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Quando la politica grida “al lupo!”

Lupo in un prato
Un lupo, probabilmente l'individuo denominato "M35", fotografato nel 2013 in Vallese, uno dei cantoni dove la presenza del predatore crea le discussioni più accese. Keystone

Severamente protetto dalla convenzione di Berna, il lupo non ha smesso di creare dibattito dalla sua ricomparsa in Europa. E benché anche gli esperti sappiano ancora poco di lui, gli Stati sono chiamati con sempre più insistenza a prendere decisioni sul suo conto. Ma salvare capre, cavoli... e lupi, non è compito facile.

“Si ha l’impressione che il solo problema del paese sia il lupo”. È stato questo il commento della ministra elvetica dell’ambiente Doris Leuthard durante il dibattito alla Camera alta del parlamento sulla modifica della legge federale sulla caccia. 

Le discussioni del 5 giugno hanno confermato come il predatore abbia, suo malgrado, la capacità di scaldare non poco gli animi in politica. E non solo nella Confederazione. 

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Lo stesso giorno della discussione nel senato elvetico, la giunta della Provincia autonoma italiana di Bolzano, come il giorno precedente quella di Trento, approvava un disegno di legge a livello locale, che darebbe al presidente della provincia la facoltà di decidere sulla cattura o l’uccisione dei grandi carnivori. 

Il lupo in parlamento

La camera alta del parlamento elvetico ha deciso di dare più potere ai cantoni nell’ambito della regolazione della popolazione dei lupi. 

I “senatori” hanno votato contro l’obbligo di ottenere l’approvazione dell’Ufficio federale dell’ambiente prima di procedere agli abbattimenti. Inoltre, per 21 voti contro 18, la camera ha deciso che quanto stabilito da un cantone in ambito di regolazione di specie protette non potrà essere soggetto a ricorso.

Il dibattito comunque è solo all’inizio. E se un generoso allentamento delle norme riguardanti la protezione del lupo dovesse essere approvato dalle due camere, i difensori del predatore hanno già promesso il referendum.

Gestione autonoma

In poche parole le due province intendono gestire autonomamente le misure di applicazione della direttiva europea HabitatsCollegamento esterno. Quest’ultima protegge il lupo, ma prevede delle deroghe e ne permette l’uccisione “in caso di assenza di alternative e fintanto che l’intervento non nuoccia alla conservazione della specie”.

Sono progetti che, se passeranno il vaglio del consiglio provinciale, rischiano di essere impugnati dallo Stato italiano per conflitto di competenza. 

Non si è fatta attendere la reazione dell’Ente nazionale protezione animali (Enpa): “La verità è che le Province autonome di Trento e Bolzano stanno lanciando con arroganza una sfida all’Europa e al nuovo governo. Governo al quale chiediamo di richiamare le istituzioni del Trentino Alto Adige al rispetto della legge e di fermare questi pericolosissimi impulsi alla deregulation”.

Come fa notare in un recente approfondimento sul tema il magazine tedesco Der SpiegelCollegamento esterno, gli Stati dell’Unione europea e Stati non membri come Svizzera e Norvegia si sono impegnati a proteggere il lupo anche tramite la sottoscrizione della Convenzione di BernaCollegamento esterno. Tuttavia, i singoli paesi possono introdurre eccezioni se queste non mettono in pericolo la specie.

Questa libertà di interpretazione è la causa di diversi attriti.  La Commissione europea, ad esempio, ha più volte richiamato la Svezia, dimostratasi assai prodiga nella concessione di licenze di caccia al lupo. 

Lupi “italiani”

I lupi sono scomparsi dall’Europa occidentale nel corso del XIX-XX secolo, eccezion fatta per delle piccole popolazioni residuali sopravvissute ad esempio in Italia, negli Appennini meridionali.

