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Subì abusi 50 anni fa, i giudici turgoviesi accolgono il ricorso

Il monastero di Fischingen.
Il monastero di Fischingen che ospitava l'istituto educativo nel quale si sono verificati gli abusi riconosciuti dai giudici. Keystone / Walter Bieri

Una sentenza del Tribunale cantonale turgoviese su ripetuti abusi sessuali avvenuti in un istituto religioso sta innovando il regime della prescrizione in Svizzera.  

La vicenda, piuttosto articolata in ambito giudiziario, prende le mosse dalla denuncia di un 65enne che ha dovuto subire le attenzioni illecite di un prete cattolico durante il suo soggiorno dal 1962 al 1972 nell’istituto St. Iddazell del monastero di Fischingen. L’uomo ha preso coscienza solo nel 2010, a oltre quarant’anni dai fatti, delle violenze patite e tre anni dopo ha fatto richiesta di risarcimento in base alla legge sull’assistenza alle vittime di abusi.

La corte cantonale d’appello, contraddicendo il verdetto del tribunale distrettuale di Münchwilen, ha stabilito che i reati in questione non sono caduti in prescrizione e ha ordinato agli stessi giudici di primo grado di valutare la fondatezza delle pretese risarcitorie avanzate dall’attore.

Al monastero responsabile della scuola St. Iddazell la vittima chiede un importo di 150’000 franchi a titolo di risarcimento e 70’000 franchi per danni morali mentre alle autorità cantonali un indennizzo di 1,38 milioni di franchi.

Ma mentre il legale dell’attore parla di sentenza storica che fa scuola, diversi giuristi hanno evidenziato come la decisione della corte cantonale vada presa con molta prudenza. Si può però supporre che ora anche altri tribunali possano interpretare in modo estensivo le norme sull’assistenza delle vittime e sulla prescrizione.

Riguardo a questi fatti c’è da aggiungere che nel novembre del 2012 il monastero turgoviese aveva assegnato ad una società esterna l’incarico di far luce sulle accuse di abusi sessuali avanzate nei confronti di un frate ed ex insegnante del brefotrofio St. Iddazell, chiuso nel 1976.

Il rapporto, consegnato due anni dopo, ha confermato che le punizioni e la violenza fisica nei confronti dei convittori dell’istituto di educazione, in passato uno dei più grandi della Svizzera, erano all’ordine del giorno. I ragazzi sono stati picchiati con cinture e bastoni, costretti a stare inginocchiati per ore o puniti con la rasatura a zero, la negazione dei pasti e la reclusione al buio.

Non vi sono inoltre dubbi, indica sempre la perizia, che si siano anche verificati abusi sessuali da parte di maestri, frati, suore, giardinieri e un direttore. Uno scenario poco edificante che ribadisce come queste pratiche fossero generalizzate all’interno della struttura che era stata creata a tutela di bambini e adolescenti meno fortunati.



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