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Crypto, nessuna Commissione parlamentare d’inchiesta

Machhina di cifratura
Nelle macchine crittografiche della Crypto, vendute a moltissimi paesi, erano presenti delle falle di cui erano a conoscenza i servizi segreti statunitensi e tedeschi. Keystone / Ennio Leanza

Per il momento non ci sarà alcuna commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) in relazione alla vicenda della Crypto AG, l'azienda di Steinhausen (nel canton Zugo) che sarebbe stata usata per decenni dai servizi segreti statunitensi e tedeschi per spiare oltre 100 Stati.

L’Ufficio del Consiglio nazionale (la camera bassa del Parlamento elvetico) ha deciso lunedì per 8 voti a 5 di opporsi all’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI), lo strumento più incisivo del Parlamento utilizzato finora solo quattro volte.

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Questo contenuto è stato pubblicato al Il reportage che ha riportato questo caso sotto i riflettori la più grande vicenda di spionaggio del Dopoguerra.

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Ma l’ipotesi di istituire una CPI non è ancora del tutto esclusa. Al termine della seduta dell’Ufficio, Roger Nordmann (Partito Socialista) e Balthasar Glättli (Verdi) hanno annunciato che depositeranno due iniziative parlamentari in questo senso.

Sul caso Crypto il Governo ha già avviato un’indagine, affidandola all’ex giudice federale Niklaus Oberholzer. 

Lunedì la Delegazione delle Commissioni della gestione del Parlamento ha preso la direzione di questa indagine, considerando che non sia opportuno condurre simultaneamente diverse inchieste ordinate da mandatari diversi.

Il servizio della Radiotelevisione svizzera:

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Entra in gioco la giustizia penale

Sempre in relazione alla vicenda Crypto, la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha sporto una denuncia penale contro ignoti.

Lo ha rivelato il domenicale “Le Matin Dimanche”. L’azione giudiziaria è stata confermata dalla SECO all’agenzia ats. 

La SECO sostiene che non avrebbe mai rilasciato i permessi di vendita ed esportazione dei macchinari di crittografia della Crypto se fosse stata a conoscenza delle falle che questi ultimi contenevano.

La denuncia si riferisce all’articolo 14 della Legge federale sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari, dei beni militari speciali e dei beni strategici.

Secondo questo articolo, “chiunque, intenzionalmente, in una domanda fornisce indicazioni inesatte o incomplete, determinanti per il rilascio di un’autorizzazione è punito con la detenzione o con la multa sino a un milione di franchi”. In casi gravi, tuttavia, la reclusione può arrivare fino a dieci anni e in via accessoria la multa fino a cinque milioni.

Al caso Crypto inizia dunque a interessarsi anche la giustizia penale. In questo ambito, infatti, il Ministero Pubblico della Confederazione non deve chiedere l’autorizzazione per aprire un’inchiesta. In caso di spionaggio, sarebbe invece stato necessario il via libera del governo.

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