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Il modello svizzero per le leggi britanniche

La questione del suicidio assistito, eseguito generalmente con potenti sonniferi, viene dibattutta in un numero sempre maggiore di paesi europei Keystone

Inghilterra e Galles, da un lato, e la Scozia, dall’altro, sono alle prese con due diversi disegni di legge per legalizzare il suicidio assistito. Nel dibattito politico e sociale si guarda alla Svizzera, dove 244 britannici, tra il 1998 e il 2013, si sono recati in cliniche speciali per morire.

La questione del suicidio assistito, eseguito generalmente con potenti sonniferi, viene dibattutta in un numero sempre maggiore di paesi europei Keystone

Tra pochi mesi, dopo il Discorso della Regina con cui il 3 giugno si aprirà il nuovo anno parlamentare nel Regno Unito, sia Inghilterra e Galles sia la Scozia potrebbero legalizzare il suicidio assistito. A Londra e a Edimburgo sono pronti per essere dibattuti due diversi disegni di legge, segnale di quanto questo tema di bioetica sia diventato prioritario anche per la politica.

“Abbiamo un problema evidente”, dichiara a swissinfo.ch James Harris, direttore di campagne e comunicazioni dell’associazione Dignity in Dying. “Molti malati in fase terminale sono costretti a finire la loro vita da soli e senza sostegno oppure a far affidamento sull’assistenza illegale di una persona cara o di un medico. Sono persone che vogliono controllare la loro morte quando questa è imminente e il dolore insopportabile”.

La ‘Falconer Commission’ per Inghilterra e Galles

Da qui la richiesta, sociale e politica, di adottare una nuova regolamentazione. Finora il testo di riferimento è il Suicide Act del 1961, che punisce fino a 14 anni di carcere qualsiasi aiuto volto a far togliere la vita a una persona. Nel novembre 2010 è stata istituita la Commission on Assisted Dying, ribattezzata ‘Falconer Commission’, perché preseduta da Lord Charles Falconer, laburista, ex segretario di Stato alla Giustizia. Il 5 gennaio 2012 è arrivato l’ultimo rapporto della commissione, composta di giuristi, medici, psicologici, in cui si invita l’esecutivo a legiferare in materia.

“Lord Falconer ha presentato un disegno di legge, che verrà probabilmente dibattuta dal parlamento tra giugno e luglio, prima della pausa estiva”, indica Harris. “Forse tra pochi mesi Inghilterra e Galles avranno una legge sul suicidio assistito”.

È questa una puntualizzazione da tenere ben presente. Nel Regno Unito, per effetto della devolution degli Anni ’90 voluta da Tony Blair, le quattro ‘nazioni’ hanno proprie leggi (escluse quelle di politica estera, difesa, monetaria-fiscale e dei rapporti con la UE). Se dovesse essere approvata, la Falconer Bill, il testo proposto da Lord Falconer, depenalizzerà il suicidio assistito soltanto in Inghilterra e Galles.

Il Codice penale svizzero stabilisce che l’istigazione al suicidio e il suicidio assistito sono illegali se avvengono per motivi egoistici (articolo 115). In base a ciò, non è quindi penalmente perseguibile colui che aiuta passivamente una persona a togliersi la vita e non lo fa per motivi egoistici.

La prima legge al mondo sul suicidio assistito fu quella del 1995 del Territorio del Nord (uno degli stati che compongo l’Australia). Nel 1997, però, una legge del Parlamento federale di Canberra la abolì.

In Europa si sono dotati di specifiche leggi sul suicidio assistito Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Negli Stati Uniti è legale dal 1997 in Oregon, e a seguire in Vermont, Montana e nello Stato di Washington.

Secondo gli osservatori il prossimo paese dovrebbe essere il Canada, dove le pressioni più forti per legalizzare il suicidio assistito giungono dagli stati del Québec, della British Columbia e dell’Ontario. Il Parlamento federale di Ottawa ha però già bocciato tre disegni di legge, volti a depenalizzazione dall’accusa di omicidio i medici che aiutano i pazienti a togliersi la vita.

Il modello svizzero

La proposta di legge inglese è la risposta per fermare il cosiddetto ‘turismo della morte’, in aumento costante tra la popolazione britannica. Sempre più persone si recano in Svizzera per togliersi la vita. E questo, per i sostenitori del suicidio assistito, deve finire: se una persona intende porre termine alla propria vita deve farlo nel proprio paese. Per fermare il turismo della morte in Svizzera serve una legge in Inghilterra, questa la tesi dei sostenitori del testo sul suicidio assistito.

Il fenomeno dei viaggi della morte in Svizzera è in continua crescita e questo ha provocato dure polemiche Oltremanica: dal 1998 al 2013 sono 244 i britannici che si sono recati nelle cliniche di Dignitas per morire, il maggior numero dopo quelli provenienti dalla Germania.

Ogni volta che diventa pubblica la storia di chi si è recato in Svizzera per suicidarsi il dibattito si riaccende e si invoca la legge. Nel 2011 la BBC mandò in onda il documentario ‘Choosing to Die’, in cui veniva ripreso il suicidio assistito di un cittadino britannico, Peter Smedley, all’interno di una clinica Dignitas in Svizzera. La messa in onda ha scatenato da un lato l’ondata di proteste delle associazioni pro-life, mentre dall’altro la richiesta di una legge per fermare i viaggi della morte in Svizzera.

