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Perché in Ticino si muore di più per Covid?

Un medico alla prese con un paziente Covid.
Il reparto Covid dell'Ospedale La Carità di Locarno. Keystone / Alessandro Crinari

In questa seconda ondata della pandemia, il Ticino è una delle regioni con il più alto tasso di mortalità d’Europa: da inizio ottobre sono morte 492 persone (stato: 10 gennaio 2020). Questo significa che nel periodo considerato (1. ottobre 2020 – 10 gennaio 2021) sono stati registrati 142 decessi ogni 100'000 abitanti. La Lombardia – ritenuta il focolaio d’Europa – ha dati decisamente inferiori: 88 decessi ogni 100'000 abitanti. Come si spiegano questi dati?

In Ticino l’annunciata seconda ondata della pandemia parte a inizio ottobre. Tra luglio e settembre il numero dei pazienti ospedalizzati resta costante (da 0 a 3) mentre l’ultimo decesso risale al 12 giugno. Per mesi gli ospedali ticinesi non segnalano alcun paziente in terapia intensiva.

La situazione cambia a ottobre: dai 5 nuovi contagi del primo ottobre saliamo ai 404 del 31 ottobre. Il primo decesso della seconda ondata viene segnalato il 13 ottobre, esattamente 4 mesi dopo l’ultimo. Nella settimana 43 (19-25 ottobre), i decessi in Ticino per Covid (media settimanale di 0.8 ogni 100’000 abitanti) sono la metà di quelli lombardi (1.7).

Dieci settimane dopo, la situazione sul fronte dei decessi per Covid è completamente stravolta: nella settimana 53 (28 dicembre – 3 gennaio) il Ticino registra 14.5 decessi ogni 100’000 abitanti (media settimanale) contro i 4 della Lombardia

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Cosa è successo in questi due mesi e mezzo?

Durante il mese di ottobre il numero di contagiati aumenta vertiginosamente in tutta Europa. In Lombardia si passa repentinamente dai 300 nuovi contagiati del primo ottobre ai 5’000 il 24 ottobre. In Ticino durante lo stesso periodo si passa da 5 a 257 nuovi contagi giornalieri. Si ricomincia a morire per Covid.

“Gli effetti delle misure restrittive hanno un primo effetto sul numero di morti dopo circa un mese e mezzo”. Vittorio Demicheli

Il virus batte alle porte e la politica risponde. Il 24 ottobre viene firmata una nuova ordinanza del Governo italiano e della Regione Lombardia per limitare la diffusione del coronavirus. Il Dpcm (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) prevede tra l’altro la chiusura dei ristoranti, bar, gelaterie e pasticcerie alle 18 nei giorni feriali e la domenica. Stop a cinema, teatri, casinò, sale scommesse. Blocco anche per palestre, piscine, centri benessere e centri termali. Vietate sagre, fiere e tutti gli eventi simili. Stop pure alle feste, comprese quelle legate a cerimonie civili e religiose. Coprifuoco a partire dalle 22.

Gli effetti delle misure restrittive, come ci spiega Vittorio Demicheli – epidemiologo, direttore sanitario dell’Ats di Milano, e tra i componenti della Cabina di regia che analizza i dati inviati dalle Regioni e stila il report settimanale sull’evoluzione del contagio in Italia – sono visibili dopo 15 giorni sul numero dei contagi. Si deve aspettare circa un mese per vedere l’effetto sui ricoveri mentre le misure restrittive hanno un primo effetto sul numero di morti dopo circa un mese e mezzo.

Lo stesso giorno, il 24 ottobre, il governo elvetico mette in consultazione (non in vigore) le misure restrittive che prevedono l’utilizzo della mascherina anche all’aperto (cosa che l’Italia prevede da un mese ormai) e altre misure per il contenimento dei contagi, decisamente più blande rispetto a quelle italiane.

A inizio novembre la situazione si fa critica. Sia in Ticino sia in Lombardia si passa dai 3 morti ogni 100’000 abitanti dell’ultima settimana di ottobre (settimana 44) agli 8 decessi della settimana successiva (settimana 45).

Aperti solo industrie, scuole fino alla prima media, barbieri e parrucchieri, servizi di prima necessità. Vietati gli spostamenti anche all’interno della regione se non per lavoro, studio, salute o comprovata necessità.

Con questi numeri, il 6 novembre scatta in Lombardia la Zona Rossa. Nello stesso periodo in Svizzera ogni cantone si muove come meglio crede. Il federalismo gioca un ruolo importante durante questa seconda ondata della pandemia.

