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Una passione che non significa solo sparare

Nei Grigioni la caccia è considerata un diritto dal 1526. Keystone

La stagione della caccia è uno dei periodi dell’anno più attesi in cantoni di montagna come i Grigioni. Malgrado sia considerata da alcuni un’attività barbara, non è fonte di particolare attriti tra cacciatori e protettori della natura.

Rony Frank ha la caccia nel sangue. «È una malattia, una passione, una dipendenza. Per tre settimane si è immersi completamente nella natura», dice a swissinfo.ch.

Lui e suo fratello Röbi provengono da una famiglia di cacciatori della Domigliasca, la valle lungo la sponda destra del Reno superiore nei Grigioni.

«Siamo tutti cacciatori», osserva Röbi. Già il nonno cacciava e Röbi si rivede quando, da ragazzo, imparava da suo padre i segreti del mestiere e le tradizioni dell’arte venatoria.

Röbi caccia ormai da 20 anni. Lavora come piastrellista e sfrutta quasi tutti i suoi giorni di vacanza per la stagione della caccia. Rony, carpentiere di professione, caccia dal canto suo da 21 anni.

Molteplici interessi

Entrambi hanno tempo solo per dedicarsi alla caccia alta – soprattutto cervi, caprioli e camosci – in settembre (la caccia bassa, che riguarda mammiferi più piccoli e uccelli, si svolge tra ottobre e novembre).

Röby caccia soprattutto «per svago, ma anche per il contatto con la natura, il fatto di osservare gli animali e naturalmente per la carne». Rony vorrebbe trasmettere la sua passione al figlio, che ha dieci anni e che lo accompagna già durante le battute.

La caccia è una tradizione e una vera e propria istituzione nel canton Grigioni. Il diritto di caccia è iscritto nella legge sin dal 1526. La posizione ufficiale del cantone consiste nel dire che questa attività è indispensabile da un punto di vista ambientale, ad esempio perché la popolazione di cervi aumenta ogni anno e se non venisse limitata causerebbe un disastro ecologico.

Le patenti di caccia, che devono essere rinnovate regolarmente, si contano a migliaia. Chi vuole cacciare, deve partecipare a giornate di formazione, di cura della selvaggina e di lavoro obbligatorie, come ad esempio dei censimenti, e poi passare un esame d’abilitazione piuttosto difficile. 

Non solo mettere a morte

Herbert Schönhart è un altro appassionato. Di professione è educatore. Vive e lavora nei Grigioni e a San Gallo. Austriaco di nascita, caccia anche in riserve in Cechia e Germania. Il padre vive in Stiria ed è anche lui cacciatore. Insomma, anche nel suo caso si tratta di un affare di famiglia.

«Oggi caccia vuol dire anche conservazione della natura e gestione della foresta», osserva. A volte gli enti preposti alla gestione della fauna selvatica fanno appello ai cacciatori per eliminare esemplari in sovrannumero, anche femmine e giovani. Quasi un’eresia per un cacciatore degno di questo nome. «Mio padre ha sempre e solo cacciato maschi adulti».

«Nei Grigioni i cacciatori devono essere determinati. La stagione è talmente corta che vanno a caccia con qualsiasi tempo», spiega Schönhart. Ne vale comunque la pena. «Cacciare e sparare provocano una grande euforia. Un po’ come per un calciatore segnare una rete o per un alpinista raggiungere la vetta».

Poco prima dell’apertura della caccia, Röbi Frank si sente attraversato da un sentimento di gioia anticipata, «ed è questa forse la cosa più bella». Poi, quando la stagione inizia è «semplicemente bello osservare gli animali, è un’esperienza autentica, che provoca anche un po’ di stress».

Suo fratello assente. Prima dell’apertura della caccia «non si può dormire». «Seimila cacciatori si ritrovano sullo stesso territorio e ciò causa un po’ di pressione competitiva. È vero, si uccidono animali, ma la vita continua e si fa spazio per una nuova vita».

Voci critiche

Come dappertutto la caccia è però anche oggetto di critiche, in particolare da parte di associazioni di protezione degli animali che ne chiedono l’abolizione, avanzando soprattutto ragioni di ordine morale. Gli avversari della caccia evocano inoltre il pericolo in cui incorre il resto della popolazione a causa dei colpi d’arma da fuoco e respingono l’argomento secondo cui la caccia è necessaria per regolare la popolazione di selvaggina. Un esempio è il cantone di Ginevra, dove la caccia è vietata dal 1974.

Nei Grigioni, però, le principali organizzazioni di protezione della natura non si oppongono alla caccia e collaborano coi cacciatori per portare avanti una strategia comune di conservazione. Un esempio è il Gruppo di lavoro ornitologia dei Grigioni, un’associazione che tra le altre cose si impegna per preservare delle riserve di uccelli.

«Nei Grigioni abbiamo una situazione speciale e, a mio modo di vedere, ideale», dice il presidente del gruppo Christoph Meier.

«Alcuni dei membri della nostra associazione sono cacciatori. Collaboriamo anche con l’Ufficio caccia e pesca cantonale. Molti guardiacaccia hanno seguito i nostri corsi e possono approfittare delle nostre conoscenze. Ci comunicano regolarmente i dati sulle loro osservazioni di uccelli, come rapaci o gufi. Sono sempre sul terreno e sono degli ottimi osservatori. Fondamentalmente non abbiamo nessun problema con la caccia».

Rony Frank è attivo in seno alla locale associazione di cacciatori ed è consapevole della dimensione politica della caccia. Secondo lui le critiche sono ingiustificate e provengono essenzialmente da persone che vivono in città, anche se naturalmente vi è pure gente del posto che si oppone.

«La gente vede solo il gesto di sparare», spiega. «Ma dobbiamo anche sparare ad animali giovani o vecchi, per ragioni di conservazione e per controllare la popolazione».

Ogni anno tra 6’000 e 7’000 persone cacciano nei Grigioni. Tra di loro anche circa 150 donne.

La caccia alta si svolge durante le ultime tre settimane di settembre. Principalmente si cacciano cervi, caprioli e camosci.

La caccia bassa viene aperta invece all’inizio di ottobre e dura sino a fine novembre. Durante questo periodo si possono cacciare uccelli e mammiferi più piccoli, come ad esempi lepri e marmotte.

Alcuni anni viene aperta anche una caccia tardo autunnale, in particolare se gli obiettivi di cattura di un determinato animale non sono stati raggiunti.

La caccia è severamente regolamentata da leggi cantonali, che applicano le disposizioni federali in materia di caccia e di protezione dei mammiferi e degli uccelli.

Nella maggior parte dei cantoni, i cacciatori devono disporre di una patente che permette di praticare l’attività sul territorio cantonale. Il numero di animali che il cacciatore può abbattere è limitato.

In alcuni cantoni esiste invece un sistema di caccia in riserva. I comuni concedono a un gruppo di cacciatori il diritto di caccia per un determinato periodo. A fine stagione i cacciatori devono comunicare la specie e il numero di animali abbattuti.

Solo nel canton Ginevra la caccia è vietata.

(traduzione di Daniele Mariani)

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