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Siccità, il tempo (finalmente) volge al brutto

Specchi d acqua ai minimi lo scorso aprile anche oltre Gottardo.
Specchi d'acqua ai minimi lo scorso aprile anche oltre Gottardo. © Keystone / Gian Ehrenzeller

Crisi energetica internazionale e meteorologia sfavorevole acuiscono le problematiche di confine legate alle sempre più ricorrenti siccità. I margini di manovra di Berna sono però circoscritti.  

Le piogge, localmente anche abbondanti, di inizio maggio hanno attenuato la crisi idrica che si trascinava dall’inverno e allontanato, per il momento, lo spettro di un’altra estate arida, tanto temuta, tra gli altri, da aziende agricole ed elettriche lombarde e piemontesi.

Gli esperti/e avvertono che la situazione rimane tesa: le scarse precipitazioni invernali e l’assenza di neve in altitudine non garantiscono sufficienti riserve idriche e, perlomeno a breve, non resta altro che affidarsi a Giove Pluvio o – come indicano i meteorologi – alle perturbazioni atlantiche che solitamente caratterizzano le primavere alle nostre latitudini.

Siccità dietro le spalle?

Grazie alle recenti piogge, il Lago Maggiore, importante riserva idrica della Pianura Padana, è finalmente tornato a valori normali. Il 9 maggio il livello delle sue acque ha infatti superato di un metro lo zero idrometrico (posto a 193,01 metri s.l.m.), e si è addirittura avvicinato al +1,35, limite di regolazione massimo previsto dall’attuale sperimentazione decisa dall’Autorità distrettuale di Bacino del Po.

Un’evoluzione che pareva improbabile solo pochi mesi fa, quando l’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio delle acque irrigue (ANBI), a inizio gennaio, lanciò l’allarme per l’insufficiente riempimento del Verbano, pari al 18%. Una percentuale che era addirittura inferiore a quella già molto bassa dell’anno precedente (24%) e che rappresenta il valore minimo da oltre 70 anni, da quando cioè sono iniziate le misurazioni (1946).

Maggio e giugno decisivi

“Per compensare il deficit di neve è necessario che in maggio e giugno vi siano precipitazioni al di sopra della media”, indica Carlo Scapozza, a capo della divisione Idrologia dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM). Lo stock di neve ad alta quota “si scioglie infatti in questi due mesi contribuendo in maniera importante alle portate dei corsi d’acqua e alla ricarica della falda”.

Concetti precisati da Massimiliano Zappa (Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio-WSL), secondo cui il deficit idrico è stato completamente assorbito a nord delle Alpi, mentre a sud la situazione è comunque migliorata da aprile. “Su base annua c’è ancora una carenza di acqua ma le piogge delle ultime sei settimane hanno allentato la crisi e ora la situazione è gestibile per l’agricoltura e le esigenze quotidiane della popolazione”, sottolinea il ricercatore federale. Resta un problema per i grandi bacini, come le dighe in Ticino “piene solo a metà o per alcuni laghi come il Garda”.

“Per compensare il deficit di neve è necessario che in maggio e giugno vi siano precipitazioni al di sopra della media”

Carlo Scapozza, divisione Idrologia dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM)

Ma se perlomeno la fase acuta della crisi sembra, almeno in parte, superata, il trend di medio-lungo periodo si delinea chiaramente: annate sempre più calde, periodi più o meno lunghi di siccità e improvvisi eventi meteorologici estremi accompagnati da abbondanti precipitazioni. Uno scenario che impone nuove modalità di gestione delle risorse idriche e, conseguentemente, collaborazioni più strette tra i Paesi confinanti, accomunati dai medesimi bacini imbriferi da cui attingono le risorse indispensabili per la loro economia.

Discussioni tra Stati

In proposito, proprio durante la siccità estiva del 2022, si erano levate varie voci, dal lato italiano, che invitavano le autorità elvetiche a rilasciare maggiori volumi d’acqua dagli invasi alpini allo scopo di compensare il deficit idrico a valle: in particolare per le centrali elettriche e le risaie (e le altre produzioni agricole) limitrofe al fiume Ticino.

Che i cambiamenti climatici, che sono sotto gli occhi di tutti, impongano nuove strategie, lo comprova l’approvazione del Decreto siccitàCollegamento esterno da parte del Consiglio dei ministri lo scorso 6 aprile, su cui si stanno pronunciando le organizzazioni dei soggetti coinvolti.

In proposito il segretario dell’Autorità di bacino del Po, Alessandro Bratti, ha avuto modo di sottolineare che del 2020 le precipitazioni medie sul bacino del grande fiume italiano si sono ridotte del 20% su base annua – e del 35% tra gennaio e agosto -, e che e recenti perturbazioni non consentiranno di compensare il deficit idrico che si è accumulato dall’anno scorso. A causa di questa evoluzione è calata in media di un quinto anche la portata del fiume padano (-45% nella stagione estiva, secondo quanto indicano i rilievi a Pontelagoscuro-Ferrara), di cui il Ticino e il Lago Maggiore sono importanti tributari.

