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Sulle tracce storiche degli svizzeri dell’estero

New Bern, North Carolina. newbern.com

L'emigrazione svizzera nell'800 è stata ampiamente studiata dalla storiografia. Meno note sono le vicende degli svizzeri dell'estero nel '900.

Un numero monografico di «Studi e Fonti», rivista dell’Archivio federale, cerca ora di colmare la lacuna.

Tra il 1850 e il 1914, più di 400’000 persone lasciarono la Confederazione alla volta di mete europee e oltre oceano (in particolare gli Stati Uniti), costituendo forti colonie elvetiche nei paesi d’arrivo. Un fenomeno ben noto e ripetutamente indagato dagli storici.

È rimasta invece finora una «terra incognita» – come scrive il direttore dell’Archivio federale svizzero Christoph Graf – la storia degli emigranti e dei loro discendenti nel XX secolo, della loro integrazione nella nuova realtà dei paesi d’immigrazione, ma anche dei loro forti legami politici, affettivi e ideali con la madre patria. La storia, appunto, degli svizzeri dell’estero.

La terra incognita

La rivista «Studi e Fonti» ne tenta ora una prima esplorazione, con un occhio rivolto agli aspetti politici ed ideologici della questione ed un altro alla concreta esperienza di vita degli svizzeri in vari paesi del mondo.

Come nota fin dall’introduzione del volume monografico il redattore della rivista Gérald Arlettaz, i termini ’emigrante’ e ‘svizzero dell’estero’ indicano due condizioni diverse, separate dal tempo e dallo status sociale.

«Al contrario di chi è partito (…) alla volta di un vago futuro, lo svizzero dell’estero ha tutte le qualità per mettere radici, per farsi portatore di valori materiali e spirituali», scrive Arlettaz.

Lo svizzero dell’estero, prosegue, «è avvolto fra le pieghe di una doppia bandiera». Il suo ruolo è perciò quello di operare una sintesi tra due società nazionali, «contribuendo il meglio possibile al prestigio d entrambe».

Contro la perdita dei valori elvetici

Interessante per mettere in luce il contenuto ideale del concetto di ‘svizzero dell’estero’ è l’operato della Nuova Società Elvetica (NSE), sorta nel 1914 e attiva nella definizione di un nuovo rapporto tra Svizzera ed emigranti.

Arlettaz legge la vicenda della NSE nel contesto della crisi del liberalismo ottocentesco, restio ad occuparsi dei cittadini svizzeri residenti all’estero, e del sorgere della cosidetta «avanguardia reazionaria» (il termine è dello storico Hans Ulrich Jost), cioè della risposta elvetica al crescente nazionalismo europeo.

La NSE s’impegnò da subito per evitare la completa assimilazione degli emigrati nei paesi di arrivo e la perdita dei legami con la madrepatria, aprendo sue sezioni all’estero – nel 1925 erano già 155 – e istituendo nel 1919 il Segretariato degli svizzeri dell’estero.

Svizzeri dell’estero e identità nazionale

Nella sua azione la NSE, mentre sosteneva gli svizzeri dell’estero – definiti in base al loro desiderio di mantenere vivo il loro patriottismo – si scagliava contro l’emigrazione e l’immigrazione. «Lo svizzero che abbandona il suo paese rappresenta un pericolo, perché comporta l’arrivo di tre stranieri, difficilissimi da integrare», scriveva l’associazione in uno dei suoi comunicati stampa nel 1915.

A differenza degli emigranti, gli svizzeri dell’estero erano considerati una risorsa, utile a difendere gli interessi nazionali nel mondo e a dare una nuova dimensione all’identità nazionale. È in questo contesto che nacque il termine di «Quarta Svizzera», divenuta «Quinta Svizzera» nel 1938 dopo il riconoscimento del romancio come lingua nazionale.

Svizzeri dell’estero e politica estera svizzera

I rapporti tra Svizzera e svizzeri dell’estero sono tuttavia ben più complessi di un semplice costrutto ideologico. Come emerge dalla ricostruzione di Antoine Fleury, direttore scientifico dei «Documenti diplomatici svizzeri», la presenza di cittadini svizzeri in vari stati europei e nel continente americano ebbe un ruolo importante nello sviluppo della rete consolare e diplomatica svizzera.

Dopo il 1914, la diplomazia svizzera fu chiamata più volte a tutelare gli interessi dei suoi concittadini. Particolarmente difficili si dimostrarono i problemi del rimpatrio di cittadini elvetici durante e immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale e del risarcimento dei danni provocati dal conflitto (saggi di Eric Flury-Dasen e di Sabine Hoffmann).

Il caso Unione sovietica

Caso particolare è quello dell’Unione sovietica, abbandonata entro il 1922 da 6000 residenti elvetici, ma confrontata anche con l’immigrazione di alcune centinaia di svizzeri decisi a dare il loro contributo al consolidamento della «patria del socialismo» e caratterizzata dal ruolo ufficioso di consolato svizzero della sede del Comitato internazionale della Croce rossa a Mosca (Jean François Fayet e Peter Huber).

Dopo il 1945, come emerge dal saggio di Walter Thurnheer e Patricia Messerli, la politica della Svizzera nei confronti degli svizzeri dell’estero subì una notevole evoluzione, simboleggiata dall’introduzione nella Costituzione di un articolo a loro dedicato, e dall’accresciuto impegno di tutti i dipartimenti federali.

Storie di integrazione e d’identità

La seconda parte del volume lascia spazio invece alle vicende specifiche degli svizzeri in alcune regioni del mondo. Così Mauro Cerutti ricostruisce la storia degli svizzeri nell’Italia fascista e Stéphanie Leu studia le modalità d’integrazione di casari, agricoltori e artigiani svizzeri nel dipartimento francese della Haute-Marne.

Alla presenza svizzera nella regione argentina di Misiones è dedicato un saggio di Lukas Schneider, mentre Giorgio Cheda racconta attraverso la loro corrispondenza la storia degli emigrati ticinesi in California. Reneé Lenzin e Marc Perrenoud si occupano infine della presenza svizzera in Africa, nel contesto della colonizzazione e della decolonizzazione.

swissinfo, Andrea Tognina

Il volume « Die Auslandschweizer im 20. Jahrhundert – Les Suisses de l’étranger au XXème siècle», Studi e Fonti 28 (2002) può essere acquistato nelle librerie o ordinato presso l’Archivio federale svizzero di Berna.

Svizzeri residenti all’estero nel 1938: 430’000
Nel 1950: 250’000
Nel 2000: 600’000

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