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Se l’informazione è come una cipria

Oliviero Toscani, un "telebano" che spara su pubblicità e informazione

Si è definito un "telebano" perché non sopporta la televisione. Il celebre fotografo italiano Oliviero Toscani, che ha studiato a Zurigo, non fa sconti al mondo dell'informazione e della comunicazione: non c'è nulla di obiettivo.

Lo sguardo circondato da una montatura di occhiali rossa, giacca chiara, camicia a righe, senza cravatta e quell’aria scanzonata di chi la sa davvero lunga: Oliviero Toscani ha steso un velo disincantato sul mondo dell’informazione e della pubblicità.

Con brio e ironia, con tono sferzante e parole taglienti, il celebre fotografo italiano ha illustrato il “Toscani pensiero” a una platea numerosa.

Di passaggio qualche giorno fa a Lugano per una conferenza sul tema “Media e pubblicità: chi influenza chi?”, Oliviero Toscani ha precisato quasi subito che di “obiettivo al mondo esiste solo l’obiettivo dell’apparecchio fotografico: né l’informazione, né tanto meno la pubblicità, sono obiettive. Esiste solo una soggettività”.

L’uomo che con la sua campagna contro l’anoressia ha suscitato molte polemiche, l’uomo che con la sua pubblicità contro l’AIDS ha voluto aprire gli occhi alla gente, ama l’invettiva, gli piace scuotere le acque e odia il perbenismo. Libertario e anticonformista, a Lugano ha aperto le pagine del suo “cahier de doléances”.

Le lezioni di una minigonna

Organizzata dall’Osservatorio europeo di giornalismo (EJO) e dall’Università della Svizzera italiana, la serata è stata un susseguirsi di provocazioni – ma mai banali – e di schiaffi morali ai giornalisti il cui ruolo sarebbe, sostanzialmente, quello di smerciare dei prodotti. Come se la carta dei giornali fosse più adeguata per incartare il pesce del mercato, che per informare sullo stato del mondo.

Controllato nel suo tiro al bersaglio da due giornalisti di grandissima esperienza e competenza (Marcello Foa, direttore dell’OEG, e Maurizio Canetta, responsabile della trasmissione della TSI Falò), Oliviero Toscani ha dunque detto la sua sul rapporto simbiotico e spesso conflittuale tra media e pubblicità.

Lo spumeggiante creativo comincia la sua riflessione ricordando il suo passato di fotografo di moda e, in particolare, l’esperienza legata ad un servizio sulla minigonna. “E proprio lavorando per quel servizio di moda – sottolinea Oliviero Toscani – che mi sono reso conto dell’assenza di barriere tra l’informazione e la pubblicità. Sono totalmente interdipendenti, nella misura in cui vi sono continui rimandi tra una sponda e l’altra”.

Il giornale? Una cipria o un gelato

Cosa significa? Toscani vuole semplicemente dire che “il grande marchio di moda compra un certo numero di pagine di pubblicità e in cambio vuole un altrettanto numero di pagine redazionali, perché per la diffusione del suo prodotto (o di un modello, ndr.) ha bisogno della credibilità (o presunta tale) dei giornalisti”. In altre parole, l’investimento pubblicitario, e quindi finanziario, condiziona l’informazione.

“Vendere un giornale – continua Toscani – è come vendere un prodotto qualunque. L’informazione è come una cipria, o un gelato. E’ la pubblicità della pubblicità, serve a fare vendere le inserzioni”. Insomma l’informazione è, per Toscani, poco più di un riempitivo. Un mezzo per sdoganare forme di consumismo, di modelli – e le donne ne sono spesso sotto il giogo – e di stereotipi. “La comunicazione – tuona il fotografo – è in realtà al servizio del potere, economico, politico, religioso. Esattamente come l’arte”.

E incalza di nuovo: “Non esiste il giornalismo obiettivo, ma solo una soggettività. Nessuno ha ragione e accettare la soggettività significa riconoscere che siamo tutti diversi l’uno dell’altro. L’unicità è reale, mentre la verità non esiste. E’ forse più vera una pubblicità, nel suo imbroglio, che l’informazione”.

Eliminare totalmente la televisione

Se Oliviero Toscani non è affatto tenero – ed è un eufemismo – con la stampa, le cose non vanno meglio – anzi, vanno decisamente peggio – quando parla di televisione. E di nuovo scaglia il dardo delle provocazione. “Io sono un ‘telebano’ favorevole all’eliminazione totale della televisione”. E’ talmente “rozza” che non la guarda.

“La televisione – continua Toscani – si serve di temi e argomenti nell’ottica degli indici di ascolto. La pace non interessa, la guerra e i morti ammazzati invece tantissimo”. E il suo disprezzo per il piccolo schermo si spinge fino ad affermare che “ha trasformato l’Italia in un paese di ‘tele-idioti’, condizionati in tutto e per tutto da ciò che propina in abbondanza la televisione”.

L’impatto delle televisione si misura, secondo Olivero Toscani, anche a livello antropologico. Ed è piuttosto, e oggettivamente, preoccupante. “Oggi l’immagine della realtà è molto più reale della realtà stessa. Non vediamo più niente con i nostri occhi, perché i media mediano tutto”.

In una società fondata in modo esasperato e ossessionato sull’immagine e l’apparenza, “è importante insegnare ai giovani a leggere le immagini, per fornire loro – sottolinea molto seriamente Toscani – gli strumenti indispensabili per interpretare e decodificare la realtà”. E tra le trappole del mondo dell’informazione, finisce anche la grande rete: “Internet produce tantissima pigrizia. Nella rete – conclude il fotografo – non c’è nulla di creativo”.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Oliviero Toscani è nato a Milano il 28 febbraio 1942. Figlio d’arte – suo padre, Fedele Toscani, è stato il primo fotoreporter del Corriere della Sera – si diploma nel 1965 in fotografia e geografia extracontinentale alla Kunstgewerbeschule di Zurigo.

E’ conosciuto internazionalmente come pubblicitario dietro i più famosi giornali e marchi del mondo, come creatore di immagini per aziende e di campagne pubblicitarie per grandi case di moda. In veste di fotografo di moda collabora tuttora per i giornali Elle, Vogue, GQ, Harper’s Bazaar, Esquire, Stern.

Dal 1982 al 2000, ha firmato la pubblicità de marchio italiano Benetton. Nel 1990, ha fondato il giornale Colors. Nel 1993, ha creato “Fabrica”, centro internazionale per le arti e la ricerca della comunicazione moderna.

“Fabbrica” ha prodotto progetti editoriali, libri, programmi televisivi, mostre ed esposizioni per: Onu, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, La Repubblica, Arte, Mtv, Rai, Mediaset, e film che hanno vinto tre premi della giuria a Cannes e al Festival del Cinema di Venezia.

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