Quando, alla fine della prima ondata, la competenza di introdurre misure è passata ai cantoni, questi sono stati timidi nell’introdurre provvedimenti. Così, mentre il canton Ginevra chiude quasi tutto, il Ticino non prevede misure particolari e segue il resto della Confederazione. Gli esperti chiedono misure più severe che faticano ad arrivare.

«Il numero dei decessi in Ticino – commenta Raffaele De Rosa, Direttore del Dipartimento della sanità e della socialità del canton Ticino – suscita in prima battuta sconforto e sentimenti di solidarietà verso chi è colpito da un lutto. Purtroppo il coronavirus ha un impatto severo soprattutto sulle persone anziane e vulnerabili. Il canton Ticino è il più “vecchio” della Svizzera e certamente questa caratteristica demografica è un elemento che spiega il tasso di mortalità importante nel nostro Cantone. Spetterà però alla scienza dare risposte, considerato che le incognite legate a questo virus rimangono molte”. 

Detto questo, Raffaele De Rosa non esclude “che misure restrittive più severe e messe in atto prima avrebbero aiutato, anche se l’evidenza della prima ondata dimostra che il Ticino, nonostante un lockdown molto più esteso e severo rispetto al resto della Svizzera, ha purtroppo comunque conosciuto un’elevata mortalità anche in primavera”.

Effetti delle misure restrittive

Le prime importanti misure lombarde per il contenimento del virus risalgono alla fine della settimana 44 e la Zona Rossa viene introdotta nella settimana 45. In Lombardia i morti sono mediamente 2 su 100’000 abitanti in una settimana. Meno di 1 in Ticino. Dopo 6 settimane, come ha specificato Vittorio Demicheli, si possono notare gli effetti delle misure prese sul numero dei decessi. I morti in Lombardia salgono fino a 12 alla settimana su 100’000 abitanti per poi iniziare a scendere. Tutto come previsto. Nell’ultima settimana, quella a cavallo della fine dell’anno, i decessi scendono a 4 ogni 100’000 abitanti. In Ticino durante lo stesso periodo, dopo un picco a metà novembre (17 morti su 100’000 abitanti), i decessi si stabilizzano mediamente attorno ai 14 ogni 100’000 abitanti alla settimana.

“Spetterà alla scienza dare risposte, considerato che le incognite legate a questo virus rimangono molte” Raffaele De Rosa

Come leggere questi dati? Demicheli non ha dubbi: “Una cosa posso dirla con certezza, se dopo un mese e mezzo dall’introduzione delle misure restrittive i morti diminuiscono questo è sicuramente dovuto alle decisioni prese per combattere l’epidemia. Se il numero dei morti per contro stagna e non scende, questo significa che non sono state prese le misure di contenimento corrette o la gente non ha seguite le indicazioni”.

Seguendo il ragionamento di Vittorio Demicheli, in Ticino si dovrà attendere l’ultima settimana di gennaio o la prima di febbraio per vedere finalmente gli effetti delle misure di contenimento introdotte il 22 dicembre 2020.

“Per quanto di mia competenza – sottolinea Raffaele De Rosa – posso dire che come Dipartimento ci siamo fatti portavoce in Consiglio di Stato delle preoccupazioni dei sanitari, in particolare di chi negli ospedali di riferimento Covid prende a carico i decorsi gravi della malattia. Sul tavolo del governo ho quindi portato riflessioni e misure. Il Consiglio di Stato poi pondera i diversi elementi in gioco e prende i provvedimenti che ritiene adatti al momento: abbiamo sempre seguito molto da vicino l’evolversi della situazione, privilegiando la politica dei piccoli passi. In tal senso, il Cantone nella prima ondata è stato un pioniere nelle misure adottate per contenere la diffusione del virus. Nel corso dei mesi ha poi continuato a tenere alta la guardia, prendendo decisioni anche più severe rispetto a quanto adottato sul piano nazionale (penso ad esempio alla limitazione dell’attività dei locali notturni quest’estate, oppure a regole più stringenti negli assembramenti pubblici e privati)”.

Confronto internazionale

A metà novembre escono dati poco incoraggianti: uno studio dell’università di Oxford spinge i media a descrivere la Svizzera come uno dei peggiori Stati nella gestione della seconda ondata della pandemia. A inizio dicembre la Confederazione decide comunque di aprire le stazioni sciistiche, contrariamente al resto dell’Europa. Si deve attendere il 22 dicembre prima che la Svizzera introduca misure più severe, come la chiusura di bar e ristoranti. Gli alberghi restano aperti.

