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SIC presenta rapporto “La sicurezza della Svizzera 2021”

Secondo l'intelligence svizzera la pressione digitale accentuata dalle misure di protezione prese contro la pandemia di coronovirus ha ampliato l'area utile per i ciberattacchi. KEYSTONE/ANTHONY ANEX sda-ats

(Keystone-ATS) La pandemia di Covid-19 influenzerà in maniera duratura la politica di sicurezza svizzera e internazionale. La pressione digitale accentuata dalle misure di protezione prese contro la pandemia ha infatti ampliato l’area utile per i ciberattacchi.

Lo sottolinea il nuovo rapporto del Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC) “La sicurezza della Svizzera 2021”, secondo cui, oltre a ciò, resta elevata la minaccia terroristica, caratterizzata principalmente da attori jihadisti.

Nella prefazione al rapporto la ministra della difesa Viola Amherd scrive che la pandemia da SARS-CoV-2 ci ha mostrato quanto sia necessario garantire un approvvigionamento di beni e prestazioni essenziali che sia in grado di resistere alle crisi. L’epidemia di coronavirus ha pure fatto risaltare l’importanza di un rafforzamento del dispositivo di protezione in caso di catastrofi e di situazioni di emergenza. E prevedibilmente dovremo affrontare altre difficili situazioni pandemiche, che andranno ad aggiungersi a sempre più frequenti e gravi catastrofi naturali.

Il contesto della politica di sicurezza della Svizzera continuerà a essere sostanzialmente caratterizzato dalla crescente rivalità tra le grandi potenze. E in questo scenario le capacità dei servizi di intelligence sono essenziali per individuare tempestivamente minacce e cambiamenti strategici al fine di adottare le misure preventive necessarie, afferma la responsabile del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS).

Il rapporto del SIC pubblicato oggi fa tra l’altro notare che è durante le crisi prolungate gli estremisti violenti sia di destra e sia di sinistra cercano di sfruttare il potenziale di protesta nella società. In particolare in Svizzera si è mobilitata la frangia dell’estremismo di sinistra che, pur accettando le misure antipandemiche come restrizioni necessarie, ha criticato sempre più il divieto di manifestare durante il confinamento a partire da marzo 2020 e le misure di protezione per i lavoratori, ritenute insufficienti.

Nel 2020 il SIC ha rilevato 208 “eventi” motivati dall’estremismo di sinistra, di cui 107 atti violenti. Nell’area di destra i numeri risultano rispettivamente 21 e 1. Se finora il potenziale di violenza degli ambienti dell’estrema destra violenta era presente, mancava però la motivazione per commettere atti di violenza, per via del timore di conseguenze personali mostrandosi pubblicamente. Ma mancavano anche temi che unissero e figure carismatiche per eventuali azioni, aggiunge il SIC.

Riguardo ai ciberattacchi, sferrati in particolare attraverso le catene di approvvigionamento, gli 007 elvetici notano che le numerose imprese in Svizzera che offrono accessori e servizi ai gestori di infrastrutture critiche sono obiettivi interessanti anche per gli attori che operano su commissione di altri Stati. Questi attori stranieri tentano anche di acquisire in Svizzera materiale o tecnologie di punta per destinarli a programmi di armi di distruzione di massa o alla fabbricazione di sistemi vettori.

Lo spionaggio rimane poi una sfida onnipresente, con la digitalizzazione e l’interconnessione che consento un forte aumento di questo tipo di attività. Gli obiettivi dei servizi di intelligence stranieri rimangono invariati, con Ginevra che costituisce sempre un punto cruciale data la presenza delle organizzazioni internazionali e di numerose rappresentanze diplomatiche.

Secondo l’ultimo rapporto del SIC in Svizzera la minaccia terroristica è ancora elevata ed è caratterizzata principalmente da attori jihadisti, in primo luogo da singoli individui che agiscono autonomamente, tra cui un numero crescente di persone con problemi psichici. Ne sono un esempio l’omicidio di Morges (VD) nel settembre 2020 e l’attacco di Lugano nel novembre 2020.

Nelle zone di conflitto in Siria e in Iraq si trovano ancora viaggiatori con finalità jihadiste provenienti dalla Svizzera, precisa il rapporto. Finora 16 sono rientrati in Svizzera; l’ultimo nel 2016. Salvo poche eccezioni, i reduci dalle zone di conflitto non hanno attirato l’attenzione su di essi a causa del loro comportamento, scrivono i servizi segreti.

Il SIC sottolinea poi che i fattori di stabilità, ad esempio il controllo degli armamenti convenzionali e nucleari, si stanno indebolendo. I conflitti regionali come quelli in Ucraina, Siria o Libia possono trasformarsi in complesse guerre per procura con scarse prospettive di soluzione diplomatica, e celare il rischio di scontri militari tra le grandi potenze o le potenze regionali coinvolte. I conflitti latenti possono riprendere anche dopo decenni, come hanno dimostrato gli eventi nel Nagorno-Karabakh tra settembre e novembre 2020.

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