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SEE: quali ricordi sono rimasti della storica votazione di trent’anni fa?

Christoph Blocher redet, Vreni Spoerry und andere EWR-Befürworter:innen hören zu.
Parla l'oppositore dello SEE Christoph Blocher (a sinistra). Sostenitori e sostenitrici dell'accordo, tra cui Vreni Spoerry (terza da destra), ascoltano. Keystone / Str

Il dibattito sull'adesione allo Spazio economico europeo (SEE) ha spaccato in due il Paese come raramente era successo in precedenza. Tre persone che nel 1992 hanno detto "sì" volgono lo sguardo a ritroso su quel voto storico.

Negli anni Novanta del secolo scorso, molte persone che avevano vissuto il periodo della Guerra fredda si sono lasciate prendere dall’ottimismo che regnava in Europa. Ad esempio, il 1° agosto 1991, l’allora consigliere nazionale Ulrich Bremi, membro del Partito liberale radicale, tenne un discorso sul praticello del Grütli, culla della Confederazione elvetica, e annunciò: “Voi, care svizzere e cari svizzeri, oggi guardate al Grütli perché volete sapere in che direzione siamo diretti. Dove ci porterà questo viaggio? La risposta è: Europa!”.

Ma non tutti la pensavano così: la campagna per il voto sull’adesione allo SEE ha palesato le nuove linee di frattura, accentuandole.

Lo SEE è un’ampia zona di libero scambio. Gli accordi regolano anche altri settori, ad esempio l’ambiente, gli affari sociali, la ricerca. La disputa in Svizzera è durata tredici mesi, un periodo eccezionalmente lungo.

Il 6 dicembre 1992, il 50,3% delle persone aventi diritto di voto ha deposto un “no” nell’urna. La partecipazione è stata eccezionale: il 78% della popolazione è andata alle urne, la quota più alta dall’introduzione del suffragio universale. Prima di quella fatidica domenica, le indecise e gli indecisi erano ancora molti. Alla fine di novembre, il 13% non sapeva ancora se avrebbe votato a favore o contro l’accordo.

La Radiotelevisione della Svizzera tedesca dedicò una trasmissione al “disorientamento di fronte allo SEE” delle svizzere e degli svizzeri. Davanti alle telecamere, una partecipante al dibattito illustrò il suo stato d’animo, la sua sensazione di essere “manipolata” da una “valanga provocata dai partiti della sinistra e della destra”. Per questo motivo non ascoltava più nessuno.

Nella Svizzera francese, buona parte della popolazione era favorevole all’adesione al progetto europeo. Nella Svizzera tedesca e in quella italiana dominava invece lo scetticismo. Soprattutto negli ambienti rurali e conservatori si temeva per la democrazia diretta e la neutralità.

Le linee di frattura attraversavano tutti i partiti. SWI Swissinfo.ch ha incontrato tre persone che allora avevano messo un “sì” nelle urne. Due erano attive politicamente a livello nazionale. Ruedi Baumann, membro del Partito dei Verdi, e Vreni Spoerry, del Partito liberale radicale (PLR), hanno partecipato a innumerevoli tavole rotonde dove si sono scontrati spesso con colleghe e colleghi di partito. Il liberale Markus Somm era uno studente che parteggiava per la sinistra trent’anni fa.

Vreni Spoerry: prevenire l’adesione all’UE grazie allo SEE

FDP-Politikerin Vreni Spoerry
Vreni Spoerry, fotografia degli anni ’90. Keystone / Yoshiko Kusano

L’allora consigliera nazionale Spoerry ricorda ancora molto bene che, sera dopo sera, partecipava a dibattiti e viaggiava per tutta la Svizzera. Spesso doveva esporre i suoi argomenti davanti a un pubblico ostile all’adesione allo SEE poiché le persone contrarie erano riuscite a mobilitare meglio la base. “La cosa sorprendente di questa campagna in vista del voto era che le opinioni divergevano anche all’interno delle famiglie, della cerchia di amicizie e dei partiti”, ricorda Vreni Spoerry. La questione intorno allo SEE creò delle fratture trasversali che attraversavano i fossati precedenti.

“Non ho più vissuto una situazione analoga”. Stando a Spoerry, vennero diffuse molte informazioni sbagliate. Ad esempio, un suo amico sosteneva con veemenza che, se la Svizzera avesse aderito allo SEE, sarebbero stati imposti esami e restrizioni per accedere ai corsi di laurea.

La sera del 6 dicembre del 1992 ha potuto finalmente tirare un sospiro di sollievo quando le urne hanno emesso il loro verdetto. Ed è una Spoerry rilassata quella che appare in televisione durante una trasmissione di SRF. “Il popolo ha deciso”, ha detto quando le proiezioni non lasciavano più dubbi. “Affronteremo insieme questa difficile strada che ora dobbiamo imboccare”.

