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A Tunisi il Forum sociale mondiale vince la sua scommessa

I giovani tunisini hanno risposto presente al Forum sociale mondiale swissinfo.ch

Il grande appuntamento altermondialista organizzato quest’anno a Tunisi si è concluso sabato. I parlamentari svizzeri presenti alla manifestazione hanno potuto constatare in prima persona la polarizzazione che regna nel paese. Tuttavia si dicono relativamente fiduciosi sul futuro della Tunisia.

Organizzato per la prima volta in un paese arabo dalla sua creazione nel 2001, il Forum sociale mondiale (FSM) si è concluso sabato con una marcia di «solidarietà con il popolo palestinese» che ha riunito circa 15’000 partecipanti. La dimostrazione è coincisa con la «Giornata della Terra», che commemora il 30 marzo la morte nel 1976 di sei arabi israeliani durante un corteo contro la confisca di terre da parte di Israele.

Il grande incontro altermondialista era destinato soprattutto ad «esprimere la solidarietà del mondo intero con il popolo tunisino nella sua lotta per la libertà», ha sottolineato l’economista Gustave Massiah, membro del consiglio organizzatore del FSM, citato dall’Agence France Presse.

Una scommessa che sembra essere stata vinta. «Questo forum ha rappresentato molto per il nostro paese: abbiamo delle fiere di tutti i generi, ma è la prima volta che viene organizzata una fiera delle idee politiche. In questo momento ne avevamo veramente bisogno», ci dice un tunisino di fede progressista.

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Confronto sì, ma a parole

Per Luc Recordon, che ha già partecipato a diversi forum, vi è stata una netta progressione nella qualità dei dibattiti: «È la prima volta che non ho mai avuto l’impressione di perdere il mio tempo», sottolinea il consigliere agli Stati ecologista, membro della delegazione svizzera presente a Tunisi.

Più critico l’ex sindaco di Ginevra e consigliere nazionale socialista Manuel Tornare, secondo cui vi è un’eccessiva profusione di temi. «Come diceva Marguerite Duras, quando si dicono troppe cose non si dice più nulla. Forse bisognerebbe concentrarsi solo su alcuni argomenti», osserva.

Questa apertura a 360 gradi ha però avuto sicuramente il merito di non escludere nessuno, un aspetto lodato da tutti. Nel campus di El Manar, si è così ad esempio potuto assistere a una manifestazione di ragazze in niqab, che rivendicavano il diritto di frequentare l’università vestite con questo velo che copre l’intero corpo.

I dibattiti sono a volte stati assai agitati, specchio dell’attuale polarizzazione della società tunisina e araba in generale. Senza però mai degenerare, eccezion fatta per un incidente tra persone originarie del Sahara occidentale e marocchini. Per Maja Ingold, al suo primo forum, l’appuntamento altermondialista ha tradotto in atti la speranza espressa da Besma Khalfoui, la vedova di Chokri Belaïd, il politico di sinistra assassinato in febbraio. «Il forum è stato l’occasione per affrontarsi solo con le parole», sottolinea la deputata del Partito evangelico svizzero.

Incontro col presidente dell’ANC

I sei parlamentari svizzeri presenti a Tunisi, tra cui la presidente del Consiglio nazionale Maya Graf, hanno incontrato venerdì il presidente dell’Assemblea nazionale costituente Mustafa Ben Jaafar, membro del partito laico Ettakatol, che insieme a Ennahda e al Congresso per la Repubblica fa parte della maggioranza di governo.

«Abbiamo potuto dibattere piuttosto liberamente e abbiamo ricevuto garanzie sul fatto che il secondo progetto di costituzione, sul punto di essere concluso, rispetterà in modo adeguato i diritti delle donne», sottolinea Recordon.

Per quanto concerne il peso da attribuire alla religione, Jaafar ha indicato che verrà ripreso il primo articolo della vecchia carta fondamentale del 1959, elaborata dopo l’indipendenza. Secondo questo articolo, «la Tunisia è uno Stato libero indipendente e sovrano, la sua religione è l’islam e la sua lingua l’arabo». La Sharia, il diritto islamico, che è un’interpretazione del Corano, «non ha il suo posto in un testo costituzionale», ha dichiarato Jaafar all’Agenzia telegrafica svizzera.

Il deputato ecologista Christian Van Singer osserva che dagli incontri con i rappresentanti politici è emerso un prudente ottimismo: «Sono fiduciosi. Il paese sta scoprendo la democrazia e tutti ci hanno detto ‘dateci tempo’. Quando vediamo che a Ginevra ci sono voluti cinque anni per avere una Costituzione, non bisogna sperare che in un paese che esce da cinquant’anni di partito unico tutto fili liscio».

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Rimanere vigilanti

Il suo collega di partito Luc Recordon osserva che la transizione è fortemente avanzata, in particolare per quanto concerne la libertà d’espressione e dei media. «Il rischio di scivolare nella violenza è comunque presente. Per il momento ciò non è avvenuto, eccezion fatta per l’orribile attentato a Chokri Belaïd». Al pari di molti osservatori, per Recordon tutto dipenderà dalla visione dell’islam che si imporrà in seno a Ennahda. «Questo partito si lascerà ispirare da un islam moderato, come lo ha lasciato intendere il presidente dell’ANC, o prevarrà un islam più rigorista?».

Manuel Tornare ha dal canto suo lanciato un appello al presidente dell’ANC affinché dia prova di vigilanza, per non permettere a Ennahda di confiscare il potere. «Dissimulano, non dicono quello che pensano con l’obiettivo di raggiungere i loro scopi», osserva il consigliere nazionale socialista. Un timore che, durante questi giorni trascorsi a Tunisi, i membri della delegazione svizzera hanno più volte sentito esprimere dai tunisini più progressisti.

Senza dimenticare, aggiunge Luc Recordon riferendosi agli islamisti più radicali, che «in contesti di questo genere basta a volte un piccolo gruppo per far degenerare la situazione e far perdere la testa a persone altrimenti ragionevoli».

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