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Sergio Libis reinventa la fotografia della moda

Un tocco artistico per i manifesti pubblicitari de la Rinascente. Biennale dell'immagine

Il fotografo svizzero Sergio Libis si trasferisce a Milano nel 1956. Nella capitale lombarda dei ruggenti anni del secondo dopoguerra, lavora nell'ufficio pubblicitario de "la Rinascente" dove si distingue per la grande capacità creativa e innovativa. Il Max Museo di Chiasso gli rende un doveroso e splendido omaggio.

Oliviero Toscani, l’enfant terribile della fotografia, non ha voluto mancare all’inaugurazione della mostra dedicata al noto fotografo svizzero Sergio Libis, legato da una lunga amicizia con Max Huber, il grafico e il designer elvetico a cui è stato dedicato il Max Museo a Chiasso, ora di proprietà del comune di frontiera.

Sì, perché se Oliviero Toscani è diventato il fotografo che conosciamo, è anche un po’ grazie a Sergio Libis, di cui è stato allievo. Contattato da Fedele Toscani, il padre di Oliviero, Libis ha fatto in modo che il figlio – desideroso di seguire le orme paterne – si iscrivesse alla Kunstgewerbeschule di Zurigo.

Pagine di storia degli anni ruggenti

Un dettaglio prezioso che in fondo vale solo per gli aneddoti, a margine della bella mostra intitolata “Sergio Libis. Fotografo a Milano 1956-1995” in calendario fino al 20 gennaio 2011. Una prima storica, dal momento che mai prima d’ora era stata organizzata una personale dedicata al fotografo sangallese, all’anagrafe Serge Libiszewski.

La mostra – curata dalla direttrice dell’Ufficio cultura di Chiasso Nicoletta Ossanna Cavadini e dal grafico Alberto Bianda – ripercorre una bella porzione di storia dell’Italia degli ultimi cinquant’anni attraverso le affascinanti e accattivanti campagne pubblicitarie di grandi marche prestigiose, come Olivetti, Pirelli, Alfa Romeo, Citroën, Bosch, Giorgio Armani e Prenatal.

Esposte in mostra più di un centinaio di fotografie a grande formato, manifesti e una interessante selezione di materiali elaborati fra il 1956 e il 1995, anno in cui Libis cessa l’attività professionale. Una sala dell’esposizione è dedicata ai materiali fotografici provenienti dall’archivio di Max Huber (1919-1992) che testimoniano l’amicizia fra i due.

Uno studio fotografico nel cuore di Milano

Nel 1962, dunque, Libis apre il suo studio professionale dedicandosi alla fotografia still life, al ritratto, alla moda e all’immagine pubblicitaria in generale. “Di grande immediatezza e sorprendente freschezza – insistono i due curatori – sono le sue campagne fotografiche commissionate da Olivetti, Pirelli, Alfa Romeo, Giorgio Armani e Prenatal, che lo vedono artefice come un regista sul set”. Negli stessi anni le sue copertine per la rivista Annabella e i suoi manifesti entrano a far parte della memoria collettiva di un’epoca.

Le foto selezionate sono bellissime, vive, vivaci, espressive, a tratti spensierate. Con Libis la foto di moda cambia radicalmente paradigma. Lo studio fotografico esce dalle quattro mura e invade la strada, gli spazi pubblici. Con i suoi scatti Libis coglie frammenti di vita e li fissa sulla carta patinata. Le foto dei soggetti, dalle pose spontanee, sono eleganti e graficamente ben strutturate.

Libis sorprende per la modernità, per i suoi arditi accostamenti sempre improntati ad un grande rigore formale e a una sobrietà stilistica. Le immagini che si possono ammirare al Max Museo sono davvero di rara piacevolezza.

Uno stile molto personale

“Sergio Libis ha dato vita ad uno stile personale estremamente riconoscibile – afferma Nicoletta Ossanna Cavadini – in cui la fotografia non è il risultato di un semplice scatto, ma di un pensiero, di un modo di intendere la creatività. Nei suoi reportage e nella copertine di Annabella, Gioia e Amica – continua la direttrice dell’Ufficio cultura – Libis rappresenta una donna vivace, sportiva, pronta a sedurre, capace quindi di documentare il grande cambiamento di ruolo che stava avvenendo nella società fra gli anni Sessanta e Settanta”.

Le foto selezionate per la mostra sono in fondo, anche lo specchio dell’air du temps. Questo grande cambiamento di società e costume documentato da Libis, si consuma sullo sfondo della metropoli milanese, che nel dopoguerra assurge a capitale progressista d’Europa.

L’esposizione di Chiasso è un bel complemento alla mostra di tre anni fa allestita negli spazi del Centro culturale svizzero di Milano, che aveva reso omaggio al ruolo di giovani fotografi, grafiche e grafici svizzeri – provenienti in modo particolare da Zurigo – nella Milano degli anni 1945-1970. Grazie soprattutto a personalità come il grafico svizzero Max Huber – amico di Libis – la Milano di quegli anni era diventata teatro di una stagione di rinnovamento delle arti grafiche.

Tornando al presente, a Chiasso dunque, la mostra dedicata a Sergio Libis non è solo un tributo ad un’immagine della “donna di copertina” soggetto e non oggetto di consumo. E’ una boccata di ossigeno, un’iniezione di gioia, un inno alla vita, un invito all’eleganza vera (quella che nasce da dentro) e un antidoto alla volgarità, alla banalità e all’avvilente sciatteria. Una mostra da vedere. Assolutamente.

Serge Libiszewski, meglio noto con il nome di “Sergio Libis”, nasce a San Gallo il 3 marzo 1930. Figlio d’arte, frequenta il corso triennale di fotografia presso la Kunstgewerbeschule di Zurigo. Nella sua carriera sarà determinante l’incontro con il grafico e l’artista Max Huber.

Dopo gli studi a Zurigo nel 1956 si trasferisce a Milano. Nella capitale lombarda lavora come fotografo nell’ufficio pubblicitario de “la Rinascente” . Nel 1961 apre il suo studio professionale.

Di grande immediatezza e sorprendente freschezza sono le sue campagne fotografiche commissionate da la Rinascente, Olivetti, Pirelli, Alfa Romeo, Giorgio Armani per Hitman e Prenatal. Negli stessi anni le sue copertine per la rivista Annabella e i suoi manifesti entrano a far parte della memoria collettiva di un’epoca.

Dopo aver insegnato alla Kunstgewerbeschule di Zurigo, all’Umanitaria di Milano, a Palazzo Fortuny di Venezia, Sergio Libis è stato anche docente di fotografia per grafici al Centro Scolastico Industrie Artistiche di Lugano.

Il catalogo che accompagna l’esposizione è curato da Nicoletta Ossanna Cavadini e Alberto Bianda con saggi di Claude Lichtenstein, Walter Binder, Nanni Baltzer e un’introduzione di Oliviero Toscani.

Edito da Gabriele Capelli Editore di Mendrisio, il volume pubblica per la prima volta un’ampia documentazione di immagini del fotografo svizzero, con testi in italiano e tedesco, 24×30, pp. 272.

Chiasso

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