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Il coronavirus resta fonte di stress in Svizzera

Frau mit Maske im Tram
Come già osservato in una prima indagine, la crisi del coronavirus può causare reazioni di stress molto diverse da persona a persona. Ennio Leanza/Keystone

Nonostante la graduale soppressione del semi-confinamento, molte persone in Svizzera continuano a sentirsi più stressate di quanto non fossero prima della pandemia. Lo rileva un sondaggio dell'Università di Basilea. Anche i casi di depressione sembrano essere aumentati.

Ho la tosse: avrò il coronavirus? Sopravviverò alla malattia? Come posso evitare l’infezione? Non sorprende che molte svizzere e molti svizzeri siano state/i sotto stress durante l’ondata pandemica in primavera. Ma anche durante la fase di graduale allentamento delle misure introdotte per contenere il coronavirus, molte persone si sono dichiarate più stressate rispetto a prima della comparsa del Covid-19 in tutto il mondo. È quanto emerge dal confronto tra due studi dell’Università di Basilea.

“È importante che in questa crisi si tenga conto anche dei problemi di salute mentale, poiché determinano il funzionamento del nostro tessuto sociale e quindi della nostra economia”

Dominique de Quervain, Università di Basilea

Una prima indagine è stata condotta durante il periodo di semi-confinamento all’inizio di aprile. La seconda si è svolta tra l’11 maggio (data della riapertura, tra gli altri, di bar e ristoranti) e il 1° giugno. Secondo il sondaggio, il 40% di intervistate e intervistati continuava a sentirsi più stressata/o rispetto a prima della crisi del coronavirus. Durante il semi-confinamento, questa percentuale era del 50%.

“Siamo rimasti sorpresi, nel senso che avevamo già ottenuto un quadro simile durante il lockdown“, ha dichiarato il responsabile dello studio Dominique de Quervain a SRF News. “Sarebbe stato piuttosto plausibile che lo stress si fosse notevolmente ridotto durante la fase di allentamento delle misure”. De Quervain è direttore del Dipartimento di Neuroscienze Cognitive all’Università di Basilea e membro di uno dei gruppi di esperte/i del comitato scientifico nazionale contro la pandemia (Swiss National COVID-19 Science Task Force).

Al secondo ‘Swiss Corona Stress Study’ dell’Università di Basilea, condotto dall’11 maggio al 1° giugno 2020 attraverso il sito coronastress.ch, hanno partecipato 10’303 persone da tutta la Svizzera. Per sua natura, la raccolta di dati sotto forma di sondaggio online aperto (anonimo) non è basata su un campione rappresentativo dell’intera popolazione. Tuttavia, in termini di caratteristiche socio-demografiche, intervistate e intervistati rappresentano un ampio spettro della popolazione svizzera, si legge nelle conclusioni.

“Tra i fattori principali dell’aumento dello stress ci sono i cambiamenti sul posto di lavoro o di formazione, e il peso di una vita sociale limitata”, scrivono autrici e autori dello studio.

Marcel Tanner, presidente dell’Accademia svizzera delle scienze e capo del gruppo di esperti di salute pubblica della task force Covid, considera questi risultati come fondamentali. “È importante che in questa crisi si tenga conto anche dei problemi di salute mentale, poiché determinano il funzionamento del nostro tessuto sociale e quindi della nostra economia”, sottolinea. Ma l’ultimo sondaggio mostra anche che alcune persone (il 32% delle/degli intervistate/i) si sono sentite meno stressate durante e dopo il semi-confinamento.

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“Per queste persone, la riduzione dello stress è legata al tempo guadagnato per il riposo e al sollievo dato dalla riduzione degli impegni professionali e scolastici, ma anche privati”, afferma l’Università di Basilea in una nota.

Anziane/i più resistenti

Un altro risultato dell’indagine è che le persone che soffrivano di sintomi depressivi prima della crisi del coronavirus hanno sperimentato un peggioramento degli stessi durante il semi-confinamento. Secondo gli autori dello studio, i problemi psicologici pregressi hanno accresciuto il rischio di sviluppare gravi sintomi depressivi durante la crisi.

Circa il 3% della popolazione soffriva di depressione grave prima della pandemia. Questo tasso è salito al 12% durante la crisi. 

Gli autori hanno inoltre interrogato le/i partecipanti sulla loro resilienza, cioè la capacità di resistere ai sintomi e tornare allo stato di salute precedente. Hanno scoperto che le persone di mezza età e gli anziani (55 anni e più), gli uomini in particolare, sono rappresentati in modo sproporzionato nel gruppo di persone senza sintomi depressivi significativi.

“Questo è sorprendente, perché sono proprio gli anziani e gli uomini ad essere particolarmente a rischio di sviluppare una forma grave della malattia”, sottolinea lo studio. Infine, la seconda indagine ha confermato quale gruppo di persone ha sofferto meno, in media, di stress: coloro le/i quali durante la crisi del coronavirus hanno potuto dedicare più tempo agli hobby o a un nuovo progetto e sono state/i anche fisicamente attive/i.

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Adattamento dal francese di Rino Scarcelli

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