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Storie di badanti, migranti e clandestini

Mare Nero: tra la badante rumena Angela e e Gemma, l'anziana italiana, si tesse con il tempo un rapporto di amicizia

Sullo sfondo di un clima ostile e conflittuale verso i rumeni e, in generale, i migranti, il Festival di Locarno propone due film: "Mar Nero", di Federico Bondi, e "Sognavo le nuvole colorate" di Mario Balsamo.

“Incontrare per la strada o ai giardini pubblici una giovane donna romena sotto braccio ad un anziano, non ha niente di ‘esotico’: è l’icona dell’Europa che cambia”. Iniziano con queste parole le note di produzione che accompagnano la presentazione del film “Mar Nero”, unica pellicola italiana del Concorso internazionale diretta da Federico Bondi.

La società del Vecchio continente, Svizzera compresa, contrassegnata dall’inesorabile invecchiamento demografico, non può più fare a meno dei migranti, delle badanti, delle “colf”, delle donne straniere chiamate spesso ad assolvere compiti di assistenza domiciliare e familiare.

Chi sono queste donne? E quante storie portano con sé? E come vivono quando sono costrette nella clandestinità o quando si trovano in situazioni irregolari?

Lontane dalle loro case, dai legami familiari e culturali, lavorano nelle case degli altri, nelle famiglie degli altri. A volte restano invisibili, anonime, braccia da lavoro senz’anima. A volte invece l’incontro con il “diverso”, può trasformarsi in una relazione di rispetto.

O di amicizia, come nei due film “Mar Nero” e “Sognavo le nuvole colorate”, dove il protagonista è un bambino albanese giunto in Italia all’età di nove anni. Il film, come fa notare Mario Balsamo, si inserisce nell’attuale dibattito sull’accoglienza dell’altro, dello straniero, del clandestino. Un dibattito che arroventa l’Italia, ma che concerne tutti, Svizzera compresa.

Una vicenda autobiografica

“Mar nero” è una vicenda autobiografica, come spiega lo stesso regista, Federico Bondi: “Gemma la protagonista anziana era mia nonna, e Angela la sua badante. L’anima e i personaggi di questa storia li devo a loro. Ci sono i loro caratteri, le loro emozioni, le loro tensioni. Tutto il loro rapporto”.

Un rapporto nato inizialmente da una convivenza forzata – che significa anche condivisione degli spazi con persone che non si conoscono – ma trasformatosi con il tempo in una relazione di amicizia. “Mia nonna – racconta il cineasta – era una donna dura, per certi aspetti insopportabile e cinica, ma anche una donna piena d’affetto da dare e da ricevere. Nel corso degli anni in cui ho frequentato la casa di mia nonna ho avuto la fortuna di assistere a questa trasformazione. Non avevo mai visto mia nonna così felice”.

La complicità creatasi tra le due donne, di mondi e generazioni diverse, non solo ha potuto cucire le cesure legate alla diversità culturale, ma ha permesso che il filo del discorso si svolgesse con facilità, senza nodi. Le storie, le confidenze, le risate, lo scambio hanno pazientemente tessuto la trama di una narrazione autentica, spontanea, senza mediazione.

L’accoglienza dell’altro

Oggi la nonna di Federico Bondi non c’è più e Angela lavora presso un’altra anziana. Ma resta “Mar Nero”, una testimonianza che ha il merito di squarciare il velo del pregiudizio, di denunciare le facili e pericolose scorciatoie che associano gli stranieri ai problemi. “Vedere la nostra società con gli occhi di chi vi sopravvive ai margini, come gli anziani e gli stranieri – commenta il regista – smuove degli interrogativi, insinua dubbi, ci mette in una posizione scomoda”.

In un’Italia dove l’ostilità contro i rumeni ha assunto proporzioni esasperate, con il varo di un pacchetto di misure considerate ampiamente discriminatorie (schedature, impronte digitali, istituzione del reato di immigrazione clandestina, militarizzazione di porzioni di territorio), il film contribuisce a restituire una dimensione umana, sempre più sfibrata dal peso logorante di quella che viene considerata un’emergenza migratoria.

