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Sergio Vieira de Mello rivive sugli schermi

Scène de film avec un homme et une femme qui se regardent.
Il film di Netflix si concentra soprattutto sulla storia d'amore tra Sergio Vieira de Mello (interpretato da Wagner Moura) e Carolina Larriera (Ana de Armas). © 2019 Netflix

Su Netflix è da poco disponibile un film dedicato alla vita di Sergio Vieira de Mello. Il diplomatico brasiliano era morto in un attentato in Iraq nel 2003. Il suo decesso aveva causato un grande choc, in particolare a Ginevra, dove è sepolto l'ex alto commissario dell'ONU per i diritti umani.

Il 19 agosto 2003, nel tardo pomeriggio, un attentato dinamitardo scuote Baghdad: un camion-bomba esplode davanti all’albergo che ospita la missione delle Nazioni Unite. Ventidue persone sono uccise, tra cui Sergio Vieira de Mello, alto commissario per i diritti umani.

Una storia d’amore

Diciassette anni dopo questo dramma, la piattaforma Netflix ha distribuito un film dedicato agli ultimi anni di vita del diplomatico. Ad incarnare Sergio Vieira de Mello è l’attore brasiliano Wagner Moura, conosciuto dal grande pubblico soprattutto per la sua interpretazione del trafficante di droga colombiano Pablo Escobar nella serie Narcos.

Il film, intitolato sobriamente Sergio, è stato realizzato dallo statunitense Greg Barker. Il lungometraggio si concentra sulla storia d’amore tra il diplomatico brasiliano e Carolina Larriera, un’economista argentina con cui era sposato e aveva condiviso gli ultimi anni di vita.

Carolina Larriera si trovava pure a Baghdad il giorno dell’attentato, ma ne è uscita illesa. Contattata da swissinfo.ch, reagisce così al film: “Noi che veniamo dall’America Latina siamo presentati come persone affascinanti e, spesso, non come siamo veramente: delle persone preparate che lavorano sodo. A volte quando si è ridotti a una persona affascinante ci si sente a disagio. Siamo molto più di questo”.

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Un altro punto debole è la storia dei due innamorati, che non è stata così breve come sembra mostrare il film. Il lungometraggio dipinge comunque due individui con le loro personalità, i loro dubbi e la loro complessità e il bilancio è quindi tutto sommato positivo per Carolina Larriera.

Un altro aspetto cruciale è quello della sicurezza. Carolina Larriera si riferisce alla scena in cui l’alto commissario chiede che venga spostato un carro armato. Una richiesta – spiega – che non emanava da Sergio Vieira de Mello, bensì dalla “alta direzione dell’ONU che aveva deciso che il carro armato doveva essere ritirato per garantire l’indipendenza delle Nazioni Unite a Baghdad”.

Un’eredità da far conoscere

Ciò che Sergio Vieira de Mello rappresentava sta per essere salvato, sostiene l’economista argentina. E il film contribuisce a fare conoscere la vita e il lavoro “del funzionario più importante della storia dell’ONU”.

“È più fondamentale che mai ricordare che ci sono persone che credono in certi ideali e lottano per raggiungerli, come ha fatto Sergio”, prosegue.

Secondo lei, Sergio Vieira de Mello ha lasciato un’eredità costituita dall’empatia e dall’idea che delle soluzioni esistono. “Era convinto che la polarizzazione porta alla distruzione, che c’è un modo per fare avvicinare le persone e che quando i dirigenti fanno un passo in direzione dell’altro, le prime a trarne profitto sono le popolazioni”, sottolinea Carolina Larriera.

Un legame speciale con la Svizzera

Sergio Vieira de Mello è inumato nel cimitero di Plainpalais a Ginevra, dove sono sepolti, tra gli altri, anche il riformatore Giovanni Calvino, lo psicologo Jean Piaget o lo scrittore Jorge Luis Borges. Denominato il “cimitero dei re”, è riservato a personalità che hanno contraddistinto la storia di Ginevra, della Svizzera o del mondo. Un busto del diplomatico si trova anche di fronte all’albergo Wilson.

Kofi Annan davanti a un busto
Il busto di Sergio Vieira de Mello era stato inaugurato nel 2007 dall’allora segretario generale dell’ONU Kofi Annan. Keystone / Martial Trezzini

“Per Sergio la Svizzera ha un livello di vita incredibile. Questo aspetto metteva ulteriormente in evidenza la sofferenza della gente tra cui andava a lavorare. Ogni volta che tornava in Svizzera, era ancor più angosciato di abbandonare le popolazioni che soffrivano veramente. Penso che per lui la Svizzera rappresentasse il mondo come poteva essere”, conclude Carolina Larriera.

Daniele Mariani

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