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Come le donne si conquistarono una fetta di tempo libero

Donna semisdraiata fa bagni di sole
Akg-images

Il tempo libero come lo conosciamo oggi non è sempre stato un fatto scontato. In particolare, non per le donne fino alla prima metà del XX secolo.

In Svizzera, nel 1877, con la  legge federale sulle fabbriche, fu introdotta la giornata lavorativa di 11 ore. Quando il lavoro in fabbrica era finito, gli uomini avevano tempo liberoCollegamento esterno, che veniva chiamato “tempo residuo”, mentre le donne rientravano a casa per occuparsi delle faccende domestiche e accudire i figli. Le donne dovettero lottare duramente per ottenere un po’ di tempo libero.

Fu l’attrattiva dei grandi magazzini, aperti in Svizzera alla fine del XIX secolo, che permise di trasformare il dovere in piacere: Le donne potevano fare acquisti al di fuori del loro quartiere e quindi sfuggire per un momento al controllo sociale.

vecchia cartolina su cui si vede il primo grande magazzino di Zurigo e della Svizzera.
Josef Weber, figlio di un ricco commerciante, aprì nel 1892 sulla Papierwerdinsel di Zurigo il «J. Weber’s Bazar », il primo grande magazzino della Svizzera. Magazine zum Globus
Durch Bewegungsunschärfe verzerrte Frauen beim Einkaufen
Reparto alimentari dei grandi magazzini Globus a Zurigo, attorno al 1912. Le donne che facevano la spesa potevano guardare tutto: i prezzi erano fissi, non c’era alcun obbligo di acquisto. In questa nuova forma di shopping si percepiva un tocco glamour. Magazine zum Globus

Dall’igiene allo sport, fino al piacere

I primi spazi aperti femminili furono offerti anche da stabilimenti balneari pubblici, costruiti all’inizio del XIX secolo per rispondere alla crescente consapevolezza dell’igiene. Tuttavia, solo nel 1837 il divieto di fare il bagno per le donne fu revocato a Zurigo e fu costruito uno stabilimento balneare per sole donne, il “Badhaus für Frauenzimmer”.

donne in posa per una fotografia in una piscina.
La piscina femminile Belvoir di Zurigo in una foto non datata. Le donne sono sedute sul tramezzo tra la vasca delle non nuotatrici e quella delle nuotatrici. Fino al 1900 furono costruite in tutta la Svizzera piscine con vasche in legno, dove vigeva una rigorosa separazione fra donne e uomini. Baugeschichtliches Archiv
Donne che si immergono in un lago.
Negli anni ’20 il nuoto fu considerato uno sport particolarmente adatto alle donne: si diceva che sviluppava una bella e fine muscolatura in armonia con la femminilità. Le ragazze ebbero diritto a lezioni di nuoto dal 1925, ossia cento anni dopo i ragazzi. Schweizerisches Sozialarchiv
due donne in costume da bagno sdraiate al sole in un prato.
I lidi hanno gradualmente sostituito le vecchie piscine di legno. Negli anni ’30, le donne potevano godersi il sole in riva al lago. Keystone / Walter Studer

Cinema, ballo, caffè

Spesso furono artiste, intellettuali e donne coraggiose a spianare la strada a più diritti e libertà. Avevano studiato a Parigi, Londra o New York e al loro ritorno volevano promuovere scambi e cultura in Svizzera. Volevano determinare autonomamente la forma della loro vita sociale.

Due esempi sono la pittrice e scultrice Anna Indermaur, prima direttrice di un cinematografo in Svizzera, e la ballerina autodidatta Trudi Schoop, che aprì la propria scuola di danza nel 1921 all’età di 18 anni.

Anna Indermaur
Anna Indermaur nel 1935 aprì il primo cinema in studio della Svizzera, il «Nord-Süd». “Un atto culturale che scosse le fondamenta dell’industria cinematografica di Zurigo, che fino ad allora aveva un carattere patriarcale”, scrisse la NZZ nel 1980 in un necrologio dedicato alla Indermaur. Theo Frey / Fotostiftung Schweiz
edificio cinematografico visto dall esterno.
Anna Indermaur fu ostacolata: i rinomati proprietari di cinema non tolleravano la concorrenza femminile. I distributori cinematografici si accordarono con loro e boicottarono il “Nord-Sud”. Anna Indermaur dovette ripiegare sul mercato nero per tutti i film che voleva mostrare. Dopo un’instancabile battaglia legale combattuta da suo fratello, il “Nord-Süd” fu finalmente ammesso all’Associazione Lichtspiel. Baugeschichtliches Archiv / Forter E.
donne e uomini seduti in una sala cinematografica.
Andare al cinema era considerato un pericolo morale per le madri. Veniva consigliato loro di fare una passeggiata o fare acquisti all’aria aperta, invece di andare al cinema Ma questo era molto apprezzato dalle donne perché offriva un’intimità e allo stesso tempo era uno spazio pubblico, ispirava sogni e permetteva baci segreti. Akg-images / Weegee
tre donne sedute a due tavolini di un caffè.
Anche il caffè “Select” beneficiò della vicinanza al cinematografo. Ben presto divenne il caffè preferito della scena artistica e culturale femminile di Zurigo. Fotostiftung Schweiz / Anita Niesz