Lo stesso vale per gli due ultimi casi. Uno è quello di una ex assistente sociale, Ann Hall, che a febbraio è andata in una di queste strutture: affetta da paralisi sovranucleare progressiva, ha preso la dose letale di farmaci premendo un pulsante. Ma polemiche ancora più accese le ha scatenate, all’inizio di aprile, la notizia di una insegnante di arte in pensione, identificata come Anne, che sempre in una clinica Dignitas si è tolta la vita perché frustrata dai tempi moderni.

L’esempio dell’Oregon

La Svizzera viene citata da un lato per la lunga tradizione in materia, con il suicidio assistito praticato sin dagli anni Quaranta, e dall’altro per quello che succede dopo. La persona che ne accompagna un’altra nella Confederazione elvetica, sapendo cosa sta succedendo, al ritorno può essere accusata dalle autorità britanniche di istigazione al suicidio, illegale e penalmente perseguibile.

“Quando ci contattano noi non forniamo alcuna indicazione, né sulla legge elvetica né sulle città dove si trovano le strutture. Quanto ai modelli, la Falconer Bill non prevede l’assistenza medica diretta, come nei Paesi Bassi e in Belgio – spiega nel dettaglio Harris – ma fa sì che sia il malato a somministrarsi, tassativamente da solo, i farmici. Su questo aspetto è simile alla legge svizzera. Rispetto a essa, però, si differenzia perché la Falconer Bill consente il suicidio assistito ai soli malati terminali. Ad oggi, il modello a cui ci ispiriamo è quello dell’Oregon”.

In base alle statistiche Dignitas, in quindici anni (dal 1998 al 2013), complessivamente 1701 persone si sono recate nelle loro strutture per sottoporsi al suicidio assistito.

I più numerosi sono i tedeschi, con 840 decessi, seguiti da britannici (244), francesi (159), svizzeri (150), italiani (69) e statunitensi (44).

Il primo cittadino britannico a ricorrere al suicidio assistito presso una clinica Dignitas fu, nell’ottobre 2002, un uomo, di cui non è stato diffuso il nome. Il primo di cui si è conosciuta l’identità fu Reg Crew, morto nel gennaio 2003.

Dalle statistiche emerge come in queste strutture svizzere arrivino persone da tutto il mondo: Canada (25), Israele (19), Australia (18), Sudafrica (4), ma anche da Uruguay, Libano, India. 

Tra le restrizioni previste dalla Falconer Bill, infatti, c’è quello di un’aspettativa di vita non superiore a sei mesi, mentre la legge ‘ispiratrice’ è quella che negli Stati Uniti ha introdotto l’Oregon, il primo Stato dell’Unione a legalizzare il suicidio assistito nel 1997.

In Scozia, invece, il suicidio assistito potrebbe interessare un maggior numero di persone, perché la legge proposta fissa paletti meno restrittivi, per esempio consentendolo dai 16 anni in su (contro i 18 anni della Falconer Bill). A novembre, per la seconda volta, Margo MacDonald, indipendente, ha presentato il suo testo al Parlamento di Edimburgo. La parlamentare scozzese, malata di Parkinson, è morta il 4 aprile e il disegno di legge sarà portato avanti da Patrick Harvie, leader dei Verdi. “Legalizza il suicidio assistito – conclude James Harris – sia per i malati terminali sia per le persone con limitate condizioni di vita”.

Opposizione dei “pro-life”

Se è vero che sia il testo di Lord Falconer sia quello di Margo MacDonald fissano, seppure in maniera diversa, dei limiti al suicidio assistito, questi non sono sufficienti per il movimento pro-life, perché la loro posizione è quella di non legalizzarlo affatto. Nonostante i sondaggi diano la popolazione britannica a favore della legge, il fronte che vi si oppone è bipartisan, sia religioso sia laico e pronto a far sentire le proprie ragioni.

“Noi non vogliamo alcuna modifica dell’attuale sistema legislativo – racconta a swissinfo.ch il dottor Peter Saunders, presidente dell’associazione Care Not Killing – perché questo sarebbe pericoloso per le persone più deboli e bisognose di aiuto, come i disabili o chi soffre di depressione”. Il movimento pro-life insiste sul fatto che una legge destinata ai malati terminali inevitabilmente viene estesa, per un vuoto legislativo, anche a più ampie categorie di persone.

“Pensi a cosa è accaduto in Belgio – prosegue Saunders – dove adesso l’eutanasia può essere praticata anche sui bambini. La nostra associazione, a cui aderiscono oltre quaranta sigle in tutto il Regno Unito, chiede che si fermi questa tendenza e che invece si fornisca maggiore assistenza medica e psicologica, maggiori cure palliative”. Nei prossimi mesi il fronte anti-eutanasia si mobiliterà contro l’approvazione dei due testi con campagne condotte anche oltre i confini britannici, attraverso la Euthanasia Prevention Coalition Europe.

Ma se i numeri nei rispettivi parlamenti dovessero esserci, il suicidio assistito sarà regolato Oltremanica da due leggi. “Noi non chiediamo una legge restrittiva – conclude il dottor Peter Saunders – noi chiediamo che non ci sia mai una legge che tuteli una persona quando aiuta un’altra a uccidersi”.

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