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Ricerca della vita extraterrestre: l’asso nella manica è svizzero

Massenspektrometer
Lo spettrometro di massa che costituisce il cuore di "ORIGIN" nel laboratorio di Berna. swissinfo.ch / Christian Raaflaub

La tecnologia utilizzata per cercare tracce di vita nello spazio è la stessa dagli anni '70 - anche sul rover americano 'Perseverance', che è appena atterrato su Marte. Ma un gruppo di ricercatori dell'Università di Berna sta lavorando alla prossima rivoluzione.

“Da un punto di vista puramente statistico, è inconcepibile che siamo soli nell’universo”, dice Andreas Riedo della divisione ricerca spaziale e planetologia dell’Istituto di fisica dell’Università di Berna. La fortuna ha voluto che l’incontro avesse luogo lo stesso giorno in cui il robot ‘Perseverance’ è atterrato sano e salvo su Marte. “Forse scoprirà per la prima volta i segni della vita su Marte”, spera l’astrofisico.

A 36 anni, Andreas Riedo è affascinato dalla domanda fondamentale: “Siamo soli nell’universo?”. E anche solo pensando al sistema solare, a cui la nostra Terra appartiene, la sua risposta sarebbe piuttosto no.

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NASA: l’atterraggio di Perseverance su Marte (Engl.)

“Partiamo dall’idea che potremmo essere in grado di trovare microrganismi sotto i chilometri di ghiaccio che ricoprono gli oceani liquidi dei satelliti di Giove e Saturno.” Stiamo parlando di forme di vita molto primitive, come batteri e microbi.

Andreas Riedo
L’astrofisico Andreas Riedo. Vera Maria Knoepfel

Gli elementi costitutivi della vita

Andreas Riedo dirige il progetto di ricerca ORIGIN – insieme al chimico Niels Ligterink (32), che è responsabile delle misurazioni. “Per un chimico, lo spazio è un luogo eccitante per studiare le molecole, perché le condizioni lì sono molto diverse da quelle terrestri”, spiega Niels Ligterink in collegamento dai Paesi Bassi, dove è attualmente bloccato a causa della Covid-19.

“Naturalmente, la ricerca di vita extraterrestre è un argomento eccitante in sé, ma ciò che mi interessa di più in questo contesto sono i mattoni molecolari della vita”, continua il chimico.

Con ORIGIN, i due scienziati vogliono cercare specificamente gli aminoacidi, che sono i mattoni fondamentali della vita. “Speriamo di trovarli sulle lune ghiacciate dei pianeti giganti, perché la loro presenza significherebbe che c’è o c’era vita lì”, spiega Andreas Riedo.

Test-Setup
Le misurazioni tramite laser del progetto ORIGIN sono testate in questo dispositivo. swissinfo.ch / Christian Raaflaub

I ricercatori mirano in particolare a Europa, la luna di Giove, e a Encelado, la luna di Saturno. Le missioni Cassini-Huygens e Galileo hanno permesso di rilevare oceani globali, coperti da uno strato di ghiaccio spesso diversi chilometri. Lo strumento di misurazione sviluppato a Berna è appositamente progettato per l’analisi dei liquidi. E Andreas Riedo spera di trovare molecole fossili in questi oceani lontani.

Un nuovo approccio

Per l’Università di Berna, questa incursione nello spazio è tutt’altro che una novità. Dalla famosa vela solare dell’Apollo 11 al telescopio spaziale CHEOPS, i suoi contributi al settore spaziale sono numerosi e elencarli tutti andrebbe oltre lo scopo di questo articolo.

Niels Ligterink
Il chimico Niels Ligterink. zVg

Il cuore di ORIGIN è uno spettrometro di massa. Inizialmente, è stato sviluppato dal professor Peter Wurz già nel 2003 per la sonda euro-giapponese BepiColombo, lanciata nel 2018 verso Mercurio. Tuttavia, poiché i padri della missione alla fine hanno rinunciato all’atterraggio sul primo pianeta del sistema solare, lo strumento è rimasto a terra a Berna. Da allora, i ricercatori hanno continuato a sviluppare e perfezionare la sua capacità di misurazione.