E quella strada culminò con la firma degli accordi bilaterali che per tanti anni regolarono i rapporti tra la Svizzera e l’Unione europea (UE). Spoerry, che faceva parte del Consiglio di amministrazione della Swissair fino al suo grounding (quando gli aerei erano rimasti bloccati a terra per mancanza di risorse), ricorda che la compagnia aerea di bandiera aveva risentito a lungo delle conseguenze della bocciatura dello SEE. “Non poteva più volare liberamente nei cieli europei. Era l’unica compagnia che non poteva decollare con un aereo da Londra, far salire e scendere passeggieri a Parigi e poi raggiungere Vienna”.

Spoerry racconta che una volta era stata invitata in Finlandia per spiegare le ragioni del “no” allo SEE. Un finlandese le aveva detto che nell’UE era peggio che sotto gli zar di Russia. Lei era sempre stata contraria a un’adesione all’UE, ma nel 1992 credeva che bisognasse aderire allo SEE per non entrare nell’Unione europea.

In Finlandia, Spoerry spiegò, come fa oggi a Swissinfo.ch, che il ruolo del Governo fu decisivo. “Il consigliere federale Adolf Ogi sosteneva che lo SEE era una sorta di campo d’allenamento in vista dell’adesione all’UE”. Durante la campagna per la votazione, Spoerry aveva spesso ribadito che non tutte le persone che si erano allenate erano poi andate alle Olimpiadi.

Tuttavia, una maggioranza non era disposta a correre il rischio.

Ruedi Baumann: il contadino che ama l’Europa

Grünen-Präsident Ruedi Baumann bei seiner Verabschiedung 2001
Ruedi Baumann (a sinistra) nel 2001, quando lasciò la presidenza del Partito ecologista svizzero. Keystone / Michele Limina

“Quando è stato? Il 1992?” chiede Ruedi Baumann. “Sono trent’anni fa”. La campagna per il voto sullo SEE ha segnato l’inizio della carriera politica a livello nazionale del contadino biologico del canton Berna che in seguito ha assunto la presidenza del Partito dei Verdi della Svizzera e che da quasi vent’anni gestisce un’azienda agricola biologica in Francia. Baumann dice di essere un contadino ecologista che con la sua famiglia “ha aderito all’UE”.

“Fin dall’inizio ci sono state accese discussioni nel gruppo parlamentare”, ricorda Baumann, eletto in Consiglio nazionale nel 1991. Le polemiche hanno preso in fretta il sopravvento sul dibattito. Chi era contrario sosteneva che lo SEE avrebbe definito la forma e la curvatura di un cetriolo.

“Già durante il mio apprendistato di contadino avevo sentito l’idea secondo cui il commissario dell’UE avrebbe distrutto la nostra agricoltura e avrebbe promosso la creazione di aziende agricole gigantesche sul modello dei Kolchoz sovietici”, dice Baumann. Negli anni Ottanta ha lavorato come praticante in una fattoria in Inghilterra e durante i suoi viaggi da autostoppista ha visto personalmente come collaboravano gli altri Paesi europei.

Ruedi Baumann (zweiter von rechts) an einem Tisch mit anderen linken EWR-Befürwortenden.
Conferenza stampa del gruppo “Per una Svizzera sociale in un’Europa sociale. Critiche allo SEE” nell’ottobre 1992. Ruedi Baumann è il secondo da destra. Il noto scrittore Peter Bichsel è seduto all’estrema destra. Keystone / Str

Baumann è ancora un convinto sostenitore dell’UE. “Come contadino ho a che fare con l’Europa da 22 anni”. Le condizioni quadro per l’agricoltura non sono peggiori che in Svizzera. “Ad esempio, in campo ecologico sono più avanti”. Il tono divertito si fa più tagliente quando parla della situazione attuale. “In Francia non si parla quasi più della Svizzera. Quando lo si fa, non la si indica come un modello da seguire”. Nell’opinione pubblica si è radicata l’immagine secondo cui la Svizzera vuole solo trarre dei vantaggi da qualsiasi situazione: segreto bancario, denaro sporco, paradiso fiscale, soldi degli oligarchi russi.

La discussione sullo SEE ha spinto i Verdi a tifare UE, “anche perché il ‘no’ allo SEE ha favorito l’ascesa del miliardario dell’UDC Christoph Blocher”. Nella Svizzera tedesca regnava un grande scetticismo nei confronti dell’adesione allo Spazio economico europeo. “L’argomento principale dei Verdi contro l’integrazione europea era che comunque non avremmo potuto avere voce in capitolo”. Non è forse così? “La ridefinizione di alcuni aspetti della nostra democrazia diretta sarebbe stata negoziata nella domanda d’adesione. E visto che non si è giunti a tanto, ora si possono sostenere idee campate per aria”, dice Baumann.

Negli ambienti della sinistra alternativa si era scettici nei confronti di un’eccessiva vicinanza all’Europa, non perché ci si volesse isolare o per paura, ma perché si era “per un’integrazione europea” che “sarebbe stata più democratica e sociale”. Stando alle analisi post voto, il 2% delle persone che si erano recate alle urne era a favore dell’UE, ma non per lo Spazio economico europeo. Secondo lo studio, il 53% di chi simpatizzava per i Verdi aveva votato “sì” all’adesione allo SEE. Una maggioranza risicata.

