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Sentinella dei diritti e delle libertà

La sede della Corte europea dei diritti dell'essere umano a Strasburgo

La Corte europea dei diritti dell'essere umano (CEDU) non è solo un'importante conquista, ma anche una garanzia per le libertà individuali.

Libertà che non sono sempre rispettate neppure nei paesi di lunga tradizione democratica. Basti pensare che la Svizzera nel 2006 è stata condannata nove volte.

Al Monte Verità di Ascona, sede permanente del Forum sui diritti umani “Veri Diritti”, il valore e lo strumento del diritto come tutela della democrazia e dei diritti fondamentali delle persone è stato ribadito a gran voce.

Due ospiti di primo piano, invitati sulla collina delle Utopie dalla sezione Ticino del Nuovo movimento europeo svizzero (Numes), hanno ricordato il valore del diritto come strumento di pace: il consigliere agli Stati ticinese Dick Marty, presidente della Commissione dei diritti dell’essere umano del Consiglio d’Europa, e il professor Giorgio Malinverni, giudice svizzero alla Corte europea dei diritti della persona.

L’Europa dei valori

“Non c’è soltanto l’Europa dell’economia – sottolinea Dick Marty – ma anche l’Europa dei valori. La Convenzione europea dei diritti dell’essere umano, ratificata dalla Svizzera nel 1974, costituisce una grande conquista nel campo della tutela delle libertà fondamentali e delle minoranze. La Corte è l’unica garanzia di vera giustizia”.

Perché la Corte pone sul piatto della bilancia della giustizia tutti i paesi allo stesso modo. Svizzera compresa, che nel 2006 è stata condannata ben nove volte. “Le sentenze che riguardano il nostro Paese – spiega Marty – toccano i campi più disparati: dall’adozione al ricongiungimento familiare, dall’espulsione al diritto fiscale”.

Le sentenze della Corte europea, aggiunge ancora il senatore, non hanno un effetto cassatorio, non possono cioè annullare la decisione di un tribunale rinviando la causa all’istanza precedente. Hanno però un indiscusso e chiaro valore giurisprudenziale. In fondo le sentenze della CEDU vanno ad arricchire un patrimonio giuridico europeo nel campo dei diritti dell’essere umano.

Strasburgo, baluardo dei diritti

Il lavoro a Strasburgo – sede della Corte europea dei diritti dell’essere umano, istituita dall’omonima Convenzione per assicurarne il rispetto – non manca di certo. Lo sa bene il giudice svizzero Giorgio Malinverni, che dal 19 gennaio 2007 è membro della Corte, subentrando a Luzius Wildhaber

“Nel 2006 sono stati inoltrati complessivamente 51 mila ricorsi – ricorda il giudice – ma circa il 90% sono stati respinti perché privi delle condizioni di ammissibilità o perché manifestamente infondati. Solo il 10% passa dunque in giudicato”.

Oltre cinquantamila dossier rimangono comunque una cifra enorme, risultato tangibile dell’incredibile aumento dei ricorsi inoltrati negli ultimi anni. “Si è passati dai 25 mila ricorsi del 1999 agli oltre 50 mila attuali. Questa cifra – sottolinea il giudice – conferma l’importanza crescente del ruolo della Corte a cui fanno capo sempre più persone. Fino agli anni Ottanta le sentenze emesse erano tre/quattro all’anno, oggi le cose sono molto cambiate”.

L’ingresso dei paesi dell’Est nel Consiglio d’Europa hanno manifestamente contribuito ad aumentare la mole di lavoro della Corte. “Il 20% dei ricorsi proviene infatti dalla Russia che, unitamente a Romania, Polonia, Ucraina e Turchia, determina il 70% di tutti i ricorsi. I ricorsi di questi paesi – evidenzia il giudice – sono spesso legati a gravi violazioni dei diritti fondamentali”.

Rafforzare la cultura giuridica

Se è vero che quando si parla di diritti della persona e di privazioni delle libertà fondamentali, il pensiero corre principalmente a quelle realtà dove le violazioni sono gravi, costanti e ripetute, non dobbiamo scordarci di fermare lo sguardo anche sui paesi democratici, le cui radici affondano nello Stato di Diritto. In materia di diritti umani le legislazioni sono, infatti, spesso carenti.

La Corte europea, come garante del rispetto della Convenzione dei diritti dell’essere umano, rappresenta certamente la massima istanza di tutela. Ma svolge anche un ruolo più politico. “Le sentenze della Corte – ricorda Dick Marty – possono essere lo spunto per importanti riforme, dal momento che possono orientare le legislazioni nazionali dei paesi membri del Consiglio d’Europa, permettendo un adeguamento delle leggi o propiziando dei cambiamenti”.

In questo senso lo sforzo profuso dai giudici di Strasburgo va nella direzione di rafforzare la cultura giuridica europea nel campo dei diritti umani. “Attraverso le nostre sentenze – conclude Giorgio Malinverni – vogliamo favorire lo sviluppo di uno ‘jus commune europaeum’, ovvero di un impianto normativo il più possibile omogeneo tra i paesi membri del Consiglio d’Europa”.

swissinfo, Françoise Gehring, Ascona

Il Consiglio d’Europa, con sede a Strasburgo, è un’organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa.

Il Consiglio d’Europa è stato fondato il 5 maggio 1949 con il Trattato di Londra. La Svizzera vi ha aderito il 16 maggio 1963. Le iniziative del Consiglio d’Europa non sono vincolanti e vanno ratificate dagli Stati membri, che ora sono 47.

La Convenzione europea dei diritti umani è stata approvata a Roma del Consiglio d’Europa, il 4 novembre 1950. E’ entrata in vigore il 3 settembre 1953. La Svizzera l’ha ratificata nel 1974.

Garantisce i diritti fondamentali quali il diritto alla vita, la proibizione della tortura, il diritto alla libertà e alla sicurezza, a un equo processo, al rispetto della sfera privata, la libertà d’opinione o il divieto della discriminazione.

La Corte europea dei diritti umani, istituita dalla Convenzione, è composta da un numero di giudici pari a quello degli Stati contraenti. Non vi è alcuna restrizione quanto al numero di giudici aventi la stessa nazionalità.

Attualmente presso la Corte ci sono infatti due giudici svizzeri, poiché il principato del Liechtestein ha proposto un candidato elvetico, ossia Mark Villiger. I giudici sono eletti, ogni volta per sei anni, dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.

Alla Corte può rivolgersi uno Stato o un individuo che si ritiene vittima di una violazione della Convenzione. Le lingue ufficiali sono l’inglese e il francese, ma i ricorsi possono essere presentati nelle lingue dei paesi membri.

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