Oggi, ORIGIN sarebbe da dieci a mille volte più sensibile di strumenti comparabili attualmente in funzione o che saranno presto lanciati. Questa sensibilità aumenta enormemente le possibilità di trovare segni di vita extraterrestre, conferma Andreas Riedo.

Com’è possibile? Per spiegarlo, l’astrofisico deve andare indietro nel tempo. Dagli anni ’70, quando le prime sonde sono atterrate su Marte, la tecnologia a bordo dei rover è rimasta praticamente la stessa. “Riscaldiamo i campioni raccolti in forni per vaporizzarli e analizziamo il materiale evaporato”.

ORIGIN adotta un approccio molto diverso, senza solventi o calore. “Usiamo impulsi laser, quindi non sottoponiamo i campioni agli effetti termici che sperimenterebbero in un forno”, spiega Andreas Riedo. Nel complesso, questo metodo di analisi è più diretto e i risultati sono molto meno distorti che con il metodo attuale. Inoltre, è possibile fare a meno di un forno. E in termini di spazio, i chilogrammi risparmiati possono arrivare a milioni.

Laser
Il laser dovrebbe essere in grado di rilevare le più piccole tracce di vita. Universität Bern, Space Research & Planetary Sciences

“Questo strumento innovativo ci permette di ottenere una nuova prospettiva sulla ricerca di biomolecole e di creare nuovo sapere, che potrebbero consentire la rilevazione di queste biomolecole”, aggiunge Niels Ligterink.

In poche parole, uno spettrometro di massa è una specie di “bilancia molto avanzata”, spiega il chimico. Misura la massa delle molecole per mezzo di impulsi laser. E sono queste misure di massa che ci dicono se abbiamo a che fare con una molecola normale o una biomolecola – la cui rilevazione sarebbe un’indicazione della presenza di vita.

Alcuni ostacoli

Diversi consorzi spaziali internazionali guidati dalla NASA sono interessati a testare ORIGIN in missioni future. Secondo l’Università di Berna, l’agenzia spaziale americana prevede di inviare una sonda per atterrare su Europa intorno al 2030 per delle analisi, con l’obiettivo dichiarato di identificare forme di vita. Il viaggio verso il satellite di Giove durerebbe circa sette anni.

Il lavoro preliminare è complicato. I ricercatori bernesi sono stati invitati dalla NASA a testare lo strumento nell’Artico. Ma a causa della pandemia, questi test sul ghiaccio non saranno possibili immediatamente. “La situazione sul fronte dei coronavirus sta sconvolgendo completamente le agende scientifiche”, dice Andreas Riedo.

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Università di Berna: siamo soli nell’universo? (Engl.)

Nel frattempo, Riedo può già annunciare una collaborazione di successo – la proposta è stata recentemente accettata. “È un progetto in Antartide con i nostri colleghi britannici. Ci forniranno dei campioni di ghiaccio che potremo analizzare con ORIGIN”.

Nello spazio, sarà ancora più importante avere campioni freschi, sottolinea l’astrofisico. Questo ci permetterà di misurare il maggior numero possibile di molecole fossili intatte. A questo proposito, le temperature molto basse su questi mondi (tra -160 e -170°) sono una manna dal cielo: “Se ci sono molecole fossili, sono già state messe nel congelatore gratuitamente!”.

Una delle sfide sarà quella di progettare strumenti abbastanza robusti da “sopravvivere” alle condizioni estreme e fornire buone misure. “È davvero molto complicato”, nota Andreas Riedo. Con le loro atmosfere estremamente sottili e senza la protezione di una cintura magnetica, questi mondi sono soggetti a un intenso bombardamento di raggi cosmici, che influenzano anche le molecole fossili. Per esempio, gli aminoacidi o i lipidi – sostanze simili ai grassi – verrebbero scomposti molto rapidamente e alla fine non sarebbero più rilevabili.

Ma se ORIGIN trovasse davvero segni di vita extraterrestre, cosa significherebbe? Per Andreas Riedo, sarebbe paragonabile al primo passo dell’uomo sulla luna. “Sarebbe un salto di qualità gigantesco per la scienza, ma anche per la società, per il nostro modo di pensare. Per la prima volta, avremmo la certezza che non siamo soli nell’universo.”

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