Negli anni ’20, non solo la creatività, ma anche il corpo voleva liberarsi dai vincoli. Furono infranti i tabù sessuali e le rigide convenzioni . Per le donne, ciò significava non più dipendere dal partner per uscire di casa e partecipare ad attività di svago. Questa rivoluzione si rifletteva anche nella danza, che aveva ormai spezzato le catene della danza di coppia.

Le creazioni di danza e le pantomime di Trudi Schoop erano a volte percepite dal pubblico come numeri comici, ed è per questo che fu soprannominata la Charlie Chaplin al femminile. Nel 1931 fondò la sua seconda “Scuola di danza artistica” per realizzare le proprie concezioni di bellezza e di profonda serietà della danza espressiva moderna. Anche lei dovette lottare contro i concetti morali dominanti e dopo cinque anni dovette rinunciare al suo locale di danza in una chiesa di Zurigo. Emigrò negli Stati Uniti e divenne una pioniera della danzaterapia.

Una donna appoggiata su una valigia su un tavolo.
La grande svolta di Trudi Schoop giunse nei primi anni Trenta, con la creazione del suo personaggio “Fridolin” e il tentativo di portare in scena un atto senza parole, improntato all’espressione del movimento. Robert Walser Stiftung / Carl Seelig
una donna effettua una danza grottesca su un prato.
Danza espressiva grottesca, intorno al 1927. Martin Imboden / Fotostiftung Schweiz
donne che ballano il Charleston.
Giovani donne mostrano come si balla il Charleston, intorno al 1926. Getty images

Sulla scia dell’urbanizzazione, si sviluppò un’industria di distribuzione di attività per il tempo libero, ora disponibile. Uno sviluppo che si intensificò con l’introduzione della settimana lavorativa di 48 ore nel 1919. Divertimento e intrattenimento erano offerti al circo, all’opera, nei teatri e, a partire dalla metà degli anni ’20, alla radio.

Parallelamente vennero create diverse organizzazioni giovanili e femminili per contrastare il temuto declino degli standard morali. Offrivano attività di svago controllate e, a loro avviso, “sensate”, che, a seconda dell’orientamento politico o religioso, dovevano formare i giovani. 

sei ragazze in cerchio su un prato fanno esercizi ginnici.
Ragazze della sezione di San Gallo della Wandervögel (Federazione svizzera per giovani escursionisti astinenti), 1921. Questo movimento giovanile cercava la libertà nella natura, tramite attività quali giochi nei boschi, danze sui prati ed escursioni in montagna. Schweizerisches Sozialarchiv
donne che fanno canottaggio su un lago.
Nel 1930 Dori Wettstein (1904-1982) fondò il club di canottaggio femminile a Zurigo, irrompendo in un settore di assoluto dominio maschile. Il club partecipò rapidamente anche alle competizioni. Negli anni ’30, le appassionate di canottaggio dovevano tuttavia gareggiare in una categoria creata appositamente per loro (dove si classificavano sempre al primo posto, per mancanza di concorrenza). Schweizerisches Sozialarchiv

Nella prima metà del XX secolo furono creati numerosi giornali femminili nei campi della pedagogia, dell’economia domestica, delle cure infermieristiche, del commercio e dell’industria. Ma anche le riviste di moda e di intrattenimento ebbero un’impennata e fecero vagare per il mondo lettrici e lettori tramite ampi reportage fotografici.

una donna seduta su una panchina legge una rivista.
“Wahre Geschichten” (Storie vere) era l’edizione tedesca della più nota rivista americana “True Story”, intorno al 1930. Hans Staub / Fotostiftung Schweiz Winterthur

Fonti: Dizionario storico della Svizzera, storiche degli itinerari dedicati alle donne di ZurigoCollegamento esterno, Basilea,Collegamento esternoWinterthur,Collegamento esternoLucernaCollegamento esterno

(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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