Un tema sensibile anche in Svizzera, evidenziato dal dibattito suscitato dall’estensione degli accordi bilaterali a Romania e Bulgaria. Considerato essenziale dall’economia svizzera, l’allargamento ai due paesi dell’est è però osteggiato da forze politiche (come la Lega dei Ticinesi) che vedono un pericolo per il mercato del lavoro.

Le ferite aperte della storia

Le ferite aperte della storia che hanno segnato l’Europa, anche recentemente, vengono rievocate in alcuni film dell’eccellente sezione “Ici et Ailleurs”. La disgregazione dell’impero sovietico ha ridisegnato i rapporti con l’Est avviando un processo di emigrazione spesso legato a condizioni di estrema povertà. E le lacerazioni della guerra nei Balcani sono ben lontane dall’essere ricucite.

Il documentario di tre ore “Rata nece biti – Non ci sarà la guerra” di Daniele Gaglianone, indaga infatti su una ferita ancora aperta. Il documentario è stato girato dall’ottobre scorso a marzo in Bosnia, tra Srebrenica – dove il tempo sembra essersi fermato ai giorni del massacro – al fiume Drina; da Tuzla – dove si ricompongono i resti delle fosse comuni e si cerca di attribuire loro un nome – fino a Sarajevo. Un film di bruciante attualità, a poche settimane dalla cattura dell’ex leader dei serbi di Bosnia Radovan Karadzic, accusato di genocidio.

Il documentario di Mario Balsamo “Sognavo le nuvole colorate”, infine, è il racconto di una storia di immigrazione e di amicizia, tra Alessandro, regista teatrale di Lecce, e Edison, un giovane albanese, arrivato in Italia quando aveva nove anni, senza genitori, a bordo di un gommone, in un “viaggio della speranza”.

Quel viaggio della speranza che spesso si infrange sulle coste del Mediterraneo, trasformandone i fondali in un gigantesco cimitero, o che si ferma poco più in là della rete che separa l’Italia dalla Svizzera.

swissinfo, Françoise Gehring, Locarno

Una vicenda al femminile che ha come sfondo Firenze. Gemma è un’anziana da poco rimasta vedova. Angela, la badante, è una giovane rumena da qualche mese in Italia. Entrambe, sole, si cercano inconsapevolmente, e giorno dopo giorno si schiudono l’un l’altra, fino a quando non irrompe, violento, un tragico imprevisto: il marito di Angela, rimasto in Romania, sparisce misteriosamente.

Gemma, con l’egoismo tipico della vecchiaia, non vuole rinunciare a lei e ritrovarsi di nuovo sola. Gemma, però, è anche una donna dal cuore grande e Angela ha saputo risvegliare in lei la voglia di vivere le ultime emozioni che la vita le può riservare. Accade così l’imprevedibile: non sarà Angela a restare ma Gemma a partire con lei ed iniziare un’avventura on the road, anche se fuori tempo massimo, che porterà le due donne in Romania, ognuna alla ricerca della propria nuova strada.

Il film “Sognavo le nuovole colorate” s’incentra su una storia di forte attualità, connotata da una prospettiva inusuale. Edison è un bambino albanese che emigra in Italia a soli nove anni, senza i genitori, in un viaggio della speranza.

È in cerca di un’esistenza possibile, ma non si sente una vittima, piuttosto il protagonista di un’avventura, a caccia di nuvole colorate. Una sfida al mondo e a se stesso, giocata tra le mille facce di chi recita un ruolo o forse di chi vuole solo smarcare la sua infanzia senza respiro.

È anche la storia di un’amicizia che cambia la vita, in cui il fattore umano diventa risolutivo e attribuisce alla vicenda uno sviluppo inedito: un rovesciamento dei fronti.

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