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Svizzeri che vogliono rendersi utili nel mondo

David Bösch

Sui 15mila giovani svizzeri che nel 2012 hanno preferito il servizio civile a quello militare, 162 hanno prestato la loro attività all'estero. Questa opzione è poco conosciuta e le esigenze sono elevate.

Servizio civile all’estero? Per esempio, come laboratorista per conto dell’Istituto tropicale svizzero? O come camionista per Medici senza frontiere in Africa? Oppure come insegnante di matematica in Brasile, o come istruttore per la disinfezione solare dell’acqua, o in qualità di esperto per progetti di pozzi d’acqua in un paese in via di sviluppo?

Queste ed altre possibilità nel campo della cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario sono proposte dall’Organo centrale d’esecuzione del servizio civile ZIVI ai giovani interessati ad effettuare il servizio civile fuori dei confini nazionali. Le condizioni sono rigorose.

Il candidato deve avere una formazione professionale completa o almeno due anni di studio, conoscere la lingua ufficiale del paese in cui intende prestare servizio e avere già acquisito una solida esperienza all’estero.

“E con esperienza all’estero non intendo delle vacanze in Brasile, ma conoscere la lingua e le condizioni locali”, dichiara a swissinfo.ch Samuel Werenfels, capo dello ZIVI. “Se il giovane non conosce i rischi che deve affrontare e non è in grado di valutare correttamente le condizioni di vita reali, non autorizziamo il suo impiego all’estero”.

Altri sviluppi

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Un’esperienza appassionante e istruttiva

Questo contenuto è stato pubblicato al È per puro caso che David Bösch è sbarcato in Benin. Dopo la scuola reclute e un corso di ripetizione ha concluso che non aveva senso continuare a prestare servizio militare. Ha perciò optato per il servizio civile e, dopo una lunga ricerca, ha trovato un posto adatto nella cittadina di Natitingou: Nel locale centro…

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Molto popolare, ma accessibile a pochi

“Siamo veramente di fronte a un dilemma”, sottolinea l’avvocato. “Ai giovani farebbe immensamente piacere andare all’estero. C’è molta domanda. Ma i requisiti per le missioni all’estero sono molto elevati e la maggior parte degli aspiranti non li soddisfa”.

Werenfels ha messo in piedi il servizio civile e nel 1996 ha personalmente accettato la prima domanda di servizio civile nella storia della Svizzera. Già allora era possibile prestare servizio all’estero, benché il numero di istituti e posti d’impiego fosse ancora modesto. Da allora è cresciuto anno dopo anno. Ma anche se le prestazioni all’estero sono più che raddoppiate negli ultimi quattro anni, costituiscono soltanto l’uno percento del totale.

Una ragione del basso tasso, oltre alle condizioni relativamente restrittive, è che l’esistenza di questa possibilità non viene gridata ai quattro venti. “Restiamo volutamente riservati e non facciamo alcuna pubblicità. Dopo che nel 2009 è stato abolito l’esame di coscienza, c’è stato un massiccio aumento di coloro che prestano servizio civile”, spiega Werenfels.

Thomas Anderegg deplora questa riservatezza. Inoltre, a suo avviso, l’intera procedura per l’impiego all’estero è troppo complicata. Il 22enne impiegato di commercio, che attualmente sta assolvendo la scuola di ufficiale, nel corso della Sessione dei giovani 2011 ha co-firmato una petizione che chiede l’ampliamento dell’offerta del servizio civile nel settore della cooperazione allo sviluppo.

“Al momento della coscrizione militare si dovrebbe essere più informati su questa opzione e l’accessibilità dovrebbe essere più facile”, afferma il giovane liberale radicale.” Perché è meglio mandare gente invece di denaro in quei paesi. Sarebbe un bene anche per l’immagine della Svizzera”.

Anche la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) conferma che il servizio civile all’estero è popolare tra i giovani. “Sono giovani che hanno un interesse per altre culture e altri paesi, disposti a trovarsi di fronte a un ambiente difficile”, ha indicato a swissinfo.ch il Servizio informazioni del Ministero svizzero degli affari esteri (DFAE).