È da lì che hanno cominciato ad espandersi nuovamente negli anni ’70. Una ricolonizzazione naturale che ha visto i primi esemplari arrivare nelle Alpi francesi alla fine degli anni ’80 e in Svizzera a metà degli anni ’90. Nel 2012 si è formato il primo branco “elvetico” nella regione del Calanda, nel cantone Grigioni. 

Dal 2000 al 2017 in Svizzera sono stati uccisi 10 lupi su autorizzazione delle autoritàCollegamento esterno, ma il via libera all’abbattimento è stato dato in 21 casi.

L'”operazione lupo” francese

Un altro esempio emblematico delle discussioni sul lupo è la Francia, dove è stato recentemente presentato il “Piano di azione per il lupo 2018-2023Collegamento esterno“. Un testo di 100 pagine che riunisce studi e riflessioni sull’avvenire del canide in territorio francese. 

Tuttavia esso è stato ricevuto freddamente, sia da parte dei difensori del lupo, sia da parte di chi ritiene questo animale un flagello.

Un particolare punto di attrito, messo in luce dal canale pubblico francese di informazione parlamentare LCPCollegamento esterno, sono le quote previste dal testo. Sono 40 i lupi che potranno essere “prelevati” (eufemismo per “abbattuti”) nel 2018, circa il 10% della popolazione stimata.

Poco, per chi difende gli interessi degli allevatori: il Fondo nazionale dei sindacati dell’agricoltura (Fnsa)Collegamento esterno, ad esempio, vorrebbe che dopo ogni attacco a un gregge il lupo responsabile sia sistematicamente abbattuto.

Diverse associazioni ambientaliste come il Wwf, dal canto loro, temono che il sistema di quote sia inefficace e controproducente.

Prima di tutto è difficile stabilire se il lupo che il cacciatore ha nel mirino sia effettivamente quello che ha attaccato il gregge. 

In secondo luogo, l’uccisione del maschio alfa potrebbe rompere gli equilibri di un branco provocando la dispersione della muta. Gli individui solitari, non potendo più contare sulla forza del numero grazie alla quale possono cacciare le loro prede predilette, come cervi o cinghiali, avrebbero più tendenza quindi ad attaccare gli animali da reddito.

Bisogno di conoscenza

Secondo gli esperti, tuttavia, il piano francese ha un merito: “Quello di riconoscere il bisogno di approfondire le nostre conoscenze sul lupo”. Sono le parole dell’etologo svizzero Jean-Marc LandryCollegamento esterno, che della ricerca di come far convivere allevatori di bestiame e il predatore ha fatto una ragione di vita.

In un’intervista pubblicata da 20min.frCollegamento esterno, Landry sottolinea come sia la prima volta che un piano manifesta così chiaramente la volontà di acquisire più nozioni. Dalla biologia dell’animale fino all’efficacia dei metodi di prevenzione degli attacchi.

Sul lupo, ammette però Landry, c’è ancora “praticamente tutto da capire”. Oltre a quella di creare discussioni politiche, una caratteristica indiscutibile di questo animale, infatti, è l’elusività.  Nell’articolo qui sotto, il direttore del Laboratorio di biologia della conservazioneCollegamento esterno Luca Fumagalli ci illustra le difficoltà alle quali ci si confronta quando si vuole studiare questo animale.    

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Nel laboratorio del lupo

Questo contenuto è stato pubblicato al Osservare i lupi è difficile, catturarli quasi impossibile. Per studiare il modo in cui le loro popolazioni evolvono, bisogna basarsi sulle tracce che lasciano sul terreno (peli, escrementi, saliva, …) analizzandole geneticamente. È questo il compito, tutt’altro che semplice, che Luca Fumagalli, direttore del Laboratorio di biologia della conservazione Collegamento esternodell’Università di Losanna (UNIL) svolge…

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E fino a che la scienza non avrà dei risultati concreti, agli Stati che si ritrovano tra il malcontento degli allevatori e la necessità di tutelare una specie protetta, non si può che dire: “In bocca al lupo”. 

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