Lo scrittore Otto F. Walter scrisse un mese prima del voto nel settimanale di sinistra Wochenzeitung che a Bruxelles “un gruppo di uomini sconosciuti” avrebbe deciso sulle nostre questioni economiche, sociali e ambientali. Le loro deliberazioni sarebbero state “definitive” e prese “a porte chiuse”. Il Consiglio federale e il Parlamento non “dovranno più temere le obiezioni del popolo” poiché non avrà più voce in capitolo. L’autore dell’articolo, morto nel 1994, credeva che l’adesione allo SEE avrebbe promosso il “dominio delle forze del libero mercato” e che avrebbe portato allo “smantellamento dei diritti popolari”.

Markus Somm: in sintonia con il padre

Markus Somm mit den Händen an den Hosentaschen
Markus Somm nella redazione del suo portale di notizie online Nebelspalter.ch © Keystone / Gaetan Bally

In totale, una netta maggioranza di coloro che si consideravano di sinistra era a favore dello SEE, così come buona parte di chi sosteneva le idee del Partito liberale radicale.

Nel 1992, Markus Somm, studente sinistroide, per la prima volta condivide le idee politiche del padre, Edwin Somm, direttore del gruppo industriale ABB. “Per noi era importante votare ‘sì’ per lo SEE. È stata la prima grande questione su cui mi sono trovato d’accordo con mio padre”.

In quelle settimane, Somm è sceso in campo a fianco del padre. “L’ho accompagnato e ho scritto per lui alcuni discorsi”, ricorda. Oggi, Markus Somm è un giornalista della destra borghese ed è un imprenditore. La sua piattaforma “Nebelspalter” – storica rivista satirica – viene finanziata da aziende che si oppongono a un accordo quadro con l’UE.

Prima del voto sullo SEE, Somm dice che regnava “un’atmosfera da tabula rasa”. “C’erano sentimenti isterici contrastanti che oscillavano dal panico alla speranza: per alcune persone tutto sarebbe stato diverso dopo il 1989 [l’anno della caduta del muro di Berlino ndt], per l’ala della destra blocheriana esisteva soltanto il passato”. Per entrambi gli schieramenti si doveva decidere tra “la vita e la morte”. In seguito, al risultato è stato attribuito un valore simbolico ancora maggiore visto che il Consiglio federale non ha ritirato subito la domanda d’adesione all’UE. Ciò ha facilitato l’ascesa dell’UDC.

Leggete il nostro reportage su come il voto sullo SEE viene ricordato oggi nelle fila dell’UDC:

Altri sviluppi
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Un “no” che ha dato inizio all’ascesa dell’UDC

Questo contenuto è stato pubblicato al Trent’anni dopo il “no” all’adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo, l’Unione democratica di centro ripercorre quella storica votazione.

Di più Un “no” che ha dato inizio all’ascesa dell’UDC

Come giornalista, dalla metà degli anni Novanta Somm ha seguito lo sviluppo del Partito popolare democratico. In molte sue roccaforti, i timori rispetto allo SEE erano particolarmente grandi. “La Svizzera centrale era molto patriottica e conservatrice e le persone credevano al mito della fondazione della Confederazione”. Negli anni Novanta, l’UDC ha fondato lì le prime sezioni. “Nel canton Svitto non c’era ancora l’UDC”, dice Somm. Alle ultime elezioni, il 36,9% delle persone aventi diritto di voto nel canton Svitto ha scelto la lista UDC. Anche il PLR, partito a cui è affiliato Somm, non si è “ancora davvero ripreso” dalla disputa intorno all’UE e ha perso “una parte dell’élite economica”.

Anche se gli effetti di quel voto e di quel dibattito hanno segnato in maniera duratura il panorama politico della Svizzera, Somm vede quella votazione come “un capitolo della storia”. Inoltre, il giornalista ritiene che non ci sarà un nuovo tentativo di integrare la Confederazione nell’Europa – il progetto dell’accordo quadro otterrebbe “forse il 30%” dei favori in una votazione popolare.

La percentuale delle persone favorevoli all’adesione all’UE è infatti ai minimi storici. Tuttavia, a causa della crisi energetica e della situazione mondiale, i rapporti con l’Unione europea sono considerati fondamentali dalla popolazione. Ad esempio, le relazioni con l’Europa sono al quarto posto nel barometro delle preoccupazioni 2022 del Crédit Suisse. Stando allo studio, per il 66% delle persone aventi diritti di voto è importante fino a molto importante che ci sia una “svolta” nei negoziati con l’UE dopo il fallimento dell’accordo quadro. La maggior parte delle persone interpellate non crede però che si riuscirà a dare “una svolta” alle trattative.

A cura di David Eugster

Traduzione dal tedesco: Luca Beti

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