Alla ricerca di specialisti

Per poter impiegare all’estero membri del servizio civile, oltre ad ottenere il riconoscimento dello ZIVI, gli enti interessati devono far confermare la loro idoneità dalla DSC. La loro sede dev’essere in Svizzera. Il servizio civile all’estero può per esempio essere effettuato presso organizzazioni umanitarie come Helvetas, Caritas, Terre des Hommes, oppure presso la DSC o con organizzazioni non governative che collaborano con essa.

“Il nostro motto è: noi inviamo specialisti, non mani o piedi. Di persone che possono lavorare in quei paesi ce ne sono abbastanza Ciò che manca, di solito, è uno specifico know-how”, rileva Samuel Werenfels.

È ovvio che queste missioni possono anche essere problematiche e rischiose. Se un paese è classificato come critico, coloro che vi prestano servizio civile devono frequentare il corso di “Gestione non violenta dei conflitti” e uno di sicurezza. “Consultiamo anche sistematicamente i consigli di viaggio del DFAE e in caso di dubbio verifichiamo la situazione con le ambasciate in loco. Se in un paese ci sono pericoli molto elevati, non vengono prestate attività del servizio civile”, puntualizza Werenfels.

Servizio Civile in mutazione

I responsabili dello ZIVI vogliono ridefinire ruolo e collocamento dell’impiego all’estero di coloro che assolvono servizio civile anche perché in diversi paesi la sicurezza è diventata più problematica. “Si devono eseguire anche compiti di promozione della pace? O nel campo della comprensione fra i popoli, come fanno altri Stati? Sarebbe concepibile l’impiego dei meno giovani in missioni di osservazione elettorale? O una collaborazione con il corpo di esperti del DFAE? Dove si situano i limiti?” Sono tutte domande che ci stiamo ponendo, dice Werenfels.

“Siamo ancora all’inizio del processo di riflessione. Dobbiamo da una parte fare una chiara valutazione dei rischi, ma dall’altra anche scoprire quali dovrebbero essere gli obiettivi specifici del servizio civile. Ci sono diverse opzioni relative a missioni all’estero. Bisogna scoprire se sono sensati e se dobbiamo andare in questa direzione o se invece così creiamo solo nuovi problemi”.

Nel 2012 vi sono stati 162 impieghi all’estero (2011: 171, 2010: 131, 2009: 97, 2008: 73). Ciò corrisponde all’1% di tutte le prestazioni del servizio civile.

Le prestazioni di servizio civile all’estero sono effettuate nel campo della cooperazione allo sviluppo o dell’aiuto umanitario. Solitamente gli impieghi si trovano nei paesi prioritari della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DEZA) del Ministero svizzero degli affari esteri.

Nel 2012 in totale 15mila svizzeri (2011: 14’349) hanno prestato servizio civile, per complessivi 1,2 milioni di giorni di servizio (2011: 1,1 milioni), in 3’527 istituti d’impiego (2011: 3’078).

Le attività di servizio civile si svolgono nei settori dei servizi sociali, della sanità, della protezione dell’ambiente e della natura, della conservazione di beni culturali, dell’agricoltura, della cooperazione allo sviluppo, dell’aiuto in caso di catastrofe e di situazioni di emergenza.

Il numero dei giorni di servizio civile prestati negli ultimi dieci anni è più che quadruplicato.

Chi è idoneo al servizio militare, ma vuole farlo per motivi di coscienza, dal 1996 può prestare servizio civile. Gli si chiede però la prova dell’atto: deve cioè prestare un numero di giorni pari a 1,5 volte quelli del servizio militare, vale a dire un totale di 390 giorni.

Nei primi anni, coloro che volevano prestare servizio civile invece di quello militare dovevano anche sottoporsi all’esame di coscienza. Dal 2009, devono invece semplicemente dichiarare di non voler fare il servizio militare per motivi di coscienza. La disponibilità a prestare un servizio più a lungo di quello militare è considerata una prova sufficiente. Ma siccome le domande di ammissione al servizio civile sono cresciute drasticamente, le condizioni per l’approvazione sono state inasprite.

(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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