A differenza della Svizzera, gli Stati che le stanno attorno hanno preso misure più severe più velocemente: La Francia entra in lockdown il 30 ottobre, la Germania impone un lockdown parziale il 2 novembre, l’Austria decreta il lockdown il 17 novembre E anche in questo caso i numeri parlano chiaro: il Ticino presenta una mortalità fino a quattro volte superiore alle regioni limitrofe alla Svizzera.

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Confronto nazionale

In Ticino anche a livello nazionale mostra numeri decisamente superiori a tutti gli altri cantoni. Al di là degli effetti delle misure di contenimento, i dati ticinesi sui decessi Covid paragonati a quelli degli altri cantoni elvetici restano significativamente superiori. In questo caso, il Ticino registra il più alto tasso di mortalità in Svizzera considerando la prima e la seconda ondata, come ci mostra in modo evidente la cartina:

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In Svizzera, il Governo federale ha adottato una serie di misure valide su tutto il territorio nazionale, ad esempio l’obbligo di indossare mascherine in tutti gli spazi pubblici in cui non è possibile mantenere la distanza. A seconda della situazione epidemiologica, ogni Cantone può però prendere provvedimenti più restrittivi di quelli previsti a livello federale.

La conferma arriva dai dati del 2020, pubblicati dall’Ufficio federale di statisticaCollegamento esterno. In Svizzera si è registrato un aumento del 11,4% di decessi sulla media degli ultimi 5 anni. In totale nell’anno appena trascorso sono morte 74’549 persone (contro le 66’908 della media del periodo 2015/2019).

In Ticino sulla media degli ultimi 5 anni si è registrato un aumento del 27,6% dei decessi, per la prima volta è stata superata la soglia dei 4’000 morti in un anno. 

Il federalismo, come detto in precedenza, ha permesso ai diversi cantoni di rispondere in modo diverso e spesso opposto. È il caso che si è creato tra Ginevra e Vaud nel mese di novembre. I ginevrini non possono fare acquisti di beni considerati non essenziali nei negozi del loro Cantone, poiché le serrande di questi commerci sono state abbassate il 2 novembre.

A strofinarsi le mani sono i commercianti vodesi. Dal centro di Ginevra, in una ventina di minuti di auto si arriva nel Cantone Vaud, dove i negozi continuano a funzionare come prima.

Le differenze sono ancora più marcate tra la Svizzera francese, dove praticamente dappertutto bar, ristoranti o palestre sono stati chiusi già a novembre e la Svizzera tedesca. Qui la vita sembra scorrere senza particolari patemi d’animo.

In tutto questo il Ticino, rispetto alla prima ondata dove aveva preso misure decisamente più severe del resto della Svizzera come ha ricordato prima Raffaele De Rosa, questa volta ha seguito i cantoni svizzero tedeschi, più restii a introdurre misure restrittive severe. A fronte dei numeri, il governo federale ha infine deciso di introdurre nuove misure restrittive che tutti i cantoni devono seguire: dal 18 gennaio nuovo lockdown parziale.

“Occorre mantenere un equilibrio – conclude Raffaele De Rosa – adattandolo al contesto in cui ci si trova, anche in termini di società (la prima e la seconda ondata non sono paragonabili). Bisogna infatti considerare che la tutela della salute della popolazione comprende pure quella mentale: una pandemia che perdura nel tempo ha un impatto forte sotto questo profilo. Le conseguenze sociali, economiche e psicologiche del Coronavirus emergeranno verosimilmente sul lungo termine, anche se alcuni effetti già oggi purtrpopo si possono intravvedere. Come autorità, dobbiamo tenerne conto e sostenere la popolazione affinché si possa superare al meglio questa difficile situazione”.

Sul conteggio dei decessi da Covid ci possono essere importanti discrepanze da paese a paese, sottolinea Vittorio Demicheli: “Non esiste un accordo internazionale sulla modalità di calcolo. L’Italia in questo caso ha abbracciato una definizione ‘generosa’, tende cioè a considerare decesso per Covid tutte le persone morte risultate positive al tampone. Altri stati preferiscono considerare unicamente i positivi sintomatici deceduti”. In breve, l’Italia ha un conteggio dei morti per Covid molto aperto. “Se il numero di morti in Lombardia è inferiore a quello in Ticino – continua Demicheli – la differenza è reale e potrebbe essere anche superiore”.

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