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Cavie umane in Ticino: chi sono, cosa assumono, quanto guadagnano

Risponde il direttore di CROss Alliance, gruppo che conduce ad Arzo sperimentazioni di farmaci su volontari sani, in gran parte italiani

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In Ticino, a condurre studi clinici di fase I (che si svolgono su volontari sani e servono a valutare sicurezza e tollerabilità di un farmaco) è rimasta soltanto un’azienda: la Cross Research di Arzo.

Che tipo di sostanze vi si sperimentano? È vero che i volontari sono soprattutto “frontalieri”? Quanto soldi ricevono per uno studio? E cosa succede se uno di essi si sente male? Sono le domande che abbiamo girato ad Alessandro Assandri, general manager e direttore scientifico del gruppo CROss Alliance*.

Oltre il 90 percento dei farmaci testati nella clinica di Arzo, spiega Assandri, sono molecole già note. In parte si tratta di “prodotti già sul mercato per i quali si trovano nuove indicazioni” (esempio l’aspirina, impiegata per anni come antinfiammatorio, oggi somministrata anche come antiaggregante piastrinico) in parte di “vecchie molecole confezionate e formulate con nuovi criteri” per ragioni di marketing. In questi casi non è tanto il principio a essere sperimentato, ma piuttosto lo schema posologico, le dosi, la via di somministrazione. Ci sono anche studi su prodotti nuovi, mai sperimentati, ma attualmente “questi sono veramente pochi; in periodo di crisi l’industria ha molto rallentato”.

I volontari -ogni anno ne passano da Arzo tra i 200 e i 600, a dipendenza della complessità degli studi condotti- per legge non possono essere retribuiti. Non in senso stretto. Quel che si riconosce, chiarisce il direttore, è un rimborso “proporzionale all’impegno”: quante ore (o giorni interi, o notti) la persona dovrà trascorrere in clinica. Non è mai calcolato in funzione del rischio (cioè degli effetti collaterali previsibili); “alle volte viene retribuito il disagio”, precisa ancora, “se ad esempio sono costretto a sottopormi a una colonscopia per lo studio, c’è un piccolo contributo”.

Quanto si prende dunque per uno studio? “Le cifre vanno da un minimo di più o meno 600 euro a un massimo di 3000”. Una cifra allettante, ma non sufficientemente alta da creare ‘professionisti della sperimentazione’. “Le nostre statistiche “, riferisce Assandri, “ci dicono che nessun volontario fa attualmente più di due studi all’anno, e in passato c’è stato qualcuno che ne ha fatti tre”. I dati sono controllati dal Comitato etico cantonale, e a ogni volontario è attribuito un codice di identificazione, per evitare che si iscriva a più studi di quanto concesso: uno ogni tre mesi.

Il reclutamento di volontari è mirato al nord Italia, regione da cui viene gran parte delle ‘cavie’. Perché? La ragione, risponde il direttore di CROss, è sostanzialmente numerica: le sole province di Como, Varese e Milano hanno oltre dieci volte gli abitanti del Canton Ticino. Una buona riserva di volontari sono i centri universitari: “molti studenti partecipano a queste sperimentazioni perché sono informati, capiscono esattamente quello che fanno”. Al contrario della gente comune al di qua del confine, che ne ha piuttosto timore.

Ma al di là degli studenti, che contribuiscono consapevolmente alla ricerca ricavandone un introito, non c’è il rischio di sfruttare lo stato di bisogno? Come si può evitare che altri si offrano come volontari per pura necessità di denaro? “Noi possiamo anche chiedere se uno è occupato oppure no, la professione la chiediamo”, ci assicura, “ma se uno è in cassa integrazione non è un problema nostro, anche perché chi è disoccupato oggi potrebbe essere occupato domani”.

“Abbiamo una banca dati con circa duemila nomi”, rivela Assandri. Sono classificati per sesso, età, stile di vita (ad esempio: fumatori, non fumatori). A seconda delle necessità dello studio -che si attiene a un protocollo approvato di volta in volta dal Comitato etico e da Swissmedic- i potenziali volontari sono contattati per SMS o Whatsapp (sul sito web viene al contempo pubblicato un ‘bando’ a beneficio dei potenziali nuovi volontari). “Li sottoponiamo a uno screening medico completo e valutiamo la loro capacità di intendere”.

E se durante la sperimentazione qualcuno si sente male? Qui il direttore distingue tra i piccoli effetti collaterali come il mal di testa, “cose che il volontario sa e sopporta”, e gli eventi inattesi. “In questo caso il medico interviene”, se serve “si somministrano farmaci e in questo momento il volontario esce dallo studio”. Se il medico giudica gravi le complicazioni, la persona è trasportata all’ospedale. In vent’anni di studi, garantisce, è successo tre volte. I costi delle cure, di qualsiasi natura, sono coperti da un’assicurazione.


*Cross Research conduce nella clinica di Arzo solo sperimentazioni di fase I. Del gruppo CROss Alliance fa però parte anche CROSS, che svolge studi di fase II e III in cliniche e ospedali di tutta Europa. Dei farmaci nuovi e mai testati, le molecole giudicate a rischio sono sperimentate a Vienna in una struttura predisposta, con letti riservati per le complicazioni, dove i volontari sono generalmente studenti di medicina.

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