A fronte di questa situazione continuano però sempre a essere prelevati nelle popolose e produttive regioni toccate dal Po 20 miliardi di metri cubi di acqua (di cui l’80% per irrigazione dei campi). Un cospicuo fabbisogno che finora era sostenibile ma che in presenza di sempre più ricorrenti siccità pone problemi di gestione delle risorse e richiede interventi mirati.

Apporto relativo dei fiumi elvetici

In realtà va detto che dai dati dell’Ufficio dell’ambiente (UFAM) della Confederazione risulta che l’apporto dei corsi d’acqua svizzeri è assai relativo sulla portata finale dei grandi fiumi europei che pure hanno in parte origine sulle Alpi svizzere: il Reno, il Rodano, il Ticino che sfocia nel Po e l’Inn che alimenta il Danubio. In particolare, il deflusso del Lago Maggiore a Sesto Calende, secondo quanto indica Berna è il 10% del volume dell’acqua alla foce del Po nell’Adriatico.

Detto altrimenti il 90% della portata finale del grande fiume italiano non dipende dagli affluenti provenienti dalla Svizzera. Per completezza va precisato che il Rodano in uscita dal Lemano a Ginevra ha il 20% dell’acqua che libera alla fine del suo tragitto nel Mediterraneo e l’Inn contribuisce solo dell’1% sul totale del Danubio che si riversa nel Mar Nero.

L’incidenza quindi degli invasi alpini svizzeri è quindi assai relativa, ben più rilevanti, evidenziano gli esperti, sono le precipitazioni primaverili e lo spessore del manto nevoso che si forma in inverno. Va anche detto che solitamente l’apporto dell’acqua proveniente dalle Alpi è più importante durante la stagione estiva. In proposito il professore di glaciologia al Politecnico federale di Zurigo ha calcolatoCollegamento esterno che oltre il 25% dell’acqua del Rodano che confluisce nel Mediterraneo nel mese di agosto proviene dallo scioglimento dei ghiacciai alpini.

+ La sparizione dei ghiacciai svizzeri alimenterà i conflitti per l’acqua

Costituite riserve negli invasi alpini

In ogni caso i bacini alpini elvetici possono contribuire con una maggiore portata dei fiumi a valle a condizione di disporre sufficienti riserve, anche di neve, per garantire una produzione di elettricità in linea con i fabbisogni interni. Del resto già nel febbraio 2022, pochi giorni prima dello scoppio della guerra in Ucraina, il Governo svizzero aveva deciso di incrementare le riserve di energia elettricaCollegamento esterno negli invasi per assicurare l’approvvigionamento energetico nei momenti di maggiore consumo o in presenza di carenza delle fonti di cui la Confederazione ha bisogno e che deve importare dall’estero.

“Non serve fare una doccia in meno a gennaio in vista della probabile siccità estiva”.


Massimiliano Zappa, Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio-WSL

In sostanza si tratta, per gli operatori delle centrali di accumulazione, di trattenere, dietro pagamento di un’indennità, di energia di riserva nel periodo invernale (sotto forma di acqua) per gli scopi citati. Una politica confermata poi nella Legge sull’approvvigionamento elettrico sicuro con le energie rinnovabiliCollegamento esterno che è attualmente in discussione nel Parlamento federale (nella sessione estiva il Consiglio degli Stati dovrebbe esaminare le modiche proposte dall’altra Camera).

Scenario in movimento

Sugli effetti concreti di tali misure il dibattito è aperto e Massimiliano Zappa (WSL) non si sbilancia. “È ancora troppo presto per un consuntivo”, in particolare in merito alla deroga sui deflussi minimi, che gli impianti idroelettrici devono rilasciare per garantire gli ecosistemi a valle, per garantire una sufficiente produzione di energia nel nuovo contesto internazionale. Gli approfondimenti in corso ci potranno dire qualcosa di più sui margini di manovra che avremo nella gestione degli invasi.

Di sicuro anche i comuni cittadini e cittadine saranno in una certa misura chiamati a cambiare alcune abitudini. Se da un lato “non serve fare una doccia in meno a gennaio in vista della probabile siccità estiva”, sottolinea sempre Massimiliano Zappa, dall’altro dovremo sempre più adeguare i nostri comportamenti alle direttive che vengono emanate dalle amministrazioni locali (come ad esempio, recentemente, a MendrisioCollegamento esterno), anche nelle scorse settimane, che invitano a un uso parsimonioso dell’acqua, che costituisce un bene sempre più prezioso.   

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