agli aspiranti suonatori di corno delle Alpi va detto che lo strumento richiede una certa applicazione. «Per me è diventato una specie di secondo lavoro. Per riuscire a suonare devi allenarti tutti i giorni e quindi non è solo un hobby meraviglioso, ma anche qualcosa che t’impegna».

Inoltre, se non c’è un maestro nelle vicinanze, non è un passatempo adatto a chi è a secco di conoscenze musicali. «Io sono riuscito ad organizzarmi da solo perché almeno le note le conosco. Ho avuto la fortuna di fare quattro anni di pianoforte al conservatorio. Il mio maestro mi fornisce le musiche, me le fa sentire una volta e poi io riesco a studiarmele da solo. Certo», conclude Pietro Germano, «alla fine la cosa fondamentale è l’interpretazione e per quella i suggerimenti di un esperto sono indispensabili».

swissinfo, Alexander Künzle, Doris Lucini

Alla 27esima Festa federale di jodel hanno partecipato 12mila fra jodler, suonatori di corno delle Alpi e sbandieratori. Un record.

La festa si è tenuta a Lucerna dal 26 al 29 giugno. Gli spettatori sono stati più di 300’000.

Il budget di 5,7 milioni di franchi è stato coperto da sponsor privati e contributi pubblici.

Nati per comunicare tra un alpeggio e l’altro, i corni delle Alpi erano diffusi su tutto l’arco alpino, ma all’inizio del XIX secolo erano quasi scomparsi.

Grazie all’iniziativa di un sindaco di Berna, tra il 1820 e il 1830, la tradizione fu rilanciata.

Nel 1827, il musicologo Joseph Fétis, lo definì “strumento nazionale svizzero” e il corno diventò uno dei simboli della Confederazione (anche se utilizzato da altre civiltà alpine).

Il corno delle Alpi è un tubo di abete o larice privo di fori. Per questo dispone di una gamma ristretta di suoni, chiamati armonici. La tonalità dello strumento è data dalla lunghezza del corno, più è lungo, più il suono è grave. Il più diffuso è quello in SOL bemolle, lungo